Il disegno di legge approvato dal Senato sulla Gpa non ha nessuna valenza "universale": al massimo si può dire “quasi universale". A fronte di tanta confusione - non solo su questo aspetto -, Eva Benelli ha cercato di raccogliere le informazioni per permettere a chiunque, anche a chi è contrario alla Gpa, di formarsi un'opinione consapevole. Ne è nato un libro, edito per Bollati Boringhieri e in libreria dal 25 ottobre, di cui anticipiamo qui alcuni estratti.
Lo scorso 16 ottobre il Senato ha approvato il disegno di legge sulla gestazione per altri, in sigla Gpa, e sono davvero poche le testate che non abbiano titolato “la maternità surrogata diventa reato universale”. Peccato che non sia vero.
Basta leggere il testo della proposta Varchi per rendersene conto. La Gpa, in Italia, è già vietata dalla legge 40 che governa la procreazione medicalmente assistita; la nuova norma si limita ad aggiungere questa frase: «Se i fatti di cui al periodo precedente, con riferimento alla surrogazione di maternità, sono commessi all'estero, il cittadino italiano è punito secondo la legge italiana». Nessuna valenza universale, dunque, quei 65 e oltre Paesi che si sono dati una propria legge per la pratica della Gpa possono dormire sonni tranquilli: non arriverà il legislatore italiano a dire loro come devono modificarla.
Al di là delle battute, è talmente tanta la confusione, anche lessicale (prima di tutto lessicale), le ambiguità, la disinformazione deliberata o ingenua, lo schierarsi a priori su posizioni ideologiche che già dallo scorso anno ho pensato di provare a saperne di più. In fondo, da cittadina di questo Paese mi sembrava necessario farmi un’idea dei temi che agitano il vivere sociale, cercare di crearmi un’opinione il più possibile basata su dati e informazioni verificate, insomma provare a esercitare quella cittadinanza scientifica tanto cara a Pietro Greco, autore, tra l’altro, di Scienza in rete e amico scomparso troppo presto. Inoltre penso che anche chi è contrario alla gestazione per altri possa legittimamente aspirare a essere correttamente informato, sapere che cosa prevede per davvero la legge per cui ha interesse.
Alla fine ne è uscito un libro, Gravidanza per altre persone, tra disinformazione, discriminazioni e diritti negati, in libreria dal prossimo 25 ottobre per i tipi di Bollati Boringhieri. Un capitolo sulla pretesa del reato universale non poteva mancare e vi propongo, quindi, qualche anticipazione, così da inquadrare meglio, spero, ciò che cosa comporta la legge appena approvata.
In principio gli obiettivi erano davvero ambiziosi: vietare sempre e comunque per tutti il ricorso alla gravidanza per altre persone decretandone la natura di reato universale. Poi qualcuno ha fatto notare che questo avrebbe voluto dire, per esempio, arrestare Elon Musk in visita alla premier Meloni in quanto padre di bambini ottenuti per Gpa. «Fortunatamente il Parlamento è stato dispensato dal discutere la proposta n. 887 (Varchi e altri) che avrebbe reso perseguibile questo reato da chiunque lo avesse commesso all’estero: in un ordinamento improntato al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, l’estensione della legge penale italiana a chiunque avesse commesso il fatto all’estero si sarebbe tradotta in una disposizione ai limiti del ridicolo, coinvolgendo nella responsabilità penale non solo gli stranieri committenti, ma anche i gestori della clinica, in ragione della disciplina del concorso di persone». Conferma Marco Pelissero, ordinario di diritto penale all’università di Torino, riferendosi alla prima versione della proposta di legge che vede Maria Carolina Varchi, parlamentare di Fratelli d’Italia, prima firmataria.
Così, le pretese si sono via via ridotte, fino ad arrivare, come abbiamo visto, a una norma che sancisce la punibilità per reati ritenuti tali dalla legge italiana, anche se all’estero non lo sono. Reati “quasi” universali, potremmo dire. E che non è affatto scontato si riesca davvero a sottoporre a sanzione.
[…] Certamente la giurisprudenza è fatta anche, forse soprattutto, di interpretazioni, perciò non è impossibile rintracciare posizioni tecniche favorevoli alla proposta, come per esempio quella di Carmelo Domenico Leotta, avvocato cassazionista e associato di diritto penale all’Università europea di Roma, che in un confronto proprio con Pelissero sottolinea: «La proposta di legge ha l’obiettivo di rafforzare la tutela penale contro il delitto di surrogazione di maternità, già punito dall’art. 12, comma 6 della legge 40, non più ricorrendo, come si era inizialmente proposto, all’introduzione di un cosiddetto “reato universale”, cioè di un fatto punibile da chiunque commesso in qualsiasi luogo, bensì agevolando, nei termini in cui si dirà, le condizioni di applicabilità della legge penale italiana per il delitto commesso dal cittadino all’estero.
E già qui si era detto addio al reato universale.
[…] Lo stesso Leotta, tuttavia, riconosce che: «A ben vedere, la possibilità, de jure condito, di applicare la norma penale vigente ai fatti commessi in parte in Italia in parte all’estero si rivela più ipotetica che reale […] il che comporta che, per poter efficacemente inibire, attraverso la legge penale, la pratica in questione, si debba necessariamente percorrere una differente via, sondando gli spazi di applicazione della legge penale italiana per il delitto comune commesso dal cittadino interamente all’estero».
Alla fine, dunque, l’ostacolo maggiore al riconoscimento della Gpa come reato universale è, semplicemente, il fatto che non lo è. Sono ormai decine gli Stati che consentono la pratica della Gpa, seppure in forme diverse.
Non è facile avere un quadro certo delle situazioni legislative, né del livello di applicazione delle indicazioni di legge, comunque secondo l’associazione Luca Coscioni sono ormai 65 gli Stati che hanno legalizzato la gravidanza per altre persone, di questi 35 della forma solidale, mentre in altri Stati esistono procedure in assenza di una legge […]
Quello che emerge, dunque, è un mosaico di realtà, consolidate ormai da decine di anni, in cui sono nate e cresciute persone, si sono create famiglie che prima non c’erano, sviluppati rapporti umani e relazioni. Certamente si sono messi in moto anche interessi economici a fronte di costi che riguardano l’intera procedura e che, a seconda dei Paesi e delle prassi gravano sui sistemi sanitari, in tutto o in parte, e certamente sulle persone coinvolte. Se ci pensiamo, questo succede per qualsiasi trattamento sanitario.
Così, per affrontare in maniera il più possibile libera da pregiudizi il tema di una qualsiasi regolamentazione della gravidanza per altre persone, bisogna cominciare col prendere per le corna il toro della presunta incompatibilità tra la Gpa e i diritti umani. Gli autori della proposta di legge Varchi richiamano i termini utilizzati dalla Corte Costituzionale nella sentenza 272 del 2017 che affermano che la «maternità surrogata offende in modo intollerabile la donna e mina nel profondo le relazioni umane». Ed è in forza di questo apparentemente inattaccabile dato di fatto che i promotori della proposta di legge vedono per l’Italia il ruolo di Paese che possa capitanare una revisione internazionale che finalmente la renda un crimine universale.
Ma chi lo dice che la gravidanza per altre persone non solo offende la donna in maniera intollerabile, ma mina nel profondo le relazioni umane? Quanto si avverte in questa formulazione l’eco della lettura della dottrina cattolica che trasforma in affermazioni di principio una visione teologica, ignorando il contributo scientifico alla conoscenza e alla definizione del fenomeno. Chi tiene conto della realtà scientifica, come hanno fatto i legislatori irlandesi o la Commissione di studio delle chiese evangeliche per i problemi etici posti dalla scienza, non arriva affatto a queste conclusioni. Così come non ci arrivano tutti quei Paesi che hanno normato in favore di una Gpa solidale.
Anzi, a livello internazionale l’orientamento prevalente è ormai quello di vigilare e costruire le condizioni perché non si verifichino abusi o violazione di diritti umani e non di vietare a priori, come abbiamo visto per esempio a proposito della direttiva dell’Unione Europea contro la riduzione in schiavitù degli esseri umani, che inserisce solo «lo sfruttamento della “maternità surrogata” come un ulteriore tipo di sfruttamento, prendendo di mira coloro che costringono o ingannano le donne a diventare madri surrogate».
Insomma: ben lontana dall’aver stabilito che la Gpa sia un reato universale, la legge appena approvata si scontra con un modo di vedere le cose che tiene invece conto della complessità del mondo attuale e dei modi per affrontarla. Il semplice buon senso
Il semplice buon senso
Chi si assume la responsabilità di dire ad altre persone che non hanno “diritto” a essere genitori, propone spesso come soluzione alternativa il ricorso all’adozione. E forse questa proposta, apparentemente di buon senso, è tra quelle più crudeli e lontane da un approccio che tiene davvero al bene dei bambini e delle bambine. Non solo per le note difficoltà e lungaggini burocratiche, ma perché la scelta di adottare dovrebbe avere come primo fine quello di dare una famiglia a chi non ce l’ha. L’interesse etico prioritario dovrebbe essere quello di rimediare all’impossibilità di crescere con i propri genitori e non una soluzione di riserva per chi non ha modo di avere una propria discendenza biologica.
Al contrario, la gravidanza per altre persone è una tecnica biomedica di procreazione assistita che grazie alla fecondazione eterologa può consentire a una coppia proprio quella appartenenza genetica che per alcune persone è importante. Richiede di essere normata per quella che è, non sulla base di spinte ideologiche, ma avendo ben chiaro l’intento di tutelare tutti gli attori in campo: i donatori, la gestante, i genitori intenzionali e i bambini.
La strada del reato universale non è realistica, né praticabile, anzi come sempre avviene con le leggi restrittive in un Paese, apre al mercato parallelo e illegale dove il rischio di abuso e sfruttamento è certamente più ampio. E dove si alimentano e si approfondiscono le diseguaglianze tra chi dispone di mezzi e chi no. Proprio come è successo per anni con l’aborto, prima che la legge 194 lo regolamentasse. «Oggi consideriamo quella legge una conquista di civiltà e ricordiamo a chiunque sia contrario all'aborto che interrompere una gravidanza non è un obbligo. Allora come oggi, è evidente che in ogni scelta che riguarda il proprio corpo, è nell'indeterminatezza e nel divieto assoluto che nascono gli abusi», ha scritto la giornalista Jennifer Guerra.
Nel mese di aprile 2024 l’Associazione Luca Coscioni ha presentato una petizione con oltre 10.000 firme raccolte per chiedere che venga esaminata una proposta di legge per regolamentare in Italia la Gpa nella formula solidale. La proposta di legge, scritta in collaborazione con esperti e con altre associazioni si pone l’obiettivo di «evitare situazioni di incertezza normativa e di tutelare i diritti di tutti i soggetti coinvolti e, in particolar modo, dei minori nati a conclusione di tale percorso, anche attuato all’estero, nella piena legalità in osservanza di normative straniere», come si legge nell’introduzione.
«La nostra proposta di legge lascerebbe in vigore il divieto di commercializzazione e permetterebbe di controllare tutti i passaggi del percorso. Nel contempo, la proposta estende l’accesso alla fecondazione assistita anche a single e coppie dello stesso sesso, modificando così la legge 40. L’approvazione di questa legge è un’opportunità, per l’Italia, per confrontarsi con la realtà sociale odierna e allinearsi a standard progressisti già adottati in molti paesi europei», spiega Filomena Gallo, segretaria dell’associazione.
Il testo, documentato e articolato, prevede la regolamentazione di tutte le fasi della procedura della gravidanza solidale e altruistica in aderenza alle conoscenze scientifiche disponibili a oggi e da raccogliere per il futuro (per esempio l’articolo 8 prevede la creazione di un registro nazionale delle gestanti dedicato, tra l’altro, alla raccolta e all’analisi dei dati di salute).
Inoltre, la proposta stabilisce sia le caratteristiche degli aspiranti genitori, sia quelle delle gestanti: età, disponibilità di un reddito, essere madre di almeno un figlio, soprattutto stabilisce che non possa condurre più di una gravidanza per altre persone. Altrettanto precise e dettagliate sono le condizioni di recesso degli accordi presi per tutte le parti.
Possiamo pensare che anche questa sia una proposta di legge di bandiera (senza speranza, con l’inclusione di single e coppie dello stesso sesso!) allo scopo di contrastare i presupposti e i contenuti ideologici di quella sul reato universale, ma certo è un esempio di come si può costruire una buona normativa: ascoltando le persone coinvolte e interessate e guardando non solo alle normative e ai principi internazionali, ma anche allo spirito delle leggi.
Su un tema diverso, ma altrettanto divisivo e controverso, il fine vita, il giudice della Corte Costituzionale Francesco Viganò, nel 2020 ha registrato un podcast che tiene insieme ragionamento giuridico ed esperienza personale. Un bel documento chiaro ed emozionante, che tra le altre cose ricorda come la compassione avesse guidato il collegio nelle sue decisioni. «La condivisione di un’umana sofferenza, non può e non deve mai essere estranea all’esperienza del diritto», afferma Viganò.
È quello che si meriterebbe anche la gravidanza per altre persone.