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La grande domanda: c'è vita là fuori?

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Siamo soli o c’è vita anche altrove nell’universo?

tracce della sonda Opportunity su Marte (credit Nasa/Corbis)
Vita su Marte: tracce della sonda Opportunity (credit Nasa/Corbis)

Tutto in noi cambierebbe profondamente se scoprissimo che c’è vita anche su altri corpi celesti. Ma come arrivare alla scoperta? E come capire di che tipo di vita si tratta? Ed infine, come potremmo essere sicuri che si tratta proprio di vita? Non sono problemi (e domande) nuovi: già gli antichi parlavano dei “molti mondi” dell’universo, e nel decimo secolo una favola giapponese, La storia del tagliatore di bamboo, raccontava di come la Principessa degli uomini della Luna avesse visitato la Terra. Ma, quando agli inizi del Seicento il cannocchiale svelò la sterminata grandezza dell’Universo, la ricerca della vita al di fuori della Terra sembrò un’impresa senza speranza.

Ma che cos’è poi la vita? Gli scienziati non sono ancora completamente d’accordo su come definirla, ma in senso molto generale, la si può ritenere come un sistema chimico capace di riprodursi e che attraverso variazioni e selezioni casuali diviene sempre più complesso. Sulla Terra la vita richiede una fonte d’energia, acqua corrente, molecole organiche, elementi quali il carbonio, l’ossigeno, l’idrogeno, l’azoto, lo zolfo, il fosforo, e anche tracce di altri elementi: ovunque sulla Terra siano soddisfatte queste richieste, emerge la vita. Ma quale forza ordinatrice ha organizzato le molecole complesse dalle quali poi la vita è emersa?

Meteorite di Allen Hills (ALH84001)
Meteorite Allan Hills 84001

Immagine interna del meteorite Allan Hills 84001
Immagine interna del meteorite
Allan Hills 84001

Un’indicazione importante ci è venuta dal cosmo: il 27 dicembre del 1984 nel ghiacciaio Antartico Allan Hill fu rinvenuto un meteorite di 1,93 Kg la cui composizione chimica ne tradiva la provenienza da una delle piu’ “vecchie” regioni del nostro sistema solare. Apparentemente, 4 miliardi di anni fa l’impatto di un altro potente meteorite lo aveva estratto dall’interno dell’allora ancor giovane pianeta Marte, sulla cui superficie era poi rimasto sino a che, 15 milioni di anni fa, un altro meteorite lo aveva scaraventato in un lungo viaggio attraverso il sistema solare, che si era concluso 13.000 anni fa sul ghiaccio dell’Antartide. Ed il 6 Agosto del 1996 il “Meteorite Allan Hill 84001” sbalordi’ il mondo: ricercatori del programma spaziale statunitense avevano scoperto al suo interno molecole organiche complesse, tra le quali le molecole base delle proteine! Ma c’è di più, ritenevano di aver osservato al microscopio elettronico strutture che ricordavano batteri pietrificati. Era la prova che la vita esisteva su Marte? Lo shock coinvolse addirittura l’allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, che annunciò con grande enfasi la scoperta epocalealla televisione.

Altre ricerche attenuarono però un poco l’entusiasmo, poiché si vide che le strutture osservate al microscopio elettronico in realtà non erano batteri pietrificati, ma semplici formazioni minerali. Ma c’erano pur sempre le inequivocabili molecole organiche complesse, evidentemente già formate immediatamente dopo la nascita del sistema solare. In realtà, che questo fosse in linea teorica plausibile era stato proposto già nel 1952 da Stanley Miller, allora dottorando appena ventitreenne, in una leggendaria Lecture all’Università di Chicago: Miller aveva bombardato con scariche elettriche per giorni o settimane una miscela gassosa che riproduceva l’atmosfera primitiva della Terra, e aveva prodotto molecole organiche complesse, tra cui anche le molecole base delle proteine, gli aminoacidi! V’erano molti importanti personaggi presenti tra il pubblico, e tra di essi anche Enrico Fermi: alla sua domanda venata di scetticismo «Lei sa se qualcosa del genere sia successo anche sulla giovane Terra?», così ribattè d’istinto il supervisore di Stanley Miller, Harold C. Urey: «Se Dio non lo ha fatto, bè, ha perso un’occasione unica!».

Analisi successive molto accurate hanno poi dimostrato che, in condizioni simili a quelle usate da Stanley Miller, si formavano milioni di molecole diverse, tra le quali anche le componenti fondamentali del DNA. Però la miscela gassosa doveva essere priva di ossigeno, così com’era quella della Terra primitiva, altrimenti le molecole organiche neoformate venivano distrutte da processi ossidativi. L’atmosfera attuale della Terra è ora costituita per circa un quinto da ossigeno, e renderebbe quindi impossibile la produzione di molecole organiche complesse da semplici gas: l’emergenza della vita per effetto dei processi che probabilmente operavano al tempo della nascita del nostro pianeta ne verrebbe ora efficacemente ostacolata.

Nella nostra ricerca di vita extraterrestre ci siamo a lungo limitati a osservare con telescopi sempre più sofisticati i pianeti e le lune del nostro sistema solare, a studiare meteoriti, a ricercare con tecnologie elettromagnetiche i possibili segnali intelligenti provenienti dall’universo, o a trasmetterli con potenti antenne verso le profondità del cosmo. Ora però mandiamo nel nostro sistema solare sonde spaziali che orbitano attorno a pianeti e lune lontani, che li analizzano con strumenti molto sensibili, li fotografano, talvolta atterrano su di essi per studiarne la superficie e l’atmosfera: i dati e le fotografie che ci trasmettono sono tra i più belli e senzazionali che la scienza ci abbia mai offerto. Ci raccontano di stagioni, di tempeste di sabbia, di fiumi secchi su Marte, e di geysers, eruzioni di gas, laghi di metano liquido, maestosi monti, vulcani spenti sulle lune di Giove e Saturno. Forse il messaggio più importante che ci trasmettono è che su molti di questi corpi celesti vi è acqua sufficiente per rendere possible una vita simile a quella della Terra. E alcuni hanno anche un’atmosfera nella quale l’idrogeno, l’etano, l’acetilene in presenza di energia formano metano, e potrebbero quindi anche fornire energia per la vita.

Nessuno di questi mondi lontani è più misterioso di Titano, la Luna di Saturno, sulla quale il 14 gennaio del 2005 è atterrata la sonda spaziale Huygens, e attorno alla quale continua tuttora a orbitare la sonda Cassini. Queste sonde ci hanno mostrato che Titano ha non solo un nucleo ferroso, ma anche laghi di metano liquido, vasche sotterranee con miscele di acqua e ammoniaca, e una sua propria atmosfera che contiene prevalentemente azoto e metano, ma anche tracce di molecole più complesse, ed è così densa che gli uomini, grazie alla limitata forza di gravità di questa luna, vi potrebbero volare come pipistrelli. E che è anche ricca di una materia organica brunastra che ricorda in modo impressionante quella che il meteorite Allan Hills 84001 ha portato con sé, e che Stanley Miller aveva trovato nelle sue miscele di gas bombardati elettricamente. Questa materia rende appunto così densa l’atmosfera di questa piccola luna. Su Titano, con temperature di -179 gradi, fa certamente molto, molto freddo, ma la radioattività di elementi instabili potrebbe produrre, nei suoi strati più interni, temperature relativamente più miti. Titano potrebbe essere un alambicco cosmico in cui si sta organizzando la vita? O in cui già si agita un tipo di vita che noi ancora non conosciamo?

Se paragoniamo Marte a questa luna meravigliosamente inquieta, il pianeta rosso è un vegliardo cosmico: l’acqua che un tempo vi scorreva copiosa si è da molto solidificata nelle cappe polari o è divenuta permafrost, e anche la sua atmosfera di azoto e anidride carbonica si è ora diradata come la capigliatura dei vecchi… A differenza dell’atmosfera di Titano, quella di Marte contiene però un po’ d’ossigeno: origina forse da qualcosa di vivente? Le riserve sotterranee d’acqua e la temperatura relativamente mite – fino a -5 gradi – spiegano perchè alcuni astrobiologi ritengano che su Marte la vita ci sia stata o che ancora ci sia. Ma le sonde spaziali che sono atterrate sul pianeta rosso non hanno sinora potuto dimostrane la presenza…

Anche se la vita nel nostro sistema solare fosse limitata alla Terra, essa potrebbe però essere presente su pianeti di altri soli lontani. Questi lontani pianeti mandano pochissima luce, che si oscura periodicamente durante le loro rivoluzioni attorno ai soli: noi possiamo misurare queste piccolissime variazioni periodiche della luce e dedurre da esse, e da altri dati ottici, non solo i tempi delle rivoluzioni orbitali e la massa di questi pianeti, ma anche le caratteristiche delle loro atmosfere. Dal tempo delle prime stime nel 1992, gli astronomi hanno ora scoperto più di 500 exopianeti: su alcuni potrebbe esserci vita, dato che orbitano attorno ai loro soli a una distanza che non è né troppo grande né troppo piccola. Potrebbe in particolare esserci vita su uno dei 6 pianeti della stella nana Gliese 581, che sta però a più di 20 anni luce da noi. Sicché i nostri mezzi spaziali odierni la raggiungerebbero solo dopo 800.000 anni! E poiché secondo le nostre conoscenze attuali nessun corpo o segnale può viaggiare a velocità superiori a quella della luce, non sapremo mai con sicurezza di una possible vita così lontana da noi, anche se è vero che la parola «mai» è tanto estranea alla scienza quanto la parola «sempre»…
A favore dell’esistenza di vita extraterrestre parla comunque il numero immenso di pianeti lontani: se sono validi i calcoli secondo i quali circa un decimo delle stelle nei 125 miliardi di galassie che ci sono note sono circondate da pianeti, avremmo nell’universo 6x1018 sistemi planetari, un numero con 18 zeri! E se anche solo un miliardesimo di questi pianeti rendessero possible la vita, ve ne sarebbero sempre sei miliardi...

Anche se la creazione della vita da materia disordinata risulta un evento immensamente improbabile, diventa non solo possible, ma addirittura altamente probabile, se i tentativi di farlo sono innumerevoli. E in linea di principio è solo necessario che vi sia un singolo successo, anche uno solo, perché la vita inizi la sua marcia trionfale: i meteoriti la potrebbero poi diffondere nell’immensità del cosmo. Ma è possible che la nostra vita terrestre sia giunta da qualche altro corpo celeste? Lo potremo sapere solo quando l’avremo confrontata con quella extraterrestre. Io sono convinto che vi sia vita su molti dei pianeti e lune sparsi nell’universo. Che poi si tratti di sistemi pluricellulari intelligenti, di singole cellule simil-batteriche, di sistemi con proprietà chimiche esotiche, o addirittura di sistemi non chimici, non è per me il punto importante. Per me, la dimostrazione che c’è vita al di fuori della Terra sarebbe di per sé la più emozionante scoperta di ogni tempo.


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