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L'universo di Brera

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In occasione dell'Anno Internazionale dell'Astronomia, Osservatorio Astronomico di Brera e l'Accademia di Belle Arti di Brera promuovono a Milano, fino al 15 ottobre, un'esposizione di opere sul tema dell'Universo. L'originalità della mostra sta nel fatto che vi sono presentate opere realizzate in seguito ad un corso di astronomia, curato da Angelini, Sandrelli e Trini, a cui hanno partecipato oltre duecento studenti e una trentina di docenti dell'Accademia di Belle Arti.

L'effetto è palpabile, e ci fa riflettere su quanto la nostra sfera emozionale possa essere toccata, se non trasformata, dall'acquisizione di nozioni apparentemente "fredde". Nel percorso espositivo, difatti, è possibile cogliere una evoluzione dell'idea intima di Universo, di quell'Universo dentro a cui il titolo della mostra rimanda.

Molte le emozioni che da sempre ci offre il cielo: dallo stupore infantile, a cui mi rimanda Gli occhi conficcati di Marrocco, alla vertigine del viaggio nello spazio sospeso, che in me suscita Otto secondi di Bucciarelli, dal fascino verso le silenziose terre "aliene", racchiuso nel Meteorite di Mariani, alla strisciante sensazione di essere soggetti all'eterna e onnipotente regolarità delle costellazioni, a cui mi fa pensare l'omonima opera di Venuto. Ma questi temi, che sembrano quasi innati nell'uomo, acquistano un nuovo sapore, nuove chiavi di espressione nelle opere realizzate successivamente al suddetto corso di astronomia, in cui alcuni astronomi dell'Osservatorio, coinquilini degli artisti di Brera, hanno cercato di trasmettere alcuni tra i principali risultati della ricerca astronomica contemporanea.

E così per esempio le immagini di Cobe, il satellite lanciato dalla NASA per misurare la radiazione cosmica di fondo, sembrano aver trovato un terreno fertile nel cuore degli studenti/artisti, se si osservano Nastri nello spazio di Ceccarelli, o "Senza titolo" di Esposito. E anche i concetti teorici, dalla materia oscura alle molte dimensioni ("Mondi possibili" di Balzelli) sembrano essere riusciti ad impressionare le tele esposte.  Da segnalare anche "Senza titolo" di Grassi, che a me pare cogliere molto bene il ruolo centrale e problematico che in astronomia ha lo strumento di osservazione della realtà, che la rovescia, la proietta, la deforma, ma permette di studiare oltre i confini della sensibilità umana.

Due commenti finali. Il primo: un foro nel pavimento, riempito di sabbia per evitare inciampi, è divenuto esso stesso "opera" artistica, attraendo le impronte dei visitatori, che si sentono novelli astronauti chiamati a colonizzare pianeti ancora intonsi.

Il secondo: è nota l'influenza che sugli astronomi del XIX secolo ebbe una formazione di tipo artistico, tanto che moderne ricerche evidenziano tra quelli una importante percentuali di pittori o parenti di pittori. Questo può apparire scontato in un'epoca in cui la fotografia ancora non veniva utilizzata in campo astronomico. Eppure sono convinta che ancora oggi, nell'epoca della specializzazione, un corso complementare a quello raccontato da questa mostra potrebbe fornire agli astronomi di Brera nuove parole, con cui continuare a raccontare l'avventura dell'Universo.  


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