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L’agricoltura biologica del futuro sarà un’agricoltura Ogm!

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L’affermazione nel titolo sembrerà piuttosto provocatoria. Ma cercherò in queste brevi note di argomentarla.

Oggi i mass media nazionali ci passano un’immagine preoccupante dei prodotti Ogm, una sciagura, da cui dobbiamo difenderci con ogni mezzo, inclusa la trasgressione di specifiche e vincolanti disposizioni della Comunità Europea. I nostri politici, e parte della stampa, accreditano l’immagine dei prodotti Ogm come un pericolo per la salute dell’uomo e degli animali d’allevamento, per il prodotto tipico italiano, per l’economia nazionale, per la biodiversità naturale. Di conseguenza, unico Paese al mondo, l’Italia proibisce, dal 1999, sia la ricerca scientifica sia il consumo di prodotti Ogm.

Altri Paesi della CE (per esempio la Spagna, la Francia, la Gran Bretagna) sono ancora incerti sull’uso di Ogm, ma stanziano comunque fondi per il loro studio e ormai producono e vendono quegli Ogm che la scienza ha dimostrato essere sicuri e vantaggiosi per l’economia nazionale.

E poi è forse un eufemismo dire che nel nostro Paese gli Ogm sono proibiti: ne è infatti permessa la presenza sino ad un limite dello 0,9% in tutti i cibi che troviamo in commercio. Questo limite sale al 100% nel caso di alimenti per animali d’allevamento. Ciò significa che i nostri pregiati salami, prosciutti e formaggi sono prodotti da suini e bovini allevati con Ogm (soprattutto soia e mais).  

La comunità scientifica italiana, quella vera, quella che fa ricerca e che pubblica i suoi risultati su riviste internazionali con referee, è concorde sul fatto che è un grosso errore perdere l’esperienza che la nostra ricerca pubblica aveva acquisito sugli Ogm sino al 1999. Eravamo tra le prime 3-4 nazioni al mondo nel settore. I nostri giovani ricercatori erano apprezzati in tutto il mondo. Con il mio gruppo di ricerca, sono andato ad insegnare le nostre metodologie nella R.P.Cinese nell’ambito del progetto “Biotecnology for China” voluto per diversi anni dal Governo Italiano. Ora che potremmo coglierne i frutti con un progetto che io definirei “Biotecnology from China”, il tutto è stato bloccato. Prima con il Ministro Pecoraro Scanio, poi con Alemanno, successivamente con Zaia.

Un solo esempio: la collaborazione del mio gruppo di ricerca con il National Institute of Forestry di Pechino aveva prodotto linee di pioppo contenenti un gene che conferisce resistenza ad un insetto patogeno che uccide gli alberi scavando gallerie nel tronco. La stessa patologia è presente in Italia. Ora la Cina possiede  e coltiva il pioppo resistente all’insetto. I colleghi cinesi mi hanno chiesto: “perché non lo porti anche in Italia?”. La mia risposta (“perché la legge non lo permette”) li ha molto stupiti. Vi è infatti da aggiungere che i cloni originali coltivati in Cina provengono dall’Istituto Sperimentale di Pioppicoltura di Casale Monferrato e che quindi sono già perfettamente adattati alle condizioni Italiane. Ora i colleghi cinesi hanno introdotto in questi stessi pioppi un secondo gene che conferisce sterilità: non più polline, non più semi! Quindi i pioppi “coltivati” non potranno più interferire con la biodiversità del pioppo “naturale” eventualmente presente in vicinanza delle coltivazioni di pioppo. La biodiversità di quest’ultimo sarà così salvaguardata. Si consideri che l’Italia è uno dei centri mondiali della biodiversità del pioppo “naturale”. La valle del fiume Ticino, ove si coltiva la maggior parte del pioppo italiano è anche il centro di questa biodiversità. La potremmo salvare con l’introduzione del nostro pioppo sterile e resistente agli insetti (meno insetticidi e più biodiversità), ma l’Italia non lo permette perché è Ogm. Dunque, per i nostri governanti è giusto andare avanti con la distruzione del pioppo “naturale” italiano.

Questo era un esempio. Poteri presentare molti altri esempi dei vantaggi che il prodotto agricolo nazionale potrebbe trarre dall’uso opportuno delle metodologie Ogm. Potremmo salvare varietà tipiche assalite dai nuovi parassiti, ridurre l’uso della chimica nei nostri campi e molte altre cose ancora. Nel nostro Paese esistono ancora le competenze nelle Università e negli enti pubblici di ricerca per applicare le nuove metodologie al miglioramento del nostro prodotto tipico. Ma quanti dei nostri giovano ricercatori hanno già dovuto convertirsi in propagandasti di medicinali?

I mass media insistono sul fatto che gli Ogm sono prodotti dalle multinazionali del seme. Questo è vero per gli Ogm oggi sul mercato occidentale ( ma non in quello asiatico dove il controllo è locale). Si dimentica, inoltre, che le Multinazionali del seme sono interessate solo alle grandi colture, cioè a quelle che hanno un grande mercato. Queste essenzialmente sono: soia, mais, cotone e colza. Sembrerà paradossale, ma il riso, la graminacea più importante al mondo non è considerata una grande coltura: ogni nazione, inclusa la Cina, lo coltiva e lo utilizza per il suo consumo interno. Il suo commercio mondiale è limitatissimo! Ne consegue che se i cinesi reputano essenziale per la loro  nutrizione il riso Ogm, lo devono produrre con la loro ricerca nazionale. Ed è fortunatamente quello che stanno facendo, anche con grande attenzione alla sicurezza sanitaria, all’ambiente, alla biodiversità del riso “naturale” e ai vantaggi che ne derivano per gli agricoltori. Se noi vogliamo salvare il pomodoro San Marzano o la vite Nero d’Avola, lo dobbiamo fare con la nostra ricerca. E in molti casi questo è possibile solo con le metodologie Ogm, pena la perdita di queste e di molte altre varietà tipiche.

Un’ultima amara considerazione: i migliori alleati delle Multinazionali del seme sono gli stessi attivisti anti-Ogm: bloccando la ricerca pubblica, come nel caso dell’Italia, stanno consegnando l’esclusiva delle applicazioni Ogm alle multinazionali. Io, se fossi il presidente della Monsanto o della Dupont darei un grande premio agli anti-Ogm per l’attuale grande aiuto!

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