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Mpox: per un'emergenza internazionale servono risposte internazionali

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L'epidemia di Mpox è stata dichiarata emergenza di sanità pubblica e si sta diffondendo rapidamente in diversi paesi, con oltre 17.000 casi nel 2024. Molte delle caratteristiche della situazione attuale ricalcano esperienze già vissute, come la difficoltà a intervenire su catene di contagio dovute a rapporti sessuali (ancora oggetto di stigma in molte aree del mondo), ed è ora necessario ricostruire un'efficace azione di governance internazionale che guidi le risposte a nuove e vecchie minacce per la salute riducendo le disuguaglianze.

Crediti immagine: NIAID/Wikimedia Commons. Licenza: Attribution 2.0 Generic

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Per la prima volta dalla sua istituzione nel 2017, dopo la disastrosa epidemia di Ebola, il Centro africano per il controllo delle malattie lo scorso 13 agosto ha dichiarato l’epidemia di Mpox come emergenza di sanità pubblica per il continente, ma il giorno successivo l’Organizzazione mondiale della sanità ha definito l’epidemia un’emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale (Public Health Emergency of International Concern, PHEIC) dato che risponde a tutti i tre criteri che definiscono simili eventi:

  1. la diffusione della malattia è fuori dall’ordinario (durante il 2024 sono stati registrati più di 17mila casi);
  2. la malattia si diffonde in diverse aree geografiche e nazioni (rispetto alla Repubblica Democratica del Congo, RDC, dove è stata identificata l’epidemia, casi sono stati registrati in almeno 13 paesi tra cui molti precedentemente indenni);
  3. il contrasto richiede una risposta internazionale coordinata.

La malattia Mpox è una zoonosi causata da un virus, appartenente allo stesso genere Orthopoxvirus del vaiolo, nella famiglia Poxviridae, ed era già nota da diversi anni per causare casi in alcune zone dell’Africa Centrale e Occidentale (per lo più nella RDC), soprattutto in bambini al di sotto dei 5 anni di età, in zone rurali. La distribuzione dei casi per età ha fatto supporre la presenza di un'immunità di gregge tra gli adulti, meno suscettibili all’infezione. L’infezione era trasmessa soprattutto per contatto diretto con animali selvatici infetti e tra le persone per contatto con le lesioni cutanee infette.

Negli ultimi anni però il numero di casi registrati si è esteso in diversi paesi e sono state formulate diverse ipotesi per giustificare il cambio di epidemiologia e l’innesco di estese epidemie. L’abbassamento dell’immunità di gregge nei confronti di infezioni da Orthopoxvirus, subentrata dopo l’interruzione delle vaccinazioni contro il vaiolo, nei primi anni 1980, potrebbe essere uno dei fattori che hanno aumentato il bacino di persone adulte suscettibili alle infezioni e facilitato l’emergenza di focolai epidemici. Altri fattori chiamati in causa, come per molte altre zoonosi, sono stati i cambiamenti degli ecosistemi locali, che avrebbero portato a modifiche della densità di animali selvatici, serbatoi naturali del virus e a maggiore frequenza di esposizione delle persone che vivono in zone rurali.

Sono stati identificati due filoni genetici di Mpox, denominati come Clade I e Clade II. Nel passato, il Clade I è stato identificato soprattutto in infezioni endemiche trasmesse direttamente da animali. L’epidemia del 2022, invece, è stata attribuita al Clade II e si è diffusa in molti paesi dentro e fuori dal continente africano, sostenuta da una trasmissione diretta interumana tra persone infette. La maggior parte dei casi si è verificata in giovani adulti, uomini che fanno sesso con uomini. Complessivamente, dal 1° gennaio 2022, 121 paesi, appartenenti a 6 diverse Regioni OMS, hanno notificato 102.997 casi di Mpox confermati in laboratorio, inclusi 223 decessi. L’epidemia del 2022 è andata esaurendosi nella maggior parte dei paesi, ma sono rimasti diversi focolai in Africa.

A settembre 2023 un focolaio epidemico, sostenuto da trasmissione interumana, causato da una nuova variante del Clade I, denominato Clade Ib (differenziato dalla variante precedente denominata Clade Ia), è stato identificato nella zona orientale della RDC e successivamente nuovi casi sono identificati in Burundi, Kenya, Rwanda e Uganda. Il nuovo clade virale si sta diffondendo rapidamente attraverso l’Africa Centrale ed è stato uno dei motivi principale di allarme. Due casi sono stati identificati fuori dall’Africa: uno in Svezia e uno in Thailandia, in viaggiatori provenienti dalle zone affette.

Gli epidemiologi hanno anche registrato focolai di contagio con rapporti eterosessuali, che non erano stati identificati frequentemente nell’epidemia del 2022, dovuta al Clade II, e sembra assodato che si stiano diffondendo contemporaneamente due epidemie ognuna sostenuta da un ceppo diverso di Mpox e con quadri epidemiologici differenti. Per esempio, la maggior parte dei circa 20mila casi e 975 decessi di sospetto Mpox registrati nella RDC tra gennaio 2023 e aprile 2024 si sono verificati tra bambini e ragazzi sotto i 15 anni di età, suggerendo la combinazione di diverse modalità di contagio, tra cui l’esposizione ad animali infetti e la trasmissione intrafamiliare per contatto diretto.

Le infezioni attribuite a infezioni da Clade Ib, invece, sembrano essere trasmesse prevalentemente tramite rapporti sessuali, in larga proporzione eterosessuali. Nella provincia di Sud Kiwu della RDC, più della metà dei casi con infezione confermata tra la fine del 2023 e l’inizio del 2024 riguardava donne, di cui circa un terzo lavoratrici sessuali.

Nel 2024 (al 25 agosto) il numero delle notifiche è aumentato e 14 paesi hanno notificato 3.659 casi confermati. Il numero di casi confermati dipende dalla capacità dei locali sistemi di sorveglianza e dall’accesso ai servizi sanitari per le diagnosi e i casi sono certamente molti di più di quanto riportato. Anche la stima della letalità è complicata dall'incompletezza degli accertamenti eziologici. La curva epidemica mostra un notevole incremento nel numero di casi segnalati dalla scorsa primavera e centinaia di casi riportati ogni settimana. La dichiarazione dell’OMS di evento di rilevanza internazionale è legata alla necessità di sbloccare le risorse da utilizzare in caso di emergenze sanitarie per pagare personale e supporto tecnico, ma certamente il rischio di diffusione anche in altri continenti delle infezioni non è remoto, se non si mettono in campo azioni adeguate. I principi epidemiologici di base, come realizzare una buona sorveglianza epidemiologica, rintracciare i contatti dei casi e isolare le persone contagiose, sono ancora gli strumenti fondamentali per arginare l’epidemia. Tuttavia ci sono ancora diversi aspetti scientifici da chiarire: il più importante è senz’altro capire se il Clade Ib sia più contagioso delle varianti precedenti e se sia più letale. La stima di pericolosità delle infezioni è molto complicata dalla presenza di infezioni da HIV e da malnutrizione. Per ora non è stato identificato un trattamento efficace e mancano dati sufficienti di sicurezza ed efficacia per l’utilizzo esteso di vaccini antivaiolosi.

Molte caratteristiche di quanto sta accadendo ricalcano esperienze già vissute, come la diffusione delle infezioni da HIV, la difficoltà a intervenire su catene di contagio dovute a rapporti sessuali (ancora oggetto di stigma in molte aree del mondo), la mancanza di infrastrutture di sanità pubblica adeguate e soprattutto la difficoltà a mettere in campo studi scientifici e risposte adeguate.

L’eradicazione del vaiolo, raggiunta nel 1980 con massicce e capillari campagne di vaccinazione e una stretta sorveglianza epidemiologica ha dimostrato che obiettivi ambiziosi possono essere raggiunti con attività mirate, mantenute nel tempo, e ha lasciato il beneficio di estese popolazioni immunizzate contro virus della stessa famiglia del vaiolo. Ora è necessario ricostruire un'efficace azione di governance internazionale che riesca a guidare le risposte a nuove e vecchie minacce per la salute di tutti e a ridurre le disuguaglianze.

 


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