fbpx Juno, la Nasa e le magie della signora Susan | Scienza in rete

Juno, la Nasa e le magie della signora Susan

Primary tabs

Tempo di lettura: 5 mins

La sonda Juno, in orbita attorno a Giove, manda segnali debolissimi e difficili da riconoscere. Ma la Nasa ha un sistema particolare. E un fenomeno: la signora Finley (che a 79 anni è l’unica in grado di captare i messaggi dalla sonda…)

Alla Nasa piace pianificare i momenti importanti nella vita delle sue sonde perché cadano nel giorno della festa nazionale americana, il 4 di luglio. Nel 1997 è stato di scena l’ammartaggio di Pathfinder con il piccolo rover Sojourner, poi nel 2005 la missione Deep Impact ha colpito la cometa Tempel 1. Quest’anno l’attenzione è stata puntata sulla sonda Juno destinata ad entrare in orbita attorno a Giove per studiare la struttura interna del pianeta, cercando di sopravvivere all’ambiente terribilmente ostile delle fasce di radiazione che lo circondano.

Io, Europa, Ganimede e Callisto 

In verità, la manovra è avvenuta il 5 luglio alle 03:53 (tempo universale), ma negli Stati Uniti era ancora il 4 di luglio, lo Independence Day. Al Jet Propulsion Laboratory erano le 20:53 e, dopo una giornata di relativa tranquillità, la sala di controllo era gremita di centinaia di tecnici e scienziati che, pur avendo ben poco da fare, non potevano non essere presenti al momento cruciale della missione. Il 29 giugno la missione aveva scattato le ultime foto di Giove e delle sue lune più interne, nell’ordine Io, Europa, Ganimede e Callisto.

L'omaggio a Galileo (e ai pupazzetti Lego)

Insieme alle foto scattate in precedenza questa ultima immagine ha permesso di creare una animazione del moto dei satelliti Medicei. Un giusto omaggio a Galileo che li scoprì nel 1610 e li annunciò in una lettera che è stata riprodotta su una placca ultraleggerache vola su Juno insieme a statuette prodotte dalla Lego di Galileo, Giove e Giunone.

Il lungo volo dei segnali da Giove a noi

Poi tutti gli strumenti non assolutamente necessari sono stati spenti per cercare di proteggerli dall’ambiente ostile che avrebbero incontrato nell’attraversare le fasce di radiazione di Giove. La distanza rende impossibile una interazione in tempo reale con la sonda. Per percorrere gli 860 milioni di km che ci separano da Giove, i segnali impiegano 48 minuti. Per questo la sonda aveva attivato l’autopilota che già sapeva la sequenza dei comandi da eseguire per frenare la sua corsa e inserirsi in orbita attorno a Giove. Dopo un ultimo contatto con la Terra, la sonda si era dovuta posizionare in modo da fare lavorare i motori in direzione opposta al moto, appunto per rallentare la velocità che aveva raggiunto il valore di 265.000 km all’ora, rendendola la sonda più veloce mai lanciata. Proprio per questo la manovra di frenata si presentava come particolarmente delicata.

Come sempre nelle missioni planetarie non c’è posto per l’improvvisazione. Tutto deve avvenire nel posto giusto al momento giusto ed avere la durata prevista. Se i motori non si fossero accesi, oppure avessero smesso di funzionare prima del dovuto, la missione sarebbe stata persa. Una frenata troppo leggera avrebbe fatto rimbalzare la sonda nelle profondità del sistema solare, mentre una inchiodata troppo decisa avrebbe fatto cadere la sonda su Giove. Al JPL tutti volevano sapere come stava andando la manovra ma, oltre alla distanza, le comunicazioni erano limitate da un altro importante fattore: l’antenna di bordo non poteva essere puntata verso la Terra perché la geometria della manovra non lo permetteva. Chi ha visto “The Martian” sa che la mancanza di un’antenna è un handicap gravissimo per le comunicazioni spaziali. Tuttavia, questo non è un problema nuovo per la NASA che si è già trovata in situazioni simili in occasione dell’atterraggio delle sonde marziane, quando l’antenna principale è ancora racchiusa nell’involucro protettivo.

Una nota a una determinata frequenza

E’ stato quindi messo a punto un sistema per permettere l’invio di segnali semplificati, essenzialmente una nota ad una determinata frequenza, che vengono prodotti da un sistema indipendente dall’antenna di bordo. Può trattarsi di un’antenna secondaria oppure di un emettitore omnidirezionale, ma il segnale ha il difetto di essere debole e di avere una frequenza che varia con la velocità della sonda che lo sta emettendo (è l’effetto sirena dell’ambulanza che prima viene verso di noi e poi si allontana).

E' susan, 79 anni, la maga del segnale 

Nonostante la NASA non abbia penuria di antenne e sia dotata del sistema Deep Space Network per tenere sotto controllo tutte le sue sonde sparse per il sistema solare, trovare (e seguire) il segnale non è un compito facile. Al JPL hanno un mago indiscusso per questo delicato lavoro. Se pensate ad uno smanettone incallito, siete completamente fuori strada. Il mago della ricerca della flebile “nota” è Susan Finley, una signora di 79 anni che vanta una esperienza cinquantennale nei ranghi della NASA. E’ lei che ha captato il segnale dell’atterraggio delle sonde marziane ed è lei che era on duty il 4 di luglio per riconoscere la “nota” di Juno che ha inviato 36 messaggi rassicuranti nel corso di 4 ore. La signora Finley non aveva dubbi che Juno ce l’avrebbe fatta ed era altrettanto sicura che lei sarebbe riuscita a riconoscere il segnale della sonda. In effetti, la “nota” si è rivelata anche uno straordinario portafortuna e nessuna sonda dotata di questo sistema di comunicazione semplificata è mai stata persa.

Dopo questa bella soddisfazione, Susan non pensa neanche lontanamente alla pensione. Aiutata da un sistema molto più elastico del nostro, conta di essere al suo posto in occasione dell’atterraggio del prossimo rover Nasa su Marte, nel 2021 quando avrà 84 anni. Se nessuno dei nerd del JPL è riuscito a sostituirla significa proprio che la signora ha un tocco magico e rottamarla non conviene a nessuno.

Elettronica sopravvissuta 

Dopo aver eseguito alla perfezione la frenata, Juno è ora in orbita intorno a Giove. Gli strumenti sono stati riaccesi e un ulteriore snapshot di Giove e delle sue Lune dimostra che l’elettronica è sopravvissuta alla dose di radiazione che l’ha colpita. E’ solo il primo passaggio, la sonda ne dovrà fare una trentina prima di completare la sua missione.

Pubblicato su Che futuro il 20 luglio 2016 

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Tumore della prostata e sovradiagnosi: serve cautela nello screening con PSA

prelievo di sangue in un uomo

I programmi di screening spontanei per i tumori della prostata, a partire dalla misurazione del PSA, portano benefici limitati in termini di riduzione della mortalità a livello di popolazione, ma causano la sovradiagnosi in un numero elevato di uomini. Questo significa che a molti uomini verrà diagnosticato e curato un tumore che non avrebbe in realtà mai dato sintomi né problemi. Un nuovo studio lo conferma.

I risultati di un nuovo studio suggeriscono che i programmi di screening spontanei per i tumori della prostata, a partire dalla misurazione del PSA, portano benefici limitati in termini di riduzione della mortalità a livello di popolazione, ma causano la sovradiagnosi in un numero elevato di uomini. Questo significa che a molti uomini verrà diagnosticato e curato (con tutte le conseguenze delle cure) un tumore che non avrebbe in realtà mai dato sintomi né problemi.