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Ilaria Capua: ritratto di un virus scippatore

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Tempo di lettura: 7 mins

Incontro Ilaria Capua inevitabilmente online, da dove mi accoglie sorridente e combattiva. Forse un po’ stanca di dover parlare solo di virus (“io mi occupo anche d’altro”), ma sarebbe strano il contrario. Anche perché le sue opinioni, che sembrano eruttare da un vulcano, generano una girandola di ipotesi apparentemente fertili, talvolta controcorrente. Come l'immagine del virus "opportunista e scippatore", che ha preso l'aereo per diffondersi nel mondo e attacca dove il sistema, e le persone, sono più fragili. Sentiamo cosa ha da dirci.

Cosa vedi nella inarrestabile progressione di questo nuovo coronavirus?

Vedo che per la prima volta nella nostra storia stiamo osservando in diretta l’endemizzazione di un virus animale nella popolazione umana. È successo altre vote che un virus animale si sia trasferito nell’uomo, pensa al virus della peste bovina che in noi è diventato noto come morbillo. Come sai, l’uomo ha i suoi coronavirus, tipici del comune del raffreddore, i quali arrivano da animali. Ma questi passaggi risalgono a molti anni fa e sono rari. Se questo coronavirus mutato fosse saltato fuori negli anni ’50, noi non ce ne saremmo nemmeno accorti, nel senso che probabilmente in un modo completamente diverso dal nostro di oggi, senza globalizzazione, aerei ogni due minuti e internet, si sarebbe fermato in qualche villaggio cinese. Ora invece eccolo qua in men che non si dica, in un mondo in cui abbiamo gli strumenti per misurarlo e per cominciare a capire questo fenomeno epocale che ci sta esplodendo fra le mani. 

Il virus insomma ci rende consapevoli della globalizzazione e della vulnerabilità a cui ci espone?

Se non ci fossero di mezzo tutte queste morti mi direi affascinata da quanto sta succedendo. Questa emergenza ci ha preso per la collottola ricordandoci la nostra natura e fragilità di animali fra gli altri, come ci insegna una prospettiva One Health - che tiene insieme sanità umana e animale - che fatica ancora a farsi strada nella sanità pubblica. 

E come finirà? Hai idea?

Non mi sento di escludere che questo virus diventerà - in 10 o 100 anni - il nuovo virus del raffreddore. Perché non posso fare una previsione precisa? Perché ciò che abbiamo fatto è iniettare in un sistema biologico un determinante incompatibile con la biologia che conosciamo: la velocità. Dalla Cina è partito uno sciame virale - manco fossero aerei da guerra - piombando in stormo compatto sull’Europa e gli altri continenti. A questo virus abbiamo messi noi il turbo, una forzatura biologica. 

Recentemente sei finita - tanto per cambiare - al centro di polemiche per aver derubricato Covid a una banale parainfluenza.

Attenzione! io ho usato questo termine ben consapevole di cosa stavo facendo. Volevo dare una definizione del nuovo virus comprensibile ai più, anche per togliergli lo stigma di virus misterioso e spaventevole, per relativizzare il mostro dicendo in modo chiaro cose corrette. E poi, caro Luca, basta con questo termine "banale influenza". L’influenza non è mai banale. Provoca una tempesta di citochine, un vortice di segnali dannosi a tutto il corpo. Cerchiamo di cogliere con un minimo di freddezza i ”silver lining”, i contorni luminosi che si osservano intorno alle nubi. La prima lezione da trarre è che dobbiamo rivalutare l’importanza dell’influenza, che ci prendiamo ogni anno e che lascia sul campo le sue vittime fra i più fragili (8.000 morti attribuibili a influenza e sue complicazioni nella passata stagione, ndr.). Il vaccino antinfluenzale (preso da circa la metà della popolazione anziana in Italia, sotto la media europea, ndr.) non protegge ovviamente da coronavirus, ma quanto meno toglie dagli ospedali un buon numero di casi gravi da influenza e riduce il dubbio diagnostico. Anche le influenze possono dare polmonite. Peraltro, sarebbe interessante analizzare il tasso di copertura vaccinale per influenza e stratificarlo per i ricoveri gravi da coronavirus. Paradossalmente un intervento di prevenzione per un’altra malattia può essere un elemento che fa virare verso il precipizio o la risalita un sistema sanitario in crisi. 

Stai dicendo che il frutto dell’attuale pandemia risente anche di co-infezioni con altri virus?

Non vogliono mettermi nei panni dei clinici che adesso si trovano a fronteggiare questa ondata. Ti posso dire cosa vedo io negli animali. I coronavirus negli animali sono degli opportunisti e direi mai patogeni primari. Sugli animali il semplice virus non li fa ammalare, se non in condizioni di stress che trovano in allevamento, tipo la scarsa ventilazione, l’acqua (che influenza il microbioma, la clearance renale, etc.). Ma questo succede negli animali. Io però sono convinta che l’attuale coronavirus sia un patogeno che va a colpire un servizio sanitario al quale si ricorre troppo spesso, e che potrebbe diffondersi opportunisticamente anche negli ospedali. proviamo magari a fare una correlazione fra vetustà dell’edificio e positività al coronavirus fra i suoi ospiti. Se tu hai un edificio che ha una ventilazione degli anni ottanta, crei soltanto delle infezioni ospedaliere!

Infatti è importante ventilare, anche aprendo le finestre! L’abbiamo scritto anche su Scienza in rete. Basti pensa alla genesi della SARS a Hong Kong, o alla nave “Diamond Princess”, dovuti anche a problemi di ventilazione.

Ma potrebbe esserci anche un meccanismo secondo il quale persone che hanno una patologia respiratoria acuta per influenza o da altro, s’infettano da coronavirus in ospedale. Negli ospedali si può avere una ricircolazione del virus, come è successo a Treviso dove tutto il reparto si è infettato, o altrove.

Però questo virus è stato chiamato SARS-CoV-2, appunto per indicare un suo effetto specifico molto chiaro, una polmonite con certe caratteristiche.

Certo, ma ricordiamoci che SARS sta per Severe Acute Respiratory Syndrome, in altre parole una polmonite che ti spedisce al creatore in due-tre giorni. Io ho forti dubbi che in tutti gli anziani cardiopatici e fragili ricoverati per Covid ci fosse in atto una polmonite interstiziale acuta! Più facile che l’anziano muoia di arresto cardiaco e non di polmonite interstiziale. Ma non voglio sostituirmi ai clinici. Ai lettori segnalo però un lavoro scientifico tedesco che insieme a molti altri dice che nella stragrande maggioranza dei casi si comporta come un comune raffreddore. Non dimentichiamocelo.

Tu alludi al fatto che la grande differenza fra la nostra mortalità e quello, per dire, della Germania e di altri paesi dipenda da una diversa notifica del motivo della morte?

È probabile che ci sia una sovradiagnosi di Covid. Basta vedere i posti in cui il tasso di letalità è bassissimo. Come esattamente vengono notificati i decessi da Covid? Voglio poi segnalarti anche il problema della antibiotico resistenza, in cui  l’Italia maglia nera in Europa insieme a Grecia e Cipro. Io mi chiedo: c’è qualcosa in certe aree più colpite che può aver trasformato queste infezioni virali asintomatiche in una porta di ingresso per i batteri antibiotico resistenti? 

Possibile?

Se una persona immunodepressa, scompensata, infettata da un patogeno che interessa le vie respiratorie, si prende una infezione ospedaliera, diciamo da Klebsiella pneumoniae, gli esiti non possono essere che un aggravamento. Bisognerebbe anche vedere l’andamento delle polmoniti virali (da influenza e altri virus) dei mesi passati rispetto ad altri anni per capire tutte queste complesse interazioni. Non dimentichiamo che nel mondo le polmoniti sono fra le cause più diffuse di morte nell’anziano: 450 milioni di casi all’anno, fra virali e batteriche, 4 milioni di morti all’anno, il 7% della mortalità mondiale. Come va inquadrato nella situazione epidemiologica della polmonite questo virus opportunista e “scippatore”?

Cosa può fare la ricerca per diventare più efficace davanti a questa sfida epocale?

Senza nulla togliere alla gravità di ciò che sta accadendo, bisognerebbe vederci più chiaro, anche pretendendo una maggiore apertura sui dati per compiere analisi ben fatte, anche in relazione a differenze consistenti di mortalità fra regioni e paesi. Potrebbero esserci in giro mutazioni virali più aggressive in certe aree? Ecco, questo si potrebbe scoprire subito. Pensiamo ai 1.000 genomi depositati nelle banche open access. Cosa possiamo imparare: sull’Italia ben poco visto che ad oggi ci sono ad oggi solo 5 sequenze. Alcuni giorni fa gli olandesi ne hanno depositati 72! È importante che l’Italia si adegui al motto “transparency is the new currency”,  perché queste sono le aspettative: se la comunità scientifica internazionale  avesse avuto immediatamente tutte le sequenze disponibili non ci sarebbe questo grande punto interrogativo sull’Italia prima e sulla Lombardia poi.

Che previsioni si possono fare? Andrà via da solo questo virus? Dovremo immunizzarci tutti con un vaccino?

Il virus si sta cercando di endemizzare nella popolazione. Non sarei sorpresa se in futuro si dovessero infettare anche degli animali domestici e selvatici. Come impressione generale su quello che poco sappiamo è un virus che è ancora troppo giovane evolutivamente, troppo vicino al suo progenitore animale per essere completamente  stabile nell’uomo. Le popolazioni virali si selezionano, noi adesso stiamo selezionando le popolazioni dominanti. Quindi non è da escludere, per esempio, che il virus diventi patogeno in manifestazioni diverse, come gastroenteriti nei bambini. Quanto meno questo i coronavirus fanno negli animali. Sono dei trasformisti. Io mi auguro che col tempo si andrà nella direzione di un nuovo virus del raffreddore. Purtroppo non sappiamo quanto tempo ci vorrà. Abbiamo forzato il tempo d’innesco e diffusione iniziale, quindi adesso siamo costretti a navigare a vista. Learning by doing.

 

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