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Le cicogne e il pistolero texano

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La pandemia di Covid-19 ha portato con sé un grande interesse per l'epidemiologia, che ha ricevuto un'attenzione senza precedenti anche dai media e dagli amministratori. Ma non si può nascondere una certa preoccupazione per l'uso distorto o scorretto che si è a volte fatto dei suoi metodi, e in particolare delle trappole rappresentate dalle correlazioni non-senso (come quella che associa i nuovi nati con la presenza di cicogne) e dalla tendenza a disegnare l'obiettivo dopo averlo "colpito" (la cosiddetta sindrome del pistolero texano).

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La pandemia da Covid-19 ha portato con sé molte novità, nella società e nel mondo scientifico. Tra le tante, le parole "epidemiologia" ed "epidemiologo" sono salite alla ribalta, come mai prima era stato. Una sorpresa anche per gli stessi epidemiologi, da sempre attivi per educare alla disciplina e valorizzarne l’utilità.

Se da una parte non si può essere che favorevolmente impressionati per l’estensione dell’uso dell’epidemiologia e per l’attenzione senza precedenti da parte dei media e anche degli amministratori, dall'altra non si può nascondere la preoccupazione per un uso spesso disinvolto o scorretto della metodologia epidemiologica, e talvolta troppo utilitaristico di una sola parte degli attrezzi del mestiere. Ci siamo chiesti perché di questa “passione” per l’epidemiologia anche da parte di non epidemiologi, e sebbene la risposta non appaia né univoca né semplificabile, ci sembra che nell’attrazione fatale giochino un ruolo significativo da una parte la grande attenzione pubblica e dall’altra la semplicità di uso di certi metodi epidemiologici. Non è un caso che l’analisi di correlazione tra fenomeni in aree circoscritte l’abbia fatta da padrona, prevalentemente quella tra inquinamento (A) e covid-19 (B) stimati in vario modo, in particolare in Val Padana.

Dunque, prendiamo atto che verificare se e quanto A e B sono tra loro legati (correlati), concentrandosi in luoghi dove A e B sono più rappresentati, è diventata un’attività sexy, da parte di epidemiologi più o meno esperti e anche di non epidemiologi. È utile ricordare che gli studi di epidemiologia descrittiva si limitano a fornire la distribuzione esistente di variabili riferite a caratteristiche di gruppi o popolazioni, indipendentemente da ipotesi a priori. Diversamente accade negli studi analitici, che esaminano lo stato di salute della popolazione di una comunità e indagano le cause di malattia, controllando e valutando le relazioni causali, ipotizzate attraverso confronti a livello di individui [1].

Da studi descrittivi della distribuzione di fenomeni nel tempo e/o nello spazio (ad esempio mappe di concentrazione di particolato atmosferico e del numero di soggetti positivi a Covid-19 per provincia) emerge la domanda se e quanto questi due fenomeni siano legati (correlati) tra loro. Naturalmente non c’è niente di male nel porsi questa domanda, anche se occorre essere consapevoli e onesti nel dichiarare fino dall’inizio che anche se la correlazione sarà massima e statisticamente significativa non si tratterà di un legame causale (una freccia) ma di una semplice congiunzione (un tratto di linea). Inoltre, e non secondariamente, bisognerebbe chiedersi quante altre variabili possono essere correlate sia col particolato che con la malattia, ma soprattutto quale si ritiene che sia il principale determinante della malattia.

A fronte di una semplicità di ragionamento e analisi (un semplice coefficiente di correlazione, parametrico o non parametrico, tra A e B), bisogna evitare di cadere nella “trappola” tipica della correlazione non-senso: una correlazione insignificante tra due variabili. A volte si verifica quando i cambiamenti sociali, economici o tecnologici hanno la stessa tendenza nel tempo dei tassi di incidenza o mortalità. Un esempio classico è la correlazione tra il tasso di natalità di bambini e la densità delle cicogne in alcune parti dell'Olanda e della Germania [1]. In questi giorni si moltiplicano i risultati di studi su inquinamento atmosferico e Covid-19, sia non pubblicati, sia pubblicati su riviste scientifiche, tutti riferiti a studi di correlazione, quasi tutti con conclusioni che straripano dal semplice legame (tratto di linea A--B) verso la relazione causa-effetto (freccia da A → B), magari enunciata dagli autori in modo sottile ma che è poi intesa in modo inequivocabile dai media, che si sa hanno la necessità di semplificare per farsi capire.

È questo il caso dello studio di Setti et al. (Relazione circa l’effetto dell’inquinamento da particolato atmosferico e la diffusione di virus nella popolazione, position paper della Società italiana di medicina ambientale, Università di Bologna e Università di Bari), già oggetto di un articolo critico su Scienza in rete. L’esempio è paradigmatico: la conclusione a proposito dell'elevata correlazione risultante tra casi Covid-19 positivi e superamenti di PM10 per province nel periodo 10-29 febbraio, in particolare nel Nord Italia, proposta come “.. la specificità della velocità di incremento dei casi di contagio che ha interessato in particolare alcune zone del Nord Italia potrebbe essere legata alle condizioni di inquinamento da particolato atmosferico che ha esercitato un’azione di carrier e di boost”, è stata interpretata e amplificata dai media in senso di freccia e non di linea di congiunzione, e a niente è valso l’uso del condizionale.

Poca cura è stata invece riservata, anche nella discussione che ne è seguita, al ruolo di altre variabili non considerate e invece fondamentali, quali la presenza di focolai epidemici, di RSA, di attività industriali rischiose per i contatti sociali, di misure di distanziamento, e via di questo passo.

Ma l’insidia della correlazione non si arresta e anzi cresce di livello. Uno studio condotto su 120 città cinesi dal 23 gennaio al 29 febbraio 2020, su 6 inquinanti misurati giornalmente in aria ambiente (PM2.5, PM10 , SO2, CO, NO2 e O3) con casi confermati Covid-19, a distanza 0-14 giorni, mostra un'associazione positiva per PM2.5, PM10, NO2, O3. Articolo su rivista scientifica con impact factor, passata da revisione. Dunque tutto bene? I risultati sono interpretabili come freccia causale? Purtroppo no: nell’epidemia i casi prima aumentano e poi diminuiscono, prima dell’epidemia l’inquinamento è alto poi durante l’epidemia l’inquinamento scende per effetto del lockdown, quindi i due fenomeni, a distanza di 14 giorni correlano, ma lo stesso si otterrebbe correlando altre variabili che hanno lo stesso andamento.

Gli stessi autori concludono: “Il nostro studio ha diversi limiti. Innanzitutto, ci siamo concentrati solo sull'associazione tra inquinanti atmosferici e casi confermati di Covid-19 e non l'effetto causale dell'inquinamento atmosferico sull'infezione da Covid-19. In secondo luogo, i nostri dati non includevano casi confermati specifici per genere o età, quindi non abbiamo potuto condurre analisi dei sottogruppi. In terzo luogo, i nostri risultati non erano rappresentativi a livello globale poiché le città di altri paesi non sono state incluse in questo studio. Sono necessari studi futuri per superare questi limiti”.

Dunque, gli studi osservazionali di tipo descrittivo, quelli di correlazione geografica o temporale, e quelli sugli addensamenti di casi (cluster), sebbene abbiano una loro utilità in sanità pubblica e nella ricerca, in quanto in grado di suggerire approfondimenti o talvolta misure di pronto intervento, non sono in grado di dare informazioni affidabili sulle cause. Questa caratteristica, conosciuta fin dal momento della scelta del tipo di studio, ha forti implicazioni in termini di comunicazione del rischio e dei risultati.

Osservazione e osservatore

“Non esiste una ricezione pura e passiva dell’oggetto in esame, non si dà un’osservazione che non dipenda dal ritaglio fornito dall’osservatore” [2]. Un mondo non più rappresentato linearmente ma piuttosto pensato come un sistema in cui sono inclusi l’osservatore e l’evento: “L’inclusione dell’osservatore nell’osservazione comporta il fatto fondamentale che anche l’osservatore, la sua grammatica, il suo spazio semiotico, devono essere inclusi e delimitati nell’ambito dell’osservazione. Per l’epidemiologia questo è molto importante, non solo dal punto di vista epistemologico, ma anche per le implicazioni delle sue attività «sul campo», specie quando si indaga sulle complesse relazioni tra ambiente e salute”.

Se l’epidemiologo non si immerge nel contesto che deve studiare è come se si ponesse al di sopra o al di là del mondo, rendendo così a se stesso impossibile assumere la prospettiva da cui le sue conoscenze si potranno tradurre in pratica, in azioni volte a scongiurare i rischi di malattia o almeno in prima istanza a identificarli. È questo un elemento chiave in una disciplina scientifica fortemente proiettata a produrre conoscenze per la sanità pubblica. Non a caso, ben guardandosi dall'avventurarsi in correlazioni ardite, come quella fra particolato e intensità dell'epidemia in corso, la direttrice della sanità pubblica presso l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), María Neira, ha dichiarato al Guardian: "Non abbiamo ancora le prove che collegano direttamente alla mortalità, ma sappiamo che se si è esposti all'inquinamento atmosferico si aumentano le possibilità di essere colpiti più gravemente. Stiamo iniziando a dare messaggi a paesi e regioni dicendo, se cominciate ad avere casi, in quelle città dove avete un alto livello di inquinamento, rafforzate il vostro livello di preparazione, perché potreste avere una mortalità più alta".

Definizione soggettiva del contesto: il pistolero texano

Oltre al rischio di cadere nella correlazione non-senso, un secondo problema che si pone è quello della delimitazione del contesto di osservazione. La pratica epidemiologica, come per le altre discipline osservazionali, è soggetta a errori e distorsioni di varia natura e, per rappresentare il problema metodologico della iper-concentrazione del contesto da parte dell’osservatore, è stata coniata l’espressione del "pistolero texano" [3].

Il pistolero texano spara a caso sulla porta di un granaio, poi disegna un cerchio intorno al foro: ovviamente ha fatto centro. Gli viene richiesto di sparare ancora e a questo punto gli altri fori saranno localizzati intorno al primo a seconda della precisione e accuratezza del pistolero e si ricava che non esiste alcuna valida valutazione statistica post-hoc di un singolo addensamento. Questa metafora, divenuta di largo uso in ambito epidemiologico, è particolarmente efficace nel chiarire la situazione che spesso si viene a creare quando viene adottata una procedura che, invece di iniziare dalla formulazione di una ipotesi pensata per spiegare un certo fenomeno, si "concentra" su un insieme di dati disposti in modo apparentemente non casuale, li circoscrive attorno a un centro, definendo il fenomeno rispetto a cui i dati sono significativi o hanno maggiore probabilità di esserlo [4]. 

Diversamente abbiamo visto che il fenomeno che s’intende studiare deve essere esplicitato, per studiarlo il ricercatore deve poter formulare un’ipotesi robusta che tenga conto di un contesto ampio, non sottoposto a pre-riduzione, magari a causa di pregiudizi. Poniamo ad esempio il caso in cui in un’area dove esistono emissioni di inquinanti e si trovano eventi patologici che possano essere messi in relazione con quelle emissioni, si voglia capire se i malati sono in numero significativamente superiore rispetto ad un’area scelta come controllo perché priva di emissioni. In tal caso si tratta di adottare un procedimento analitico che, se impostato correttamente, può portare a risultati significativi, altrimenti è gravato da errori e distorsioni che ne possono minare pesantemente la scientificità, producendo prove non utilizzabili pubblicamente e finendo per produrre conseguenze negative in termini di comunicazione e di decisioni.

Osservazioni su gruppi aggregati di popolazione sono in grado di produrre risultati descrittivi capaci di indicare possibili fattori di rischio per quei gruppi; osservazioni individuali, tipiche degli studi analitici, sono in grado di produrre stime di associazione di rischio tra esposizione individuale a inquinanti e patologie negli stessi soggetti. Sulla relazione causale tra inquinamento atmosferico e molte malattie disponiamo di prove certe, mentre per rispondere alla domanda “Può l'esposizione a inquinamento atmosferico, sia cronica sia acuta, avere un effetto sulla probabilità di contagio, la comparsa dei sintomi e il decorso della malattia del coronavirus causata dalla SARS-CoV-2?” (si veda il documento della RIAS pubblicato qui su Scienza in rete) c’è bisogno di studi di tipo eziologico. Studi basati sulla conoscenza a livello individuale dei determinanti della malattia Covid-19, da seguire nel tempo, avvalendosi di dati affidabili sull’evoluzione della malattia e sulle co-morbilità, sui fattori che possono agire da confondenti e da modificatori di effetto, tra i quali sicuramente anche l’esposizione a inquinamento, sia pregressa sia durante le diverse fasi dell’epidemia.

Un disegno sicuramente più complesso di quello di correlazione ma disponibile nella cassetta degli attrezzi dell’epidemiologia. Per fare questo occorre un approccio multi e interdisciplinare, rifuggendo dal fai da te, esigenza non certo nuova ma della quale a volte (spesso) si stenta a comprendere l’urgenza della messa in pratica. Ogni scienziato deve evitare di essere un "ciclope", vale a dire di osservare i fenomeni con un occhio solo: questa attitudine è infatti propria dell’"egoista nella scienza", che "presume troppo dal proprio sapere". A ogni specialista – medico, teologo, giurista, ma persino al geometra – è necessario un "secondo occhio", mediante il quale osservare i propri oggetti di studio dal punto di vista di tutti gli altri uomini [5]. Attardarsi a fare studi di correlazione senza aver ben messo a fuoco come si cerca e ciò che si cerca, si finisce a pestar l'acqua nel mortaio, provocando molto rumore per nulla.

 

Note 

1. J. M. Last, A Dictionary of Epidemiology, II ed, 1988, p. 57.

2. A. M. Iacono, L’evento e l’osservatore. Ricerche sulla storicità della conoscenza, Pierluigi Lubrina Editore, Bergamo 1987, p. 65.

3. R. R. Neutra, Counterpoint from a cluster buster. American Journal of Epidemiology 1990; 132(1): 1-8. Rothman KJ. A sobering start for the cluster busters’ conference. American Journal of Epidemiology 1990 Jul; 132(1 Suppl): S6-13.

4. Questo fenomeno è stato osservato da lungo tempo, ad esempio, nel caso di una segnalazione di addensamenti (cluster) di nati senza bulbo oculare (anoftalmia) negli anni 1988-1994 in Gran Bretagna. Nel 1993, The Observer pubblicò il primo di una serie di articoli che ipotizzavano un legame tra l’esposizione delle madri al fungicida Benomyl e la nascita di bambini affetti da anoftalmia, menzionando un certo numero di cluster sospetti. Un’indagine epidemiologica commissionata dal governo britannico, sebbene descrittiva, concluse che non si poteva ipotizzare una causa di questo tipo, perché l’esposizione sia dei lavoratori che dei consumatori era ben più bassa di quella che avrebbe potuto essere pericolosa e la distribuzione dei casi risultava diversa da quella segnalata. Se ci si fosse limitati a prendere in considerazione solo i casi, apparentemente esorbitanti, suggeriti dai media disegnandoci il bersaglio intorno, si sarebbe definito come statisticamente significativo un eccesso risultato invece non significativo se valutato in un contesto più ampio. Il governo britannico, commissionando uno studio per verificare l’omogeneità e la tendenza all’addensamento dei casi con anoftalmia sull’intero territorio nazionale, ha permesso di interpretare il fenomeno ridimensionandone la gravità. I mezzi di comunicazione ebbero in questo caso il ruolo di lanciare l’allarme sulla base di informazioni parziali. La comunità scientifica e i gruppi di pressione molto attivi in Gran Bretagna si misurarono in un utile dibattito che incluse nuove conoscenze scientifiche e consentì di fornire indicazioni ai decisori e di attivare un sistema di sorveglianza per verificare che l’addensamento osservato in aree circoscritte non si ripresentasse successivamente.

5. I. Kant, Lascito manoscritto n. 903 in AA XV, pp. 394-5, 1776-1778.

 

 

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