Pierre e Marie Curie con la figlia Irène. Photo: U.S. National Library of Medicine.
Era il 27 gennaio 1907 e Maria Skłodowska Curie (Varsavia, 1867 – Passy, 1934) doveva spiegare a un gruppetto di adolescenti come fare per distinguere il vuoto dall’aria. L’ascoltavano, oltre alla figlia Irène, Aline e Francis Perrin, Jean e André Langevin, Pierre, Etienne e Mathieu Hadamard. I genitori di questi ragazzi avevano deciso di tentare un esperimento a dir poco originale. Avevano ottenuto l’esonero dei loro figli dalle lezioni liceali per sostituirle con lezioni private tenute da loro stessi. Certo erano insegnanti che offrivano solide garanzie di provata competenza. Ad esempio, il fisico Jean Perrin (1870-1942) era professore di chimica fisica alla Sorbona e il suo nome è legato sia al moto browniano che alla prima determinazione sperimentale della costante di Avogadro. Paul Langevin (1872-1946) era professore di fisica al Collège de France. C’erano poi umanisti e artisti, tra cui lo scultore Jean Marie J. Magrou (1869-1945). Chi di noi non avrebbe desiderato seguire queste lezioni al posto di quelle che talvolta provocavano sbadigli sui banchi scolastici?
Ormai è tardi per rimediare ma possiamo consolarci (e divertirci) leggendo gli appunti che Isabelle Chavannes, amica delle figlie di Madame Curie, prendeva a lezione. L’editore Dedalo ne ha riproposto il testo un anno fa, con numerose riproduzioni dall’originale.
Seguiamo, dunque, l’inizio della lezione dialogata sul vuoto:
- Ecco una bottiglia, comincia la signora Curie.
L’apriamo.
- Sembra vuota. Cosa c’è dentro?
- Dell’aria, rispondono in coro i ragazzi.
- Come fate a sapere che c’è qualcosa lì dentro?, replica la signora Curie.
Ecc…
Non solo per esigenze di spazio ma anche per stimolare il lettore a fornire la sua risposta, interrompiamo qui il resoconto.
Le lezioni della Curie citate negli appunti sono dieci in tutto. Le altre riguardano il peso dell’aria e come si impara a pesare, l’acqua, la densità e la sua misurazione, il principio d’Archimede e le sue conseguenze, la fabbricazione di un barometro ecc..
L’idea di ricordare questo esperimento didattico, cui Maria Skłodowska Curie aderì con fervore, nasce per sottolineare ancora una volta la sua passione per la scienza e il suo desiderio di divulgarla.
È il periodo giusto perché tra gli anniversari che bisogna ricordare quest’anno c’è il 150° della sua nascita. Fu l’unica donna al mondo che vinse due Premi Nobel. Le venne assegnato il Nobel per la Fisica nel 1903, in compartecipazione con il marito Pierre (1859-1906) e con Henry Becquerel (1852-1908) “in riconoscimento dei servizi straordinari resi nella loro ricerca sui fenomeni radioattivi”. Fece, per così dire il bis, nel 1911, con quello per la Chimica. Gli vennero riconosciuti “i servizi resi al progresso della Chimica mediante la scoperta degli elementi radio e polonio, l’isolamento del radio e lo studio della natura e dei composti di questo importante elemento” .
A Maria Curie dedicheremo una speciale sessione nel Convegno Nazionale di Storia e Fondamenti della Chimica (Roma, 10-12 Ottobre 2017). Sono previsti gli interventi di: Luigi Dei, Marco Ciardi, Marco Fontani, Annibale Mottana e Ferruccio Trifirò.
L’esperimento educativo di cui Marie si fece promotrice a Parigi nell’inverno del 1907 fa risaltare anche la sua tempra di donna straordinaria, abituata ad affrontare le peggiori avversità . Aveva perduto il marito Pierre, al quale era profondamente legata e con il quale aveva condiviso anni di ricerche appassionate sul radio, soltanto un anno prima, in un tragico incidente stradale. Possiamo immaginare il suo stato e ammirarne la forza d’animo. L’iniziativa che Marie animava fu chiamata “cooperativa” perché si avvaleva della collaborazione di un gruppo di amici intenzionati ad educare, con metodi nuovi, i loro figli riuniti. Marie Curie teneva il corso di fisica il giovedì pomeriggio, in un locale in disuso della Scuola di Fisica. Al termine della lezione, una gustosa merenda, seguita da giochi in cortile, completava il pomeriggio in allegria.
Qualcuno, come da copione, non gradiva e alcuni giornali criticavano il fatto che “questo piccolo mondo che sa appena leggere e scrivere” avesse la massima licenza per fare “manipolazioni, per preparare esperimenti, per costruire apparecchi e per tentare reazioni”. Temevano, insomma, che l’immobile di via Cuvier saltasse in aria.
Per fortuna ciò non avvenne, ma come scrisse Eva Curie: “l’insegnamento collettivo, fragile come tutte le imprese umane” finì dopo due anni.
Per saperne di più
- Lezioni di Marie Curie, appunti raccolti da Isabelle Chavannes, Dedalo, Bari, 2016.
- Eva Curie, Vita della Signora Curie, Mondadori, Verona, 1946.