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Fine vita: una questione di metodo

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di FISV
Tempo di lettura: 5 mins

Ci sembra importante pubblicare questo breve documento sul "Fine Vita" da parte della Federazione italiana scienze della vita, perché coinvolge numerose società scientifiche nella redazione di un primo documento metodologico su una questione molto sensibile. Non era scontato che le società scientifiche che hanno attinenza con le scienze della vita toccassero questo tema, e ci preme quindi farlo conoscere.

 

Con l’Ordinanza 207, nell’ottobre 2018 la Corte Costituzionale ha di fatto riaperto il dibattito legislativo sul fine vita, dandovi anche una scadenza precisa e non molto lontana. La Corte ha infatti rimandato al 24 settembre 2019 la trattazione delle questioni di costituzionalità dell’articolo 580 del codice penale, sollevate riguardo uno degli episodi di “suicidio assistito”. L’articolo 580 punisce penalmente “Chiunque determina altri al suicidio o rafforza l'altrui proposito di suicidio, ovvero ne agevola in qualsiasi modo l'esecuzione”. Il rinvio del giudizio ha lo scopo esplicito di dare al legislatore la possibilità di intervenire per sanare una normativa che la Corte giudica “non conforme a Costituzione”.

Per questo, riteniamo opportuno e tempestivo portare anche la voce del Gruppo Scienza e Società della Federazione Italiana Scienze della Vita. Non vogliamo entrare nella discussione legislativa, che spetta ai rappresentanti eletti dei cittadini. Crediamo invece utile puntualizzare alcune questioni che dovrebbero agevolare quel dibattito di etica pubblica ben fatto che dovrebbe precedere ogni atto legislativo avente a che fare con temi eticamente sensibili.

Prima di tutto, occorre distinguere fra un pregiudizio morale e una posizione morale. Il primo ha a che fare con una soluzione a un problema etico che però non è giustificata da nessuna ragione. La seconda ha a che fare con una soluzione di un problema etico che però è giustificata attraverso ragioni. L’etica, come la scienza, parte da problemi, avanza soluzioni, e queste – come nel caso scientifico – devono essere giustificate. E la giustificazione si attua attraverso la proposta di argomenti stringenti, razionali e non fallaci. Ne segue che un dibattito di etica pubblica non dovrebbe mai essere caratterizzato da soluzioni gridate o da pregiudizi avanzati senza freni inibitori culturali. Non dovrebbe mai essere un chiacchiericcio da bar e nemmeno simile ai quei pseudo-dibattiti cui i talk show televisivi ci hanno abituati. Differentemente, dovrebbe essere contraddistinto da soluzioni argomentate basate su una conoscenza di ciò che si discute e magari anche di come si discute.

Detto questo, è necessario chiarire bene alcuni aspetti. Prima di tutto, bisogna mettere in chiaro che una cosa è la scelta morale individuale e altra è la scelta morale collettiva (cioè di etica pubblica). Quest’ultima, una volta raggiunta, non può non tenere conto delle diverse posizioni morali individuali, ma – attenzione - non al fine di soddisfarle tutte (che sarebbe impossibile), quanto al fine di permettere che ognuna possa trovare il suo spazio senza per questo, ovviamente, ledere lo spazio di altre posizioni morali individuali. E questo sempre nell’idea, avanzata già da John Locke nella sua "Lettera sulla tolleranza", che non si possono tollerare posizioni morali intolleranti, pena la fine della tolleranza stessa. Noi non entriamo in questioni di scelte etiche individuali, quanto desideriamo indicare un metodo per una buona scelta etica pubblica. Quindi: non come io sceglierei, ma come io cittadino entro nella discussione pubblica per arrivare a una forma di deliberazione collettiva che poi "dovrebbe" (se ben rappresentati) essere ratificata da una legge consequenziale.

Entrando nel cuore della questione, si devono distinguere:

  • il suicidio non medicamente assistito, ossia l’atto autonomo che provoca la propria morte e che non si avvale di alcun tipo di assistenza da parte di alcun medico e che quindi come tale non può essere discusso a livello di etica pubblica;
  • il suicidio medicamente assistito, ossia il suicidio che si avvale dell’assistenza non causale da parte del medico;
  • l’eutanasia volontaria passiva, ossia la morte a causa della sospensione, richiesta dal paziente ad hoc o ante hoc, dei trattamenti terapeutici o delle tecniche di mantenimento in vita;
  • l’eutanasia volontaria attiva, ossia la morte a causa di un atto, richiesto dal paziente ad hoc o ante hoc, da parte del medico o di chi può gestire la situazione

Ecco allora che i problemi di etica pubblica si pongono in questo modo: i) è moralmente plausibile il suicidio medicamente assistito? ii) è moralmente plausibile l’eutanasia volontaria passiva? iii) è moralmente plausibile l’eutanasia volontaria attiva?

Noi, come detto, non avanziamo nessuna soluzione né alcuna ragione a favore o contro le possibili soluzioni a tali domande etiche. Vogliamo solo enfatizzare il metodo: si parte dalla conoscenza di ciò di cui si parla (e ogni cittadino che entri in un dibattito di etica pubblica su questi temi dovrebbe averla o costruirsela); si analizzano i problemi etici su menzionati (magari anche in chiave storica, capendo quali sono state le soluzioni proposte e perché sono state proposte: estremamente importante perché ci si fa un’idea dello stato del dibattito anche a livello internazionale); si avanza la propria soluzione e poi la si giustifica attraverso argomenti razionali, il più stringenti che si può e non fallaci.

Naturalmente, chi entra nel dibattito di etica pubblica dovrebbe essere pronto ad accettare critiche alla sua soluzione e agli argomenti che ha portato. Attraverso questa discussione collettiva in cui ognuno difende la sua posizione, portando argomenti e criticando con contro-argomenti la posizione degli altri, si potrebbe arrivare a una deliberazione comune che poi il legislatore dovrebbe tramutare in legge.

Ovviamente così nel mondo ideale. E nel nostro mondo reale dove sembra imperare la non conoscenza, il gridare e il pregiudizio?

 

Gruppo Scienza e Società, Federazione Italiana Scienze della Vita:


A. Bellelli (Dip. di Scienze Biochimiche “A. Rossi Fanelli”, Sapienza Università di Roma)
G. Boniolo (Dip. di Scienze Biomediche e Chirurgico Specialistiche, Università di Ferrara) 
M. Fabbri (Div. di Genetica e Biologia Cellulare, Ospedale San Raffaele, Milano) 
G. Manzi (Dip. di Biologia Ambientale, Sapienza Università di Roma)
L. Sineo (Dip. di Scienze e Tecnologie Biologiche, Chimiche e Farmaceutiche, Università degli Studi di Palermo)
A. Vitale (Ist. di Biologia e Biotecnologia Agraria, CNR, Milano)

 


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