Esattamente
10 anni fa veniva pubblicato da Lancet
Oncology il reportage sul c.d. triangolo della morte che osservando i dati
di mortalità dei tre comuni di Acerra, Marigliano e Nola portava all’attenzione
internazionale il tema rifiuti e salute.(1)
Pochi
mesi dopo veniva pubblicata sulla stessa rivista una reazione-riflessione che
ampliava la visione, asserendo che oltre il triangolo c’erano comuni in
condizioni simili o anche peggiori dei tre considerati, e che sarebbero serviti
studi ulteriori e di diverso tipo.(2)
In
realtà i problemi legati ai rifiuti erano conosciuti anche prima di allora ma
con il 2004 prese slancio il tema del legame con la salute.
Negli
anni che seguirono, costellati di crisi e da un sistema emergenziale dato in
carico ai commissari di governo, furono attivati studi epidemiologici che
dettero presto i loro frutti.
Nel
2006 venivano pubblicati i risultati preliminari dello studio realizzato da
OMS, ISS, CNR e Regione Campania su incarico del Dipartimento della Protezione
Civile, per valutare lo stato di salute della popolazione residente in 196
comuni delle province di Napoli e Caserta.(3)
Il
rapporto finale veniva presentato nel 2008 e nel 2009, esattamente 5 anni fa,
veniva pubblicato su rivista internazionale il corrispondente lavoro
scientifico.(4)
I profili di esposizione delle comunità venivano individuati
sulla base della caratterizzazione dei principali siti di smaltimento legale e
illegale di rifiuti, definendo 5 categorie di rischio per la popolazione, tenendo
conto del numero delle persone residenti all’interno di un raggio di 1
chilometro da ciascun sito.
Al crescere del livello di pericolo, emergevano
aumenti statisticamente significativi di rischio di morte per tutte le cause
(aumento del +1,7% e del +2,4%, rispettivamente negli uomini e nelle donne),
per tutti i tumori (+1,5% negli uomini, +1% nelle donne), per il tumore al
fegato (+4,3% negli uomini, +6,6% nelle donne), per il tumore al polmone negli
uomini (+1,9%), e per tumore allo stomaco negli uomini (+5,2%).
Anche il
rischio di malformazioni congenite mostrava un aumento significativo per le
anomalie del sistema urogenitale (+13,8%.). Inoltre emergevano eccessi di mortalità per
cause non tumorali, in particolare per malattie del sistema circolatorio,
dell’apparato digerente e per il diabete. Il lavoro concludeva che gli effetti osservati, alcuni dei quali a lunga
latenza (i tumori) altri con una latenza più breve (le malformazioni congenite),
dovevano essere ulteriormente indagati per misurare l’impatto sulla salute
dell’esposizione a rifiuti, e doveva essere adottata una strategia urgente in
materia di ambiente e salute: massima priorità ad azioni immediate di bonifica
dei siti inquinati, cambiamenti coerenti nella gestione dei rifiuti e un adeguato
sistema di sorveglianza su ambiente e salute, includente anche il
biomonitoraggio umano.
I
risultati prodotti in seguito dallo studio SENTIERI su 77 comuni del SIN
“Litorale Domizio Flegreo e Agro Aversano”(5,6) e il recente rapporto di
aggiornamento a cura dell’ISS su 55 comuni della c.d. Terra dei Fuochi(7)
hanno poi arricchito e esteso le conoscenze (aggiunta di ricoveri e incidenza
di tumori), ma sempre confermando a grandi linee quanto precedentemente
pubblicato.
Nel frattempo
notevoli passi avanti sono stati realizzati anche sul piano della
caratterizzazione ambientale,(8) ma molto rimane da fare per trasferire questi
risultati in dati di esposizione umana, fondamentali se si vogliono capire
meglio le relazioni causa-effetto.
Anche le campagne di
biomonitoraggio umano condotte in Campania hanno dato risultati di rilievo,(9,10,11) costituendo le fondamenta per un sistema evoluto di sorveglianza
ambiente-salute basato su marcatori precoci piuttosto che su danni conclamati
alla salute delle persone.
Il recente rapporto
sulla c.d. Terra dei Fuochi (TdF) fornisce dati complessivamente preoccupanti e
utili per capire quali sono i comuni più impattati e quelli meno. La mole dei
dati forniti permette tante chiavi di lettura, tra le quali una che pare
interessante è la grande variabilità all’interno dell’area, che comprende
comuni senza criticità, comuni con poche e specifiche criticità, comuni con
stato di salute compromesso o molto compromesso, per cause tumorali o non
tumorali.
Se a questo si aggiunge che una pari o simile variabilità è
plausibile che esista anche dentro i comuni, o almeno in alcuni di grande
dimensione, si ha una idea della complessità della situazione, dell’importanza
dei dati ambientali per caratterizzare l’esposizione di comunità, e si può
capire la delicatezza dell’uso dei risultati ottenuti.
Questo è particolarmente
rischioso quando si trasferiscono dati di salute ottenuti su base comunale agli
individui.
Anche per la c.d. TdF
sussistono due problemi da tenere bene in considerazione a fini di gestione e
comunicazione del rischio: il primo è che in considerazione della variabilità
tra comuni l’insieme di essi è in sostanza “un artefatto” e i valori medi di
rischio sotto-rappresentano le situazioni più impattate e sovra-rappresentano
quelle con meno problemi (la metafora Trilussiana del pollo a testa di media è
evocativa) ; il secondo, come già nel caso del c.d. triangolo della morte,
attiene ai comuni limitrofi ma non inclusi nella TdF, taluni dei quali possono
avere un profilo di salute parimenti compromesso, come mostrano i dati del
registro tumori della ASL Napoli 3 sud.
Fatto questo sintetico excursus, cinque riflessioni sembrano opportune e sperabilmente utili:
- Nel decennio sono stati effettuati numerosi studi, ma tutti con disegno non adatto a valutare il nesso di causalità tra esposizione ad inquinanti legati al trattamento dei rifiuti e malattie. Sebbene lo studio più avanzato sia stato quello pubblicato nel 2009, che valutava l’andamento della mortalità al crescere della gravità di compromissione ambientale, anch’esso era basato su dati riaggregati a livello di comune di residenza.
- Gli studi su base comunale, come quelli della filiera SENTIERI, sono utili per quantificare il rischio di malattia su base territoriale ma non per valutare il nesso di causalità tra una o più cause e uno o più effetti. Dunque, la conoscenza della distribuzione del rischio di malattia è utile per decidere gli approfondimenti da fare ma assume pieno significato solo se questi approfondimenti sono realmente svolti. In caso diverso, come accaduto in Campania nonostante siano via via cresciute le evidenze scientifiche, non si produce un salto di qualità nel dibattito, perché le persone rimangono iscritte alla loro scuola di pensiero e difficilmente si convincono delle ragioni degli altri. Ne sono esempi coloro che da sempre sono convinti che i dati disponibili siano sufficienti a suffragare l’associazione causa-effetto tra ambiente e tumori, e dall’altra parte coloro che da sempre addebitano il rischio di malattia, o la maggior parte di esso, al ruolo dei fattori di rischio individuali, in primo luogo gli stili di vita. Un dialogo ideologico tra sordi che si ripropone in modo parossistico lasciando di volta in volta insoddisfatti gli uni o gli altri, ma più spesso entrambi e comunque non in grado di apportare una crescita significativa di cittadinanza scientifica.
- La difficoltà di
spiegare la differenza tra associazione non causale e relazione causale,
sarebbe stata più facilmente superata se si fossero realizzate tre condizioni:
- sul piano scientifico se fossero stati effettuati studi con disegno più evoluto, tante volte richiesti con motivazioni articolate;
- sul piano della comunicazione se si fosse spiegata meglio la materia con campagne formative e informative adeguate;
- sul piano della sanità pubblica se si fossero adottate le misure raccomandate dagli studi, che non richiedevano ulteriori risultati. Infatti, nonostante la presenza dei limiti degli studi effettuati, sempre doviziosamente descritti, non sono mai state risparmiate conclusioni sul fatto che i risultati conseguiti erano sufficienti a prendere decisioni, appunto “azioni immediate di bonifica dei siti inquinati, cambiamenti coerenti nella gestione dei rifiuti e un adeguato sistema di sorveglianza su ambiente e salute”. - Difficoltà sembrano quindi attenere soprattutto all’interfaccia tra scienza e società, o in modo più stringente tra prove scientifiche e decisioni. Questo chiama in causa i tre attori principali, ricercatori, decisori e cittadini che dovrebbero essere coinvolti in processi partecipati a livello locale, laddove i problemi si generano e producono i loro effetti.
- Il tempo degli studi e degli interventi dovrebbe essere commisurato alla gravità della situazione, poiché le componenti di rischio sia ambientale che socio-economica e degli stili di vita se non attenuate nel frattempo continuano a produrre effetti avversi nelle popolazioni esposte e nelle generazioni a venire.
Nuovi strumenti ormai maturi, come gli studi di coorte residenziale basati sull’esposizione e sulla salute individuale, e come le valutazioni integrate di impatto sulla salute per misurare i cambiamenti positivi a seguito di interventi di prevenzione, sono adesso più che mai all’ordine del giorno, non solo nelle terre dei fuochi.
Bibliografia
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The Lancet Oncology 2004;5:525–7.
(2) Bianchi F, Comba P, Martuzzi M, et al. Italian ‘‘Triangle of death’’. The
Lancet Oncology 2004;5:710.
(3) Comba P, Bianchi F, Fazzo L, et al. Cancer mortality in an area of Campania
(Italy) characterized by multiple toxic dumping sites. Annals New York Academy
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(4) Martuzzi M, Mitis F, Bianchi F, Minichilli F, Comba P, Fazzo L. Cancer mortality
and congenital anomalies in a region of Italy with intense environmental
pressure due to waste. Occup Environ Med 2009;66(11):725-32.
(5) Pirastu R, Iavarone I, Pasetto R, Zona A, Comba P (eds). SENTIERI – Studio
epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio
da inquinamento: risultati. Epidemiol Prev 2011;35(5-6) Suppl 4:86-91.
(6) Pirastu R, Comba P, Conti S, et al (a cura di). SENTIERI. Studio
epidemiologico nazionale dei territori e degli insediamenti esposti a rischio
da inquinamento (SENTIERI). Mortalità, incidenza oncologica e ricoveri
ospedalieri. Epidemiologia e Prevenzione, 2014; 38(2). Suppl.1. p 67-72.
(7) Aggiornamento sentieri Relazione relativa alle attività affidate
all’Istituto Superiore di Sanità ex artt. -1, comma 1-bis, legge n° 6 del 6
febbraio 2014 (Terra dei Fuochi); -8, comma 4 -ter legge n°6 del 6 febbraio
2014 (SIN DI TARANTO) (aggiornamento dello studio SENTIERI)
http://www.iss.it/binary/pres/cont/Terra_dei_Fuochi_AGGIORNAMENTO_SENTIE...
(8) PIANO REGIONALE di BONIFICA dei siti inquinati della regione Campania.
http://www.sito.regione.campania.it/burc/pdf05/burcsp09_09_05/pianoregio...
(9) Rivezzi G, Piscitelli P, Scortichini G et al. A general model of dioxin
contamination in breast milk: results from a study on 94 women from the Caserta
and Naples areas in Italy. Int J Environ Res Public Health 2013;10(11):5953-70.
(10) Giovannini A, Rivezzi G, Carideo P et al. Dioxins levels in breast milk of
women living in Caserta and Naples: assessment of environmental risk factors.
Chemosphere 2014;94:76-84.
(11) De Felip E, Bianchi F, Bove C, Cori L, D’Argenzio A, D’Orsi G, Fusco M,
Miniero R, Ortolani R, Palombino R, Parlato A, Pelliccia MG, Peluso F, Piscopo
G, Pizzuti R, Porposa MG, Protano D, Senofonte O, Spena SR, Simonetti A, Di
Domenico A. Priority persistent contaminants in people dwelling in critical
areas of Campania Region, Italy (SEBIOREC biomonitoring study). Sci Total
Environ. 2014 Jul 15;487:420-35.