Apri il libro curato da Giovanni Boniolo e Paolo Maugeri per Mondadori Università e fin dalle prime
righe ti investe una fragranza di croissants caldi…
Gli Autori invitano subito,
infatti, a un esperimento mentale: che cosa faresti se potessi deviare la corsa
di un treno che sta per travolgere cinque operai, dirottandolo su un binario in
cui minaccia la vita di uno solo?
Ne sacriferesti uno per salvare cinque persone? L’esercizio ci
rimanda ai “19 rompicapi morali” presentati dal libro di Ruwen Ogien: Del profumo di croissants caldi e delle sue conseguenze sulla bontà
umana (Laterza, 2012).
Per chi si domandasse che rapporto abbiano i croissants con un libro di etica: si fa riferimento a un esperimento volto a
dimostrare che l’esposizione ad alcuni buoni odori influisce positivamente sui
comportamenti generosi.
Per la cronaca: si chiedeva ad alcune persone che si
trovavano in un centro commerciale di cambiare in monete una banconota da un
dollaro; quelle che si trovavano nei pressi di un panificio da cui proveniva un
buon odore di pane e di brioches lo facevano volentieri, mentre quelle che si
trovavano in un punto da cui non provenivano particolari odori lo facevano
molto meno (l’esperimento – “The sweet smell of… helping” – è pubblicato nel Personality and Social Psychlogy Bulletin).
Questo e altri esperimenti inducono i
filosofi morali inclini alla via sperimentale a concludere che la “cucina
morale” non è fatta solo di istinto, di intuizione morale e di ragionamenti, ma
anche di condizionamenti esterni molto concreti. Ogien si sente autorizzato a
concludere la sua ampia rassegna di sperimentazioni nell’ambito dell’etica con una esortazione:
“Abbi il coraggio di criticare le regole elementari del ragionamento morale”.
La via percorsa dal gruppo di autori che hanno lavorato al progetto di una
“bioetica deliberativa” applicata all’ambito della biologia e della medicina ha
invece il suo centro di gravità proprio nel processo argomentativo. A partire
dagli argomenti che cui, fin sulla soglia del libro, siamo invitati a
giustificare la nostra scelta di sacrificare una persona per salvarne cinque o
di rinunciare a qualsiasi intervento.
Chi ha sviluppato una insofferenza per ciò che in Italia va
sotto il nome di bioetica non può che salutare con entusiasmo il progetto.
Diciamo pure: quand’anche dal libro non provenisse l’odore di croissants caldi,
bisogna riconoscergli che non emana il cattivo odore della bioetica
intollerante e della morale religiosa travestita da filosofia (come osserva
Mark Twain, niente manda tanto cattivo odore quanto una buona cosa andata a
male…).
Gli Autori si pongono con decisione al di fuori delle polarizzazioni
ideologiche che hanno trovato il loro terreno di elezione nei segmenti iniziali e finali della vita umana. Per dar
corpo alla loro proposta hanno operato due spostamenti di accento. Il primo
consiste nel delocalizzare la bioetica dai temi che ne sono diventati il
sinonimo nel dibattito pubblico. Il lettore sarà sorpreso: in questo libro si
parla molto di bioetica, ma non di aborto e di eutanasia! Già questo fatto guadagna al libro
un’attenzione privilegiata. Il secondo spostamento di accento riguarda
l’interesse prioritario per i problemi procedurali dell’etica rispetto a quelli
sostantivi. Fuori dal gergo accademico, ciò significa chiedersi non tanto quali
decisioni sono buone/giuste o cattive/ingiuste, quanto piuttosto chi è autorizzato a decidere; e con quali argomentazioni sostiene il suo
agire.
L’ “arte della deliberazione” (è il titolo della traduzione inglese del libro di Boniolo dedicato a questo approccio: Il pulpito e la piazza) è sinteticamente presentata nel secondo capitolo. Il resto dell’opera applica la deliberazione alle più varie tematiche della biomedicina: dalla terapia cellulare basata sull’utilizzo di cellule staminali agli screening genetici, dalle tecnologie di potenziamento del corpo e della mente alle numerose implicazioni etiche delle scelte di sanità pubblica.
Una segnalazione particolare merita, da questo punto di vista, il capitolo firmato da Paolo Maugeri dedicato alle politiche vaccinali: “Fra scelta individuale e scelta pubblica”. La suddivisione della trattazione è quella che scandisce ogni capitolo: dapprima vengono presentati gli aspetti scientifici della questione (con la calda esortazione agli incompetenti di astenersi dall’entrare nel processo deliberativo… Troppe volte il dibattito bioetico è condotto da persone prive di alfabetizzazione scientifica!); in secondo luogo vengono forniti gli strumenti concettuali per la discussione etica; infine si passa alla deliberazione etica vera e propria, passando in rassegna sistematicamente argomenti e controargomenti. Nessuno stupore che alla fine del percorso manchi quella conclusione che molti bioeticisti di vocazione (e di professione…) ritengono d’obbligo: l’inappellabile condanna o approvazione di un determinato comportamento. Al termine di ogni capitolo una bibliografia selezionata, rigorosamente in inglese, che lascia intendere un giudizio di valore sull’abbondante produzione bioetica di casa nostra.
Il libro vuol contribuire a promuovere “una cittadinanza consapevole”, come recita il sottotitolo. In tal senso non si può che augurargli il benvenuto. Se poi riuscirà davvero a inaugurare una nuova stagione della bioetica in Italia, favorendo il rispetto del pluralismo e delle divergenze ben argomentate e mettendo fine all’epoca delle contrapposizioni ideologiche, meriterà di essere considerato una pietra miliare.