Questo libro comincia raccontando l’ultima udienza di un processo postumo che in realtà non si è mai celebrato e per conoscerne la sentenza bisogna arrivare all’ultimo capitolo, dopo una serie di parentesi romanzesche sulla vita dell’imputato. Nel 1954, anno dell’ipotetico dibattimento ambientato a Cambridge, costui era morto da un pezzo, trattandosi del chimico tedesco Fritz Haber (1868-1934). È facile accorgersi che si tratta di un espediente narrativo perché una giuria composta da celebri filosofi del calibro di Paul Feyerabend, Thomas Khun, Gaston Bachelard e Hans Gadamer, presieduta da Karl Popper, è un consesso piuttosto improbabile. Se ne ha ulteriore conferma anche scorrendo l’elenco dei testimoni, comprendente oltre a Johannes Jaenicke, collaboratore di Haber, un set di illustri scienziati (Lise Meitner, Otto Hahn, Richard Willstätter, Albert Einstein e altri).
L’autore del libro, laureatosi
con una tesi in filosofia della scienza sotto la guida di Giulio Giorello, spinge il lettore a porsi alcune domande impegnative
sul ruolo degli scienziati e sull’evoluzione nel tempo dei loro rapporti con la
società e i poteri costituiti. C’è un aspetto che Colombi mette in rilievo: l’adesione
acritica di Haber al superomismo
della Kultur prussiana. Il
sottotitolo del libro potrebbe portare fuori strada. Lo Zyclon B è un disinfestante a base di acido cianidrico
il cui brevetto fu registrato il 20 giugno 1922 e pubblicato il 27 dicembre
1926 con il numero DE438818. L’inventore ufficiale risulta il Dr. Walter Heerdt (1888-1957) della Deutsche Gesellschaft für Schädlingsbekämpfung MBH (Degesch). In realtà gli inventori
furono tre; a quello di Heerdt vanno aggiunti i nomi di Bruno Tesch and Gerhard Peters. Tutti lavoravano per
Fritz Haber che all’epoca dirigeva la Degesch.
Questa azienda sorse come
sussidiaria della Degussa, nei cui laboratori il Zyclon B fu sviluppato,
tuttavia alla Degesch apparteneva la proprietà del brevetto e della licenza di
fabbricazione. Il gas velenoso
impregnava un supporto inerte granulare, costituito da farina fossile, ed era
accompagnato da uno stabilizzante e da un agente irritante. Al di sopra dei
26°C il supporto liberava il gas, il quale esercitava la sua azione mortale. I
Nazisti impiegarono lo ZyKlon B
principalmente nei lager di Auschwitz
e Majdanek per sterminare gli ebrei.
Fritz
Haber (1868-1934), premio Nobel per la Chimica 1918, non poteva prevederne
quell’uso scellerato perché esso fu
brevettato per tutt’altro scopo. Quindi,
almeno con l’Olocausto, Haber non c’entra. Tra l’altro, anch’egli era ebreo ed
è noto che si convertì al Cristianesimo per intraprendere la carriera
accademica, all’epoca difficile per gli ebrei e impossibile per le donne. A
tale proposito si cita talvolta una sua ironica osservazione: “Prima dei 35
anni ero troppo giovane per un posto da professore, dopo i 45 ero troppo
vecchio e tra le due età ero ebreo”.
Quando Hiltler conquistò il potere in
Germania, Haber dirigeva l’Istituto Kaiser
Wilhelm per la chimica fisica ed elettrochimica. La conversione al
Cristianesimo non lo pose al riparo dalle persecuzioni naziste. Non fu rimosso
subito ma gli fu imposto di allontanare i collaboratori ebrei; lui rifiutò e si
dimise dall’incarico. Emigrò in Inghilterra poi voleva raggiungere gli Stati
Uniti ma nel 1934 il suo peregrinare si interruppe a Basilea, dove morì per un
attacco cardiaco. Insieme all’ingegnere chimico Carl Bosch (1897-1940), aveva
ideato un processo per sintetizzare industrialmente l’ammoniaca e per questo
gli venne assegnato il premio Nobel. La premiazione di Haber suscitò le
proteste degli scienziati delle Nazioni Alleate perché a causa del suo
comportamento nella Prima Guerra Mondiale era considerato un criminale di guerra. Il libro di Colombi si occupa principalmente
di questo aspetto della sua attività e dello zelo con cui sviluppò e sperimentò
sul campo l’uso dei gas asfissianti a scopo bellico. È ben noto, ad esempio, il
suo ruolo nell’attacco con il cloro sferrato dai tedeschi il 22 aprile 1915 nel
corso della seconda battaglia di Yprès che costò quasi 5000 morti. Haber è
ritenuto il padre delle armi chimiche e questo fa passare in secondo piano i
benefici legati alla sintesi che permise di sviluppare l’industria dei
fertilizzanti azotati e sfamare l’umanità.
Il libro si sforza di scavare, per
quanto possibile, nella sfera interiore di un personaggio controverso e molto discusso,
il cui patriottismo sfrenato travolse ogni barriera morale. Non è un saggio
storico ma una biografia romanzata, per “quadri”, e come tale va inteso, valutato e apprezzato
nonostante qualche imprecisione di tipo chimico.