fbpx Disastro di Taranto: confermato | Scienza in rete

Disastro di Taranto: confermato

Primary tabs

Tempo di lettura: 9 mins

Il bilancio della mortalità a Taranto registra un drammatico peggioramento. A dirlo sono i dati dell’aggiornamento dello Studio Sentieri - presentato questa settimana dal ministro Renato Balduzzi, con la partecipazione degli autori e alla presenza dei rappresentanti delle associazioni ambientaliste - per il periodo 2003-2009, in merito alle «cause di mortalità, al biomonitoraggio e al rischio sanitario connesso alla qualità dell’aria». I dati del primo studio Sentieri si fermavano al 2002 e da oggi sappiamo che, nel solo capoluogo jonico i casi generali di morte dovuta a fattori di inquinamento sono aumentati dell’1% rispetto alle statistiche precedenti, a fronte di tutta la coorte di popolazione pugliese. Questo nuovo lavoro ha analizzato i dati correnti di mortalità, con la stessa metodologia del primo progetto, valutando l’andamento nel tempo dei casi di decesso per singola causa di Taranto, della Puglia e del territorio nazionale. E grazie alla pubblicazione di dati sul biomonitoraggio sull’area interessata dai complessi industriali, siamo in grado di individuare le sostanze che definiscono l’incidenza tra inquinanti e salute.

L'aggiornamento dello Studio sentieri a Taranto (2003-2008)

L’aggiornamento del Progetto Sentieri, presentato in questi giorni, prende in esame la mortalità a livello comunale per 63 cause singole o gruppi di cause in 44 dei 57 Siti di Interesse Nazionale per le bonifiche (SIN). L’approccio di Sentieri è stato multidisciplinare, nella valutazione del rischio sono stati integrati i dati epidemiologici con quelli delle matrici ambientali. C’è una gran parte dell’Italia avvelenata dallo sviluppo industriale. Più tumori e malattie polmonari intorno a complessi petrolchimici e siderurgici, più malformazioni congenite e malattie renali laddove si lavorano metalli pesanti. L’analisi della mortalità è stata condotta in entrambi i generi e per tutte le età per i periodi 1995-2002 e 2003-2009. La mortalità per le principali cause di morte mostra, in entrambi i periodi, eccessi tra il 7% e il 15% per la mortalità generale e per tutti i tumori. Andando ad analizzare le singole malattie, notiamo che quelle legate al sistema circolatorio, all’apparato respiratorio e digerente hanno percentuali di morte che  superano quelle attese previste sia per gli anni 1995-2002 che per il 2003- 2009; anche tenendo conto dei fattori socioeconomici, questi risultati non si modificano in maniera sostanziale. Nel SIN di Taranto la situazione è molto diversa e soprattutto più preoccupante. Tra il 2003-2009 infatti, a Taranto, la mortalità negli uomini è aumentata del 14% e dell’ 8% nelle donne per tutte le cause.Tra gli uomini per il tumore del polmone è presente un eccesso di circa il 20%, i corrispondenti valori nelle donne mostrano eccessi che si attestano intorno al 30%. Per il tumore della pleura gli eccessi sono, rispettivamente nei due periodi, del 193% e 167% negli uomini e nelle donne del 90% e 103%. Nel periodo 2003-2009, la mortalità osservata per malattie polmonari croniche tra gli uomini è presente un eccesso invece del 37%. Nello studio ampio spazio è dato alla salute infantile nei SIN. La caratteristica più preoccupante sta nel fatto che i bambini sono involontariamente esposti a contaminanti. A parità di livelli di contaminazione ambientale, i bambini hanno un esposizione più elevata, gli organi in rapido accrescimento sono più esposti a mutageni e il sistema immunitario è ancora immaturo. A Taranto c'è un eccesso della mortalità nel primo anno di vita del 20% rispetto al resto della Puglia.

Il trend di mortalità 1980-2008 Italia-Puglia-Taranto

Per cercare di dare però una quadro più esaustivo sulla mortalità della popolazione che risiede nei SIN è stata effettuata un’analisi sui livelli di mortalità osservati, in Puglia, a Taranto e in Italia nell’arco di un trentennio, il periodo in considerazione va infatti dal 1980 al 2008.  

Secondo lo studio, la mortalità maschile nel nostro Paese è in diminuzione da varie decenni; nel trentennio preso in considerazione vi è stata una diminuzione del 44%, ed in Puglia del 45%. Anche a Taranto la mortalità generale tra gli uomini è in diminuzione, ma questa decrescita ha avuto un rallentamento nell’arco degli ultimi due trienni. A partire dalla fine degli anni ‘80 i valori di Taranto risultano significativamente superiori a quelli pugliesi. 

Mortalità per tumori

In Italia il quadro generale della mortalità per i tumori nel loro complesso mostra una diminuzione significativa a partire dalla fine degli anni 90; sia a Taranto che in Puglia, invece, se si confronta il primo con l’ultimo periodo, si registra un lieve aumento, passando a Taranto da 387,4 per 100,000 a 397,0 ed in Puglia da 326,1 per 100.000 a 348,4.Le morti legate al tumore del polmone sono in aumento tra le donne italiane; il tasso osservato in Italia nel periodo in esame è aumentato del 59%; questo fenomeno si è verificato anche in Puglia e in maniera più marcata nel sito di Taranto (da 8.9 a 15.8 per 100.000, aumento del 78 %).

Mortalità per malattie cardiocircolatorie

Sino agli anni ’90, i tassi di mortalità a Taranto per malattie del sistema circolatorio sono significativamente inferiori sia ai valori italiani sia a quelli pugliesi. Considerando le malattie ischemiche del cuore, la mortalità a Taranto condivide il trend generale di diminuzione che si osserva nel nostro Paese e nella Puglia. La mortalità per malattie ischemiche del cuore presenta tra le donne del nostro Paese un trend storico in diminuzione, che si osserva sia in Puglia che a Taranto, in cui però i livelli risultano sempre superiori a quelli pugliesi e italiani (in maniera significativa a partire dal triennio 1998- 2000).                        

Mortalità per malattie respiratorie

Le malattie dell’apparato respiratorio nel loro complesso mostrano un andamento della mortalità decrescente nelle tre ripartizioni geografiche, con i valori pugliesi e di Taranto sempre significativamente più elevati della media nazionale. La mortalità per malattie respiratorie croniche presenta un andamento decrescente in tutta Italia.    

Incidenza dei tumori a Taranto: 2006-2007

Per completare meglio l’osservazione epidemiologica, ai dati di mortalità si sono aggiunti i dati di incidenza delle patologie tumorali, ottenuti dall’attività del Registro Tumori locale. Dopo la sperimentazione, tra il 1999-2001, con il Registro Tumori Jonico-Salentino, è stato istituito il Registro Tumori Puglia. Grazie all’integrazione del registro dei Tumori (AIRTUM), ormai si ha la copertura di circa il 50% della popolazione che vive nei SIN. In Umbria e in genere al centro Italia percentuale è minore (26% centro, 41% Nord, 32% Sud). La consultazione del registro dei tumori porta molti vantaggi rispetto all’utilizzo dei soli dati sulla mortalità. E’ più probabile infatti che al momento della diagnosi la persona abiti nello stesso luogo dell'esposizione all'inquinamento. Inoltre si accorcia il periodo di latenza - il tempo che intercorre tra l'inizio dell'esposizione e il manifestarsi del tumore -, e questo fa sì che la misura del rischio diventi più attuale. I risultati del Registro per gli anni 2006-2007 per il SIN di Taranto mostrano per gli uomini un eccesso, rispetto al resto della provincia, del 30% per tutti i tumori. Sempre negli uomini emerge un più 100% per il mesotelioma e per i tumori maligni del rene e delle altre vie urinarie (esclusa la vescica). Per le donne residenti nei comuni di Taranto e Statte, sempre a confronto con il resto della provincia, si rileva un eccesso di incidenza per tutti i tumori di circa

il 20%. In particolare l'eccesso di tumori al fegato per le donne è +75%; +43% per il linfoma non Hodgkin; +80% per il corpo dell'utero superiore; +48% polmone; tumore alla mammella +24%; superiore al 100% l'incidenza del tumore allo stomaco nelle donne. Per i bambini i dati mostrano incrementi significativi per tutte le cause nel primo anno di vita. 

Mortalità in età pediatrica

Preoccupante è anche il quadro sulla mortalità infantile. Nel SIN di Taranto, i neonati nel primo anno di vita muoiono per un 20% in più rispetto alla media regionale, per tutte le cause considerate e più in particolare per asma e allergie. L’eccesso diventa poi più consistente quando si considerano patologie manifestate oltre il primo anno di vita, ma di origine perinatale: le statistiche parlano addirittura di un range tra il 30 e 50% circa.Questo dato - che conferma la pericolosità ancora attuale delle esposizioni a inquinanti a Taranto - dipende da una maggiore vulnerabilità dei bambini dovuta a ritmi respiratori più elevati e a un maggiore rapporto tra consumo di cibo e peso corporeo. Caratteristiche, queste, tipiche dei primi anni di vita e che favoriscono l’inalazione e l’ingestione delle sostanze contaminanti.


          Trend di mortalità per tutte le cause - Italia, Puglia, SIN Taranto - età pediatrica (1980 -2008)

Le sostanze killer

L’ILVA, insomma, non fa sconti per chi risiede nelle strette vicinanze dell’impianto siderurgico, sottoponendo la popolazione a concentrazioni percentuali più elevate di IPA (idrocarburi policiclici aromatici), sostanze emesse dalle cokerie. Mentre a partire da un raggio di 15 chilometri, è la diossina la principale preoccupazione per la contaminazione dei terreni, con il rischio di compromettere la catena alimentare. L’aggiornamento dei dati ambientali sul SIN di Taranto conferma quanto esposto dall’ultimo rapporto ISPRA sulla qualità dell’ambiente urbano, che colloca Taranto nella media nei capoluoghi italiani per concentrazione di PM10 e PM2.5, ma in cima alla lista delle città più inquinate per presenza di Benzo(a)pirene, classificato come sostanza cancerogena certa dalla IARC (International Agency for Research of Cancer).

Le centraline di monitoraggio indicano il benzo(a)pirene fuori controllo soprattutto nel rione Tamburi. Per il 2012, la concentrazione di B(a)P registrata in Via Machiavelli, nel quartiere che ospita lo stabilimento, è stata pari a 1,8 nanogrammi/metrocubo. Il che significa superare il valore massimo di emissione stabilito per legge di 1 ng/m3, ovvero in alcuni periodi si raggiunge una media mensile della concentrazione di B(a)P quattro volte superiore ai limiti consentiti. Ad esempio, confrontando con le rilevazioni effettuate a Roma, in una zona esposta al traffico automobilistico, si scopre che a Tamburi si supera di sei volte la presenza di benzo(a)pirene.

L’ARPA Puglia ha inoltre individuato le principali sorgenti di emissione responsabili della presenza di benzo(a)pirene:

  • sorgenti areali e puntuali  
    Stabilimento Siderurgico ILVA, Raffineria ENI, Centrali Elettriche EDISON ed ENIPOWER, Cementificio CEMENTIR, Inceneritori APPIA ENERGY ed AMIU
  • sorgenti areali
    aree urbanizzate, porto  
  • sorgenti lineari
    strade  

                              Emissioni di IPA dagli impianti dello stabilimento siderurgico ILVA

L’ILVA è quindi il maggior emettitore puntuale e areale in quel sito, con una percentuale che raggiunge quota 99,75 di IPA rilasciati ogni anno. È poi importante ricordare che la notevole prossimità degli impianti nell’area interessata dall'inquinamento rende indispensabile fornire dettagli della sorgente primaria di emissione, differenziata per tipo di impianto. Dei sei cicli di produzione dello stabilimento, cokeria, altoforno e impianto di agglomerazione sono quelli più coinvolti nel rilascio di IPA e benzoapirene. Si tratta proprio dei cicli posti nella zona sud dello stabilimento, cioè i più vicini al quartiere Tamburi (il benzoapirene è rilasciato per il 75% dalle cokerie e il 25% dagli altoforni, con emissioni pari a 424 e 140 Kg/anni).

E' possibile consultare il rapporto a questo indirizzo:
Ambiente e salute a Taranto: evidenze disponibili e indicazioni di sanità pubblica

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Il nemico nel piatto: cosa sapere dei cibi ultraprocessati

Il termine "cibi ultraprocessati" (UPF) nasce nella metà degli anni '90: noti per essere associati a obesità e malattie metaboliche, negli ultimi anni si sono anche posti al centro di un dibattito sulla loro possibile capacità di causare dipendenza, in modo simile a quanto avviene per le sostanze d'abuso.

Gli anni dal 2016 al 2025 sono stati designati dall'ONU come Decennio della Nutrizione, contro le minacce multiple a sistemi, forniture e sicurezza alimentari e, quindi, alla salute umana e alla biosfera; può rientrare nell'iniziativa cercare di capire quali alimenti contribuiscano alla salute e al benessere e quali siano malsani. Fin dalla preistoria, gli esseri umani hanno elaborato il cibo per renderlo sicuro, gradevole al palato e conservabile a lungo; questa propensione ha toccato il culmine, nel mezzo secolo trascorso, con l'avvento dei cibi ultraprocessati (UPF).