Non serve alcuno sforzo di immaginazione. La vediamo realmente
scendere le scale, con la cartella di pelle tenuta ben stretta a sé, avvolta in
una scultura di velluto dai colori cangianti e un piccolo strascico che disegna
una coda sul suo corpo da uccellino. Gli occhi grigio-verdi incorniciati da
un’onda di capelli bianchi, acconciatura tanto originale quanto raffinata. Rita
Levi Montalcini, all’età di 77 anni, riceve dalle mani del Re di Svezia Gustavo
XVI il premio Nobel per la medicina per la scoperta dell’NGF, il fattore di
crescita nervoso.
E noi, magicamente, siamo lì. In quel posto e in quel momento:
a Stoccolma il 10 dicembre del 1986.
A creare l’incantesimo sono le prime
pagine del libro di Cristiana Pulcinelli e Tina Simoniello pubblicato
dall’Asino d’oro nella collana “Profilo di donna”. Un ritratto di Rita Levi
Montalcini, il primo dopo la sua morte, che, per lo stile della scrittura, rende
perfettamente omaggio all’indiscutibile eleganza della “signora della scienza”.
Non avevano un compito facile le due autrici, entrambe giornaliste scientifiche, e possiamo immaginare che, strada facendo, si siano incoraggiate a vicenda come due volenterosi scalatori che non intravedono la vetta della montagna su cui si stanno arrampicando. Perché colei che Primo Levi descrisse come una “piccola signora dalla volontà indomita e dal piglio di principessa” agli occhi degli aspiranti biografi si trasforma immediatamente in un gigante difficile da contenere nelle pagine di un libro. Altro che “piccola signora”! La sua vita è stata tutta, oggettivamente, “fuori misura”: perché eccezionali sono state le sue doti di scienziata, estremamente lunga la sua esistenza, terribilmente difficile il periodo storico in cui è vissuta, smisurata la sua voglia di fare, inarrivabile la sua raffinatezza, particolarmente sentito il suo impegno politico e sociale. Ebbene, il libro rende conto di tutto ciò e lo fa con una speciale, e molto giornalistica, attenzione alle esigenze del lettore.
Quella che scorre fluentemente nelle centoventi pagine del
libro è infatti una bella storia, raccontata con un linguaggio comprensibile a
tutti, capace di emozionare e di incuriosire. E soprattutto, e qui sta il
grande merito delle autrici, ricca di quelle brevi ma fondamentali descrizioni che
aiutano il lettore a farsi un’idea concreta delle persone incontrate da Rita
Levi Montalcini, degli ambienti dove lavorava, degli strumenti che utilizzava,
dei vestiti che indossava.
Eccone un esempio: “Capelli rossi, sopracciglia
folte, Levi era un gran camminatore,
amante della montagna e incurante dell’abbigliamento. Un uomo dal carattere
difficile, che si manifestava in frequenti scatti di collera”. Bastano due
righe e Giuseppe Levi, il professore che contribuì a rendere Rita Levi
Montalcini una ricercatrice da Nobel, si materializza sulla scena. Ed eccone un
altro: “Certo lo spazio non è molto: il letto occupa un terzo della stanza. Ma
Rita, racconterà in seguito, riuscì a sistemarci tutto. Di fronte alla finestra
che affaccia su un balcone , mette il tavolo con sopra una cassetta di vetro
termoregolata con due buchi sul davanti in cui infilare le braccia”. Come
d’incanto, lo dicevamo per la cerimonia del Nobel ma vale molte altre volte
ancora, ci troviamo nel laboratorio clandestino costruito nella casa di
famiglia durante gli anni difficili delle leggi razziali e della guerra.
E’ questa insolita capacità
di mettere in piedi immagini credibili e trasmettere informazioni essenziali
alla vera conoscenza del personaggio che rende questo ritratto qualcosa di
diverso, e a nostro parere di più completo e originale, rispetto a una semplice,
per quanto, accurata biografia.
Azzardiamo la similitudine: sembra piuttosto un
reportage firmato da due brave giornaliste che, rimaste a lungo immerse nel complesso
e affascinante mondo di una donna eccezionale, tornano con un quadro fedele, ma
soprattutto estremamente accattivante. Per il lettore è un gran regalo.
Giovanna Dall'Ongaro