A pochi anni dalla scoperta e dal premio Nobel, assegnato nel 2010 ad
Andre Geim e Konstantin Novoselov, il grafene ha già conquistato
l’attenzione di ricerca e industria, evocando altre rivoluzioni tecnologiche del passato come l'introduzione, nel secolo scorso, della sintesi dei polimeri per la produzione di plastica. Le aspettative legate a questo materiale innovativo continuano a salire, anche grazie ai media che tengono d'occhio i continui sviluppi e le nuove possibili applicazioni, caricando l'invenzione di Geim e Novoselov di una grande responsabilità.
Tra gli scenari futuri promessi, il primo successo di questa innovazione è intanto aver aperto nuove frontiere per la ricerca, soprattutto in Italia.
Ne
parliamo con Vincenzo Palermo, leader del gruppo di ricerca dell’Istituto per
la sintesi organica e la fotoreattività del Cnr e della flagship Graphene - un
ricercatore che conosce le potenzialità e le insidie della comunicazione della
scienza, avendo provato sul campo anche l’attività di divulgatore.
In pochi anni il nostro
Paese è diventato all’avanguardia negli studi sul grafene. I casi di eccellenze del Cnr nel settore, ad esempio, non mancano.
La ricerca italiana ha visto lungo prima di altri?
V.P. Molti scienziati italiani sono all’avanguardia nel settore
del grafene, e hanno ottenuto risultati di grande importanza ampiamente
riconosciuti. Basti dire che, all’interno della Flagship sul grafene, sono
italiani i responsabili di diversi settori chiave: Maurizio Prato dell’Università
di Trieste e Alberto Bianco dell’Università di Strasburgo per il settore salute
e ambiente, Andrea Ferrari dell’Università di Cambridge per l’optoelettronica, Luigi
Occhipinti della ST Microelectronics per l'elettronica flessibile, Vittorio
Pellegrini del CNR per l’energia ed io per il settore compositi.
In totale, cinque dipartimenti su undici della flagship
saranno in qualche modo gestiti da scienziati italiani che lavorano in Italia o
anche all’estero. Alla guida del neonato Graphene Center di Cambridge c’è un
italiano, Andrea Ferrari, che è ben noto a livello mondiale per i suoi studi
sul grafene.
Non credo però che questa eccellenza venga da qualche tipo di premonizione, poiché riguarda scienziati provenienti da settori molto diversi tra loro. Tutti questi scienziati erano già all’avanguardia in vari settori come quello dei nanotubi, della chimica supramolecolare o dell’elettronica. E' vero tuttavia che la continua presenza nella comunità scientifica con pubblicazioni, partecipazioni a conferenze e a progetti europei ci ha permesso di “essere al centro dell’azione”, e prendere al volo le opportunità offerte da questa nuova rivoluzione scientifica. E molto ha contribuito l'impatto che gli stessi padri del grafene hanno saputo dare a quest'innovazione. Ricordo di aver sentito per la prima volta parlare di grafene durante un seminario di André Geim, all’epoca non ancora premio Nobel. Lavoravo già su piccole molecole simili al grafene, semiconduttori organici poliaromatici, e decisi immediatamente dopo il seminario di aprire una nuova linea di ricerca sul grafene. Se non avessi partecipato a quella conferenza, probabilmente ora non saremmo qui a parlare di questo materiale.
Si può fare una previsione su quanti saranno i giovani ricercatori che potranno avere più spazio grazie alle frontiere aperte da Graphene?
E’ difficile stimare il numero di ricercatori che saranno coinvolti nella flagship, possiamo però fare una valutazione basata su quello che è successo sino ad ora. Un’iniziativa ambiziosa come la flagship richiede un’implementazione graduale, che sarà fatta in stadi diversi. All’inizio di quest’avventura eravamo un gruppo di soli nove ricercatori, che ideò il progetto e ne scrisse la prima bozza. Dopo varie fasi di selezione, dopo aver discusso l’idea con tanti membri della comunità scientifica e con rappresentanti di istituzioni nazionali ed europei, abbiamo definito la struttura della flagship nella prima fase di messa a regime, o “ramp-up”, che durerà trenta mesi e coinvolgerà circa centoventi diversi gruppi di ricerca. Già in questa fase una parte rilevante del budget sarà usata per includere altri gruppi ancora, che otterranno finanziamenti tramite call competitive su temi ben precisi.
La fase di pieno sviluppo della flagship partirà dopo questi trenta mesi, e vedrà un budget raddoppiato rispetto alla fase iniziale; questo dovrebbe indicare un raddoppio anche del numero di ricercatori coinvolti. Il numero preciso però dipenderà da vari fattori.
La comunità europea ci ha chiesto di modellare la flagship su un modello “target-oriented”, che renda i risultati ottenuti a livello scientifico utili anche a livello tecnologico e industriale. Per questo, il numero di ricercatori, istituzioni e aziende coinvolte dipenderà fortemente da come, nei prossimi anni, il settore del grafene si evolverà. Del resto abbiamo già visto quanto rapidamente il settore dei nano-materiali è cambiato in questi anni, in maniera difficilmente immaginabile in precedenza.
Uno degli obiettivi principali della flagship è accorciare le distanze col mondo
dell’impresa.
Ma i protagonisti del settore produttivo sono consapevoli delle potenzialità di questo materiale?
Imprenditori e industriali sono molto, molto consapevoli delle potenzialità del grafene.
Spesso, per varie scoperte scientifiche, è stato necessario
un grosso sforzo comunicativo per rendere evidenti i possibili vantaggi industriali.
Penso alla famosa frase di Michael Faraday che, a un politico che gli chiedeva il
valore dei suoi studi sull’elettricità, rispose:” Al momento non saprei, sir,
ma in futuro ci metterete una tassa sopra!”.
Nel caso del grafene, le applicazioni possibili sono così
tante e così evidenti che anche nelle industrie c’è una fervente attività.
Sicuramente i forti investimenti nel settore grafene di
aziende come la Samsung o la Nokia hanno dato l’esempio, trainando anche
aziende più piccole.
Fatto sta che, anche a livello nazionale o regionale, riceviamo richieste continue da aziende di vario tipo che vogliono saperne di più su questo materiale, e che noi cerchiamo di aiutare ed indirizzare al meglio per trasformare questa tecnologia in prodotti utili a tutti.
Si tratta, però, di una
rivoluzione ancora non completamente realizzata, che può forse suggerire come migliorare le strategie di comunicazione delle innovazioni scientifiche e tecnologiche.
L’informazione al grande pubblico sul grafene va in qualche modo
ridimensionata?
Credo che, come scienziati, abbiamo la responsabilità di comunicare al pubblico in maniera corretta quello che ci si può aspettare a breve dalla Scienza. Da un lato, dobbiamo usare un linguaggio comprensibile a tutti; dall’altro, dobbiamo evitare di fare false promesse, sensazionalismi volti solo ad attirare l’attenzione per breve tempo.
Nel caso del grafene, sia per i giornali che per le televisioni, credo che sia stato fatto un buon lavoro nello spiegare, cos’è il grafene e perché ha proprietà uniche. Ora, il difficile è far capire quali, delle tante applicazioni, sono solo idee, quali richiedono molti anni di sviluppo ancora, e quali invece arriveranno sul mercato a breve, o sono già arrivate.
Che cosa dobbiamo aspettarci realmente, quindi, dagli sviluppi del grafene?
Possiamo dividere le possibili applicazioni del grafene a breve, medio, e
lungo termine.
Quelle a più breve termine riguarderanno probabilmente il
settore dei compositi per meccanica, dei trattamenti superficiali
anticorrosione e degli inchiostri conduttivi. Alcuni prodotti sono già
disponibili commercialmente in questi settori, penso ad esempio alle racchette
da tennis a base di grafene che sono ormai presenti in tutti i negozi sportivi.
Altre applicazioni, ad esempio nel settore dell’elettronica
digitale, dei display e dei sensori, richiedono ancora la soluzione di problemi
legati al costo e alle performance rispetto alle tecnologie esistenti, e quindi
avranno bisogno ancora di vari anni per diventare competitive.
Infine, alcune possibili applicazioni, ad esempio nella
spintronica o nel sequenziamento del DNA, sono per ora solo belle idee scientifiche,
che avranno bisogno di sviluppo e ricerca a lungo termine.
Queste, però, sono solo previsioni e valutazioni di un semplice
scienziato; penso (e un po’ spero) che nel prossimo futuro avremo sorprese paragonabili
a quelle avute negli ultimi anni, quando un materiale povero come la grafite,
trattato con un po’ di nastro adesivo, ha causato un'enorme rivoluzione
scientifica e tecnologica.
Il passato recente è stato pieno di grandi sorprese. Il futuro, chissà.