Theodore Maiman, inventore del laser.
Il 16 maggio 2018, si celebra in tutto il mondo la prima Giornata Internazionale della Luce, indetta dall’UNESCO. Numerose iniziative, programmate un po’ ovunque, serviranno ad evidenziare il ruolo delle tecnologie basate sulla luce in settori come la medicina, l’agricoltura, l’industria, la produzione di energia, l’istruzione ed altri. Scienziati e intellettuali non mancheranno di ribadire il ruolo della ricerca nelle sfide che ci attendono ma c’è da augurarsi che i sogni siano temperati dal realismo, specialmente incontrando gli aspiranti ricercatori.
Sarebbe bene spiegar loro che nella ricerca scientifica, come in tutte le attività umane competitive e che prevedono una certa dipendenza dall’altrui parere, occorre mettere in conto il mancato riconoscimento del proprio valore. Ad esempio, a qualche lettore sarà capitato di vedersi rifiutata da parte di una rivista la pubblicazione di un proprio manoscritto costato mesi di lavoro. A queste incomprensioni occorre prepararsi per tempo. La data scelta per celebrare la Giornata Internazionale della Luce offre un’occasione formidabile per riflettere anche su questo tema.
È noto infatti che il 16 maggio 1960 entrò in funzione il primo laser al rubino, ideato e realizzato da Theodore Maiman (Los Angeles, 11 luglio 1927 – Vancouver, 5 maggio 2007) ed è altrettanto noto che la rivista Physical Review Letters respinse il manoscritto in cui egli descriveva la messa a punto del sistema, ritenendolo un contributo ripetitivo. Per fortuna ci pensò Nature a rimediare all’errore, pubblicando pochi mesi dopo, nel fascicolo datato 6 Agosto 1960, l’articolo (di una pagina), a firma Maiman, intitolato Stimulated Optical Radiation in Ruby. Secondo il fisico Charles H. Townes che nel 2007 scrisse per Nature il necrologio di Maiman “this article was probably more important per word than any of the papers published by Nature over the past century".
Era un parere piuttosto autorevole dato che lo stesso Townes era stato premiato , insieme a Nicolay Basov e ad Aleksandr Prokhorov con il Premio Nobel per la Fisica per la teoria maser-laser. L’articolo di Maiman si apre proprio con una citazione di un articolo di C.H. Townes e A.L. Schawlow nel quale gli autori avevano descritto la produzione di una radiazione fortemente monocromatica nella zona dell’infrarosso utilizzando un vapore alcalino. Maiman invece aveva fatto ricorso a un solido, precisamente a un cilindretto di rubino sintetico (Al2O3 drogato con Cr3+), lungo circa 2 cm e con diametro 1 cm, le cui estremità, pulite e rese perfettamente parallele, erano ricoperte da uno strato d’argento, riflettente da una parte e semiriflettente dall’altra. Il rubino, che è un materiale fluorescente, veniva eccitato con una sorgente di luce bianca ad alta intensità e disposta a spirale in modo da avvolgerlo lungo l’intero asse. In tali condizioni, il successivo decadimento energetico originava impulsi di luce strettamente monocromatica, coerente e collimata, nella zona spettrale del rosso (6943 Å).
Era nato, per merito di Maiman e in maniera praticamente artigianale, il primo laser (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation). Ma che cosa voleva dire “stimolata”? L’autore spiegò il funzionamento del sistema sulla base dei livelli energetici dello ione cromo all’interno del rubino. Lo ione veniva promosso dalla luce incidente (ca. 5500 Å) a un livello di energia superiore, da qui non decadeva direttamente a quello fondamentale ma in parte passava a un livello intermedio metastabile dal quale decadeva più lentamente con l’emissione di un doppietto di radiazioni. Se l’eccitazione avveniva con una lampada di alta intensità, la popolazione dello stato metastabile poteva essere molto maggiore di quella del fondamentale e dar luogo alla cosiddetta “emissione stimolata” di un raggio pulsato di colore rosso cupo. Il rubino diventava un amplificatore in quanto i fotoni rossi emessi lungo l’asse del cristallo, diversamente da quelli perduti sui lati, venivano riflessi dallo specchio argentato e costretti a percorrere avanti e indietro il cilindretto con effetto moltiplicativo. Quando Maiman vide per la prima volta il risultato del suo esperimento esclamò: "Voila. This was it! The laser was born! ". Le sue memorie, contenute in The Laser Odyssey (2000) sono state recentemente riproposte sotto altro titolo (vedi in calce) e meritano di essere lette.
Tralasciamo in questo breve resoconto le difficoltà che incontrò nella comunità scientifica per avere il riconoscimento che gli spettava. Non apparteneva agli ambienti accademici ma si era laureato in Fisica a Stanford, poi aveva trovato lavoro presso gli Hughes Research Laboratories. Si appassionò presto ai maser (microwave amplification by stimulated emission of radiation) e poi decise, con il permesso dei superiori, di “buttarsi” sui laser. Ebbe successo con il suo laser pulsato anche se non fu subito capito. Oggi troviamo laser dappertutto: nelle abitazioni, negli ospedali, nei supermercati, nei laboratori di ricerca, nelle tecnologie informatiche e chi più ne ha più ne metta. Il riconoscimento UNESCO a Maiman nella Giornata della Luce è stata una buona idea!
Per saperne di più
Theodore H. Maiman, The Laser Inventor: Memoirs of Theodore H. Maiman, Cham, Switzerland : Springer, 2018