È un dato
fattuale incontestabile, consolidatosi attraverso millenni di storia: la
conoscenza e il sapere portano alla società benefici culturali, economici, di
benessere e sanità, e si pongono oggi come motore dell’evoluzione sociale ed
economica.
Nel corso di
circa 150.000 anni l’essere umano ha creato arte, conoscenza, tecnica, e nelle
varie epoche la riflessione filosofica, la creazione artistica e l’innovazione
scientifica hanno permesso uno sviluppo sociale e un’evoluzione culturale unici
della nostra specie.
Dopo il
secolo della Chimica (Ottocento) e quello della Fisica (Novecento) siamo ora in
quello della Biologia e in particolare della Biologia Sintetica (BS) con il
passaggio concettuale della Biologia da scienza storica, ontologica, descrittiva
del vivente a scienza della sintesi del vivente.
Le culture e le economie delle società occidentali (le democrazie) si basano
oggi sugli avanzamenti del sapere, in gran parte su quelli delle scienze della
vita. Alcuni degli avanzamenti più recenti (per esempio ingegnerizzazione dei
genomi, derivazione di linee di cellule staminali simil-embrionali e sintesi di nuovi
organismi viventi) hanno determinato un ampio impatto da parte di tutte le
biotecnologie sulle forme della politica, del diritto e, più in generale, sugli
aspetti della vita sociale quotidiana. Lo sviluppo di strumenti di analisi della
rivoluzione operata dalle biotecnologie, lo sviluppo di strumenti capaci di
esplicitare al grande pubblico le opportunità offerte dalle bioscienze, è divenuto
una necessità poiché siamo dinnanzi a una “rivoluzione biologica”. Rivoluzione
che, come è accaduto per tutte le rivoluzioni, non può non destare, accanto a
entusiasmi, anche timori.
L’enorme
quantità di conoscenze che in modo rapidissimo la ricerca biologica va
accumulando sta cambiando profondamente persino la nostra concezione di cosa
sia l’essere umano, della salute e della malattia, con accesi dibattiti in
merito a se, come e quanto utilizzare questo patrimonio di conoscenze per modificare aspetti della vita umana
che potrebbero contribuire a un miglioramento della qualità della vita stessa,
in particolare dei senescenti (stante l’attuale tasso demografico occidentale),
delle nuove generazioni (grazie alle tecniche di diagnosi prenatale) e dell’ambiente
(grazie alle biotecnologie ambientali e alimentari). E così i veri temi
politici oggigiorno sono di natura biopolitica: basterà citare l’inizio-fine
vita, la produzione alimentare e la gestione dell’ambiente. Tutti questi temi
di biopolitica determinano una necessaria riflessione su giustizia ed equità,
valori questi che comportano aspri confronti tra attori che rappresentano
interessi spesso confliggenti.
Ne deriva che informarsi sui progressi della ricerca deve essere parte
integrante della nostra cultura, deve essere una disciplina cui occorre
dedicarsi con pazienza per impadronirsi degli strumenti concettuali utili per
una valutazione consapevole delle applicazioni tecniche. E dunque per
comprendere appieno le possibilità offerte dalla BS è necessario condividere
una necessaria premessa.
È chiaro che
in assenza di condivisione non ha senso parlare delle innovazioni tecnologiche
offerte dalla capacità attuale dei biologi di sintetizzare organismi viventi
mai apparsi in precedenza sul pianeta. Condivisione che deve essere basata
sulla chiarezza di ruoli e di metodi e di epistemologia genetica o, se si
vuole, ben più prosaicamente, sull’uso proprio dei termini (parole come “vita”,
per esempio!) e delle definizioni procedurali del confronto.
Va inoltre sottolineato che solo la cultura umanistica può illuminare questo
percorso, cultura che deve appartenere a un buon scienziato, così come un buon
umanista deve impiegare non solo il metodo scientifico, che è uno, ma deve
essere prono alla conoscenza scientifica. In altre parole, è solo il possedere
entrambe le culture (pur con le proprie specifiche competenze) che fa di un
individuo un cittadino partecipe del proprio tempo.
A questo riguardo è chiaro il ritardo dell’elaborazione filosofica degli avanzamenti
del sapere delle scienze della vita nel nuovo millennio, proprio quando si
realizza il grande cambiamento di quella che viene definita l’era dell’Antropocene,
la convergence revolution, quel fluire
insieme di Genetica, Informatica e Ingegnerie di varia natura a diversi livelli
di organizzazione del vivente, quello della nanoscala in particolare (si pensi
alle nanotecnologie).
“La vita inizia con la fecondazione”. Due errori in una sola frase
Due casi particolari possono essere analizzati (BS e cellule staminali, nel caso
Stamina in particolare) per capire quanto l’avanzamento del sapere e l’alfabetizzazione
scientifica dei cittadini sono mete da perseguire unitamente al fine di
sviluppare una società democratica basata su giustizia ed equità: solo
cittadini dotati degli strumenti concettuali per valutare criticamente le nuove
frontiere del sapere scientifico possono garantire un sistema democratico, perché
capaci di incidere efficacemente e direttamente sul corpo sociale con le
proprie autonome opinioni.
Purtroppo
siamo dinnanzi a una generale profonda ignoranza del sapere scientifico, in
particolare di quello biologico, da parte dei testimoni più rilevanti della
società civile (decisori politici, magistrati, operatori dei media) con un
sistema autoreferenziale di ispirazione pseudofilosofica che ben si presta a
creare una confusione di ruoli inaccettabile: politici, filosofi, giuristi, teologi
e pensatori di varia estrazione che si occupano di natura umana (cosa che
dovrebbe competere al solo biologo) e non, come dovrebbero, della sola
condizione umana.
Con la grave conseguenza che i cittadini tutti finiscono con il recepire come “fatto
naturale”, “cosa normale”, la produzione di significanti alieni alla Biologia
(per esempio il concepito, la persona) o l’uso di termini scientifici in senso
colloquiale da parte di costoro. È quest’ultimo il caso più frequente e basterà
ricordare a titolo esemplificativo l’uso improprio del termine “vita” legato
alle tematiche della BS. Per la comunità scientifica, “vita” è un processo
materio-energetico iniziato circa 3.5-3.7 miliardi di anni fa (e che continua!)
con la nucleazione di atomi di idrogeno e di elio e da questi carbonio,
ossigeno, zolfo, ecc. sino alla formazione di formamide e delle basi degli
acidi nucleici.
Con la comparsa di LUCA (Last
Universal Common Ancestor) la storia evolutiva, così come indicato
dal paradigma darwiniano, la conosciamo abbastanza bene. Nell’uso distorto dei
testimonispeciali della nostra società – in primis i
decisori politici – per vita si intende l’inizio ontogenetico, via
fecondazione, di un nuovo individuo: quante volte si è ascoltato il doppio
errore “la vita inizia con la fecondazione”! Due errori in una sola frase,
poiché l’inizio ontogenetico di un nuovo individuo (“vita” per il nostro
decisore politico) non passa necessariamente dalla fecondazione (si vedano
tutte le tecniche di fecondazione in vitro che
impiegano l’iniezione dello spermatozoo dove chiaramente non si verifica
nessuna fecondazione, ossia fusione delle membrane dello spermatozoo e dell’oocita).
Biologia Sintetica
Il termine
Biologia Sintetica si deve al biologo francese Stephane Leduc il quale pubblica
nel 1912 un libro dal titolo La Biologie Syntetique.
Il termine non è però ripreso se non a partire dagli anni seguenti alla
scoperta degli enzimi di restrizione e dopo che nel 1974 il genetista polacco
Waclaw Szybalski (1921, Lwów, Polonia) teorizza: “… sino
a ora abbiamo lavorato sulla fase descrittiva della
Biologia molecolare. Ma la vera sfida parti rà quando entreremo nella fase
della sintesi biologica. Potremo elaborare nuovi
elementi di controllo, costruire nuovi circuiti di controllo, aggiungere questi
nuovi moduli ai genomi esistenti o costruire interamente nuovi genomi”
(Szostak et al. 2001).
La BS si occupa dunque della creazione artificiale
di “nuovi” organismi viventi (cioè capaci di riprodursi)
avendo i biologi acquisito le capacità tecniche di riprodurre artificialmente
alcune delle fasi ontologiche del vivente e di isolare/trasferire/sintetizzare
singole parti costitutive del vivente tra diversi organismi (già) viventi.
Creando, producendo, in tal modo nuovi organismi viventi mai prima d’ora
apparsi sul pianeta e che, come le
macchine, possono essere costruiti per svolgere determinati compiti.
Molte delle
proposizioni teoriche della BS derivano dalla Biologia dei Sistemi (Systems
Biology) e sono oggi parte integrante di quelle
che vengono definite tecnologie convergenti: certamente la più utile a
ricordarsi al cittadino comune (laypeople degli
anglosassoni) è la BS che per certi aspetti sarebbe meglio definire “vita
ortogonale”. Quest’ultimo termine è stato creato per intendersi tra giuristi e
biologi su alcune delle proprietà del vivente che possono utilmente impiegarsi
per definire, per esempio, il contorno di caratteristiche brevettabili
del vivente (tema sul quale non vi è consenso tra impresa mercantile e agenzie
regolatorie).
La BS
costituisce di per sé l’attuale terza rivoluzione scientifica dell’ultimo secolo
(convergence revolution), la seconda
essendo datata intorno al 1980-1990 (genomic revolution),
la prima essendo datata intorno agli
anni 1950 (molecular biology revolution).
Per ben intendere tutta la varietà delle potenzialità teoriche e applicative
della BS e le complesse problematiche
poste dall’affermarsi di questa disciplina è bene fare un passo indietro nel
tempo e darsi una prospettiva storica.
– 1959: Biologia strutturale - Max Ferdinand Perutz, biologo, determina la struttura molecolare dell’emoglobina, ponendo così le basi della Biologia molecolare e strutturale; nel 1962 riceve il Nobel per la Chimica con John Cowdery Kendrew.
– 1968:
Codice genetico - Marshall Nirenberg, Gobind Khorana e Robin Holley (Nobel per
Medicina o Fisiologia) dimostrano che il codice genetico è universale e valido
per tutte le specie viventi, animali e vegetali, sul pianeta (rarissime
eccezioni per batteri e DNA mitocondriale). In altre parole, il
come l’informazione ereditaria racchiusa nel patrimonio ereditario
(nel genoma, nel DNA) è tradotta in proteine cellulari si basa su un codice (meccanismo)
di lettura di triplette delle basi azotate che compongono gli RNA
messaggeri trascritti a partire dal DNA di porzioni codificanti del genoma
(codoni – triplette di basi lungo mRNA; anticodoni – triplette di basi lungo RNA
di trasferimento).
In altre parole, il codice genetico è lo schema attraverso cui la cellula traduce,
nel corso della espressione di un gene, una sequenza di codoni su di un mRNA in
una sequenza di amminoacidi per formare una proteina durante la sintesi
proteica.
La traduzione del mRNA è preceduta dalla sua produzione attraverso la
trascrizione di una specifica sequenza di DNA di un gene in un filamento di
mRNA. Il codice genetico è degenerato,
poiché è ridondante (più di una
tripletta codifica per uno stesso aminoacido). La possibilità di manipolare il
codice genetico, ai vari livelli dell’espressione genica, è uno dei cardini
pratici di lavoro della BS (per esempio, codoni/anticodoni
artificiali; ribosomi artificiali).
– 1974: fondazione teorica “ufficiale” della BS. La Systems Biology, pur nella difficoltà teorica di definire in Biologia cosa sia “complessità”, “sistema”, “modulo”, è parte integrante dello sviluppo dei paradigmi concettuali della BS.
– 2004: prima conferenza internazionale di BS - La capacità di riprodurre artificialmente, e di manipolare, alcuni dei processi molecolari legati al metabolismo degli acidi nucleici e delle proteine porta a una definizione operativa della BS. Definizione comunque non univoca ma determinata dagli obiettivi che si intende raggiungere tramite la BS; obiettivi con il comune denominatore di ricostruire artificialmente sistemi biologici deputati alle più svariate funzioni. La definizione più frequente è basata sulla seguente riflessione: “Ogni sistema biologico può essere considerato come una combinazione di elementi funzionali individuali che possono essere ricombinati in nuove configurazioni capaci di modificarne le precedenti proprietà funzionali o di crearne di nuove” (De Lorenzo e Danchin 2008).
Due sono gli approcci pratici impiegati nella BS:
1. top-down: impiega organismi esistenti quali batteri e virus ed eliminando tutto il materiale genetico non utile alla minima configurazione vivente (cioè replicante) ottiene organismi da implementare con le funzioni (cioè moduli operativi) desiderate. È questo l’approccio impiegato da Craig Venter per la creazione del Mycoplasma micoides;
2. bottom-up: crea un catalogo di “parti comuni” (si veda il registro MIT delle “parti biologiche”, http://partsregistry.or/Main_Page) che vengono impiegate per ricostituire sistemi biologici. È l’approccio che esalta l’idea di modularità dei sistemi viventi.
Le attuali
aree di ricerca e applicazioni della BS sono rivolte alla produzione di “capacità”
in grado di rispondere alle esigenze di industria ed economia tramite la
fabbricazione di strumenti biologici per:
1. produrre,
a] nuovi materiali (plastiche biodegradabili, combustibili da prodotti
alimentari) e b] circuiterie bio-elettroniche a nano-scala;
2.
controllare il comportamento delle membrane cellulari (per esempio svilupparebiosensori
artificiali; bio-rimedio e processamento di alcuni xenobionti);
3. rivelare e
trattare patologie (rigenerazione cellulare).
Miriadi di
applicazioni tecnologiche saranno così possibili, come per esempio la
costruzione di strumenti di nano-memoria capaci di sfruttare l’abilità di certi
batteri di navigare il debole campo magnetico terrestre usando delle nanoparticelle
di magnetite. O ancora sviluppare bio-stampanti tridimensionali e abbattere i
prezzi di tutti i prodotti manifatturieri. Solo la fantasia (dei biologi) e le
richieste della società civile paiono essere limiti alla costruzione di nuovi
organismi viventi per i più svariati impieghi. Entro il 2020 si ritiene comunque
ragionevole la produzione di:
– nuove
molecole grazie a catalisi chimiche ottimizzate;
–
biocarburanti e cibo;
– organismi
fotosintetici capaci di raddoppiare la loro biomassa in poche ore;
– farmaci da
somministrare (per esempio vaccini, cellule staminali) in modo più efficiente;
– cellule e
batteri capaci di individuare cellule cancerose (sfruttando immunologiche);
– sistemi
computeristici basati sulle logiche del DNA a livello atomico.
Queste
applicazioni tecniche faranno cadere i prezzi di moltissimi prodotti permettendo
ai Paesi in via di sviluppo di “saltare” il passaggio dell’impiego in massa di
fertilizzanti, l’uso intensivo dei carburanti fossili e l’agricoltura carica di
patologie vegetali e animali per dei sistemi biologici più puliti e più
efficienti, proprio come ora questi Paesi possono saltare l’installazione di costose
linee telefoniche terrestri e impiegare reti di telefonia mobile.
È chiaro da
quanto brevissimamente delineato che la grande sfida sarà quella di anticipare
le possibili conseguenze non desiderate sui sistemi ecologici, economici e
sociali al fine di non bloccare preventivamente lo sviluppo della BS per
pregiudizi ideologici o infondate paure.
Già alcuni eticisti, in particolare richiamando i rischi (?) che può comportare
la creazione di forme di vita sintetiche, questionano la liceità della BS e
propongono di bandirla del tutto. Questa posizione è del tutto inaccettabile e
fuori dalla storia umana; per una esauriente trattazione degli aspetti etici si
veda: Ethics of synthetic biology (European Commission, Opinion n. 25, Brussels, 17 novembre 2009). Segno
di grande democrazia è quanto accaduto negli USA, ove il presidente Obama ha
chiesto a un gruppo di esperti (la Presidential Commission for the Study
of Bioethical Issues, PCSBI)
di avere nuove linee guida sulla BS e le tecnologie emergenti (pubblicate in
data 16 dicembre 2010 come New Directions: The Ethics of Synthetic
Biology and Emerging Technologies.
Le PCSBI di fatto rimandano a un continuo
aggiornamento, ogni 18 mesi, delle linee guida, in modo tale da restare al
passo con le future ricerche e applicazioni ma senza ostacolare gli studi in
modo preventivo. Un bell’esempio di ciò che la comunità scientifica
internazionale sempre chiede al decisore politico: di essere ascoltata (come in
questo caso), di rendere pubblico l’esito del dibattito tra le speranze presentate
dalla comunità scientifica e le decisioni dell’uomo politico.
Solo così il grande pubblico, il cittadino, può sentirsi rassicurato e sostenere la ricerca. Ben sapendo che tutte le tecnologie, in particolare quelle legate alla BS, sono tecnologie “doppio uso”: ma certamente non si può pensare di ostacolare la ricerca di nuove positive applicazioni della BS per paura di futuri possibili errori. Da quanto ricordato risulterà comunque chiaro che la BS non crea la vita (“… and Man made life” è un buon titolo per i giornali!).
Stamina
Le
applicazioni delle biotecnologie, in modo speciale in ambito biomedico, già
oggi possibili pongono urgentemente la necessità di una riflessione bio etica
capace di indirizzare le scelte degli uomini del diritto e degli operatori che
quelle applicazioni sanno tecnicamente compiere.
Paradigmatico il caso Stamina, ove è emerso chiaramente il ritardo nell’elaborazione
concettuale ora
prospettata da parte della nostra società. Ha dell’incredibile che ciò non sia
avvenuto a fronte del fatto che è universalmente accettato che alla base dei trattamenti
medici (terapie) vi debbano sempre essere efficacia e sicurezza (in
qualsivoglia scenario terapeutico, fatta eccezione per la efficacia nell’uso
compassionevole dei farmaci), vi debba sempre essere la trasposizione dei
risultati degli studi di laboratorio e sugli animali (pre-clinica) alla
clinica.
È con le evidenze cliniche (di fase I, II e III) che le prove pre-cliniche entrano
in una filiera di sperimentazione tesa a indicare la sicurezza ed efficacia (ed
eventualmente le controindicazioni) dei futuri trattamenti terapeutici basati
su protocolli standard.
Ora, nel caso
specifico delle terapie che impiegano cellule staminali, la trasposizione dei
risultati sperimentali di laboratorio e su animali (prove precliniche) della
biologia delle cellule staminali è ben consolidata per alcune patologie (buona
parte delle leucemie, grandi ustioni e cornea), è ancora in una fase
preliminare (fase I) per altre (su tutte, infarto del miocardio, diabete e
Parkinson), e in una fase pre-clinica molto promettente per una miriade di
altre patologie.
In generale lo scenario terapeutico dei prossimi anni si presenta
con grande ottimismo.
Ma a fronte di un grande ottimismo va precisato che a oggi è incontestabile l’assenza
nel panorama delle pubblicazioni scientifiche a livello internazionale di dati
relativi a sperimentazioni i cui risultati possano suggerire di trattare i
piccoli pazienti con cellule staminali mesenchimali ematopoietiche prelevate
dalla madre dei pazienti stessi (Thonhoff et al.
2009, De Francesco 2012). In altre parole la comunità scientifica internazionale
non ha ancora prodotto dati sperimentali a sostegno di simili
terapie; non disponiamo ancora di dati che possano sostenere la validità di
simili proposte terapeutiche e passati al vaglio della procedura, ritenuta imprescindibile,
perché dei dati possano essere considerati validi e utili per la costruzione di
procedure terapeutiche: prove in laboratorio, su animali, su pazienti in fase
I, in fase II e quindi in fase III (a questo proposito si veda il documento ufficiale
più recente prodotto da un’Accademia di altissimo prestigio, il documento
inglese del 28 marzo 2012 pubblicato il 3 di aprile 2012 nel quale non
vi è traccia di simili proposte: A new strategy for UK regenerative medicine.
Vi è comunque da sottolineare la mancanza di un prerequisito essenziale (che
ben dovrebbe indurre quei giudici che impongono “la cura” Stamina, equivocando
il diritto di cura e di libera scelta delle terapie, a operare al rovescio:
dovrebbero impedirne l’accesso!): la qualità del prodotto (cellule staminali
mesenchimali ematopoietiche) impiegato nel protocollo Stamina per il
trattamento dei piccoli pazienti!
La
sospensione cellulare impiegata esce da laboratori non a norma (solo una cell
factory di standard
gold è accettata e accreditata a livello internazionale come
stabilimento di produzione e manipolazione di cellule che verranno impiegate
come farmaci). In base ai risultati della Commissione Ministeriale che ha
esaminato il caso sia il protocollo, sia i laboratori, sia i campioni impiegati
sono risultati non a norma: “I campioni sono conservati in
contenitori con etichette scritte a mano, e a matita, a volte con una grafia
poco comprensibile, i laboratori non sono adatti e non rispondono alle norme”.
Nella vita di laboratorio situazioni di questo tipo sono censurate come
inaccettabili; ciò è molto grave poiché spalanca le porte a rischi ed errori di
ogni tipo. Inoltre il fatto accertato che “a volte ai
pazienti è inoculato materiale
biologico prelevato dal malato, a volte da un altro paziente e altre volte
ancora da una terza persona, con rischi di contagio batterico e virale, ma anche
di altri effetti collaterali” chiude definitivamente le porte a ogni
possibile accettazione di simili protocolli.
Il dato tecnico-biologico assume qui una potenza dirimente tale da trascendere
qualunque fine disquisizione giuridica. Credo
risulti chiaro dai due esempi trattati cosa è cambiato di paradigmatico nel
mondo delle scienze della vita nelle ultime decadi e come questo cambiamento si
riverberi sul nostro vivere quotidiano: dalla ricerca scientifica alle sue
applicazioni biotecnologiche in medicina, industria e agricoltura tutte le
tradizionali discipline sono oggi rivoluzionate dalla Biologia, a partire dalla
Filosofia alla Antropologia, dalla Economia alla Giurisprudenza (vedi European
Center for Law, Science and New Technologies).
Verso una "democrazia cognitiva"
Il sistema
giuridico deve trovare le ragioni della sua affinità con il mondo biologico non
solo nella necessità di individuare strumenti utili alla propria amministrazione
(prove, saggi, eccetera, auspicabilmente senza restarne dominato) ma ancora di
più nell’esigenza d’individuare strumenti per comprendere il mondo della
ricerca e dunque meglio elaborare, e applicare, le norme che governano il
sistema scientifico. In ciò il mondo della giurisprudenza può essere attore
unico e indispensabile nella società civile per l’opera di mediazione tra
bioetica, proprietà intellettuale, progresso e libertà di ricerca.
Cittadini bene informati sono garanzia di un forte sostegno all’investimento di
risorse nella ricerca scientifica e di un autonomo formarsi di opinioni che si
riflettono in democratiche decisioni su ciò che si ritiene lecito e su ciò che
non si desidera venga applicato. Tutto ciò permette di realizzare un controllo democratico sull’elaborazione di
principi e norme etiche rispettose della pluralità di valori che sempre più è
presente nelle società multietniche.
Lo sviluppo e
il sostegno della ricerca così come gli avanzamenti del sapere devono essere
patrimonio culturale di tutti, pena un declassamento generale dei livelli di
confronto tra membri della stessa comunità. Declassamento che inevitabilmente
produce l’elaborazione di norme legislative non laiche e restrittive delle
libertà individuali di alcuni cittadini a favore di imposizioni legislative
frutto delle posizioni ideologiche preconcette di decisori politici e dei loro
ispiratori. Pietro Greco chiama “democrazia cognitiva”
il processo di organizzazione del nuovo sapere e lo sviluppo di nuovi modelli
di rappresentanza, in cui le nuove conoscenze non siano viste come un pericolo
ma come un’opportunità, non siano fonte cioè di nuove disuguaglianze ma servano
a promuovere, come proponeva Francis Bacon già quattrocento anni fa, il
benessere dell’intera umanità. E questo deve essere l’obiettivo ultimo da
perseguire.
Bibliografia
- De Francesco L., “Adult stem cell therapies walk the line”, Nature Biotechnology, 30: 739-741, 2012.
- De
Lorenzo V., Danchin A., “Synthetic biology: discovering new worlds and
new words. The new and not so new aspects of this emerging research
field”, EMBO reports, 9: 822-827, 2008.
- Szostak J.W., Bartel D.P., Luisi P.L., “Synthesizing life”, Nature, 409: 387-390, 2001.
- Thonhoff
J.R., Ojeda L, Wu P., “Stem Cell-Derived Motor Neurons: Applications
and Challenges in Amyotrophic Lateral Sclerosis”, Curr Stem Cell Res
Ther. 4: 178-199, 2009.
Tratto da Scienza & società - Scienza e Democrazia, Editore Egea