Tra le "mille proroghe" del decreto legge c'è anche quella della norma italiana sulla sperimentazione animale, che recepisce la direttiva europea ma escludendo l’impiego di animali per le sostanze d’abuso e gli xenotrapianti. Ma è davvero possibile, a oggi, escludere gli animali non umani da questi due ambiti di ricerca? E come possono impegnarsi i ricercatori italiani, per esempio su un progetto europeo che iniziasse ora e della durata di quattro anni, se nel 2021 la sperimentazione animale su sostanze d’abuso o xenotrapianti diventasse fuorilegge?
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Si avvicina la data in cui il decreto legge “Milleproroghe” verrà convertito in legge dal Parlamento italiano. Fra queste mille c’è anche la proroga al primo gennaio 2021 dell’applicazione della norma italiana1 che ha recepito la direttiva europea in tema di sperimentazione animale2, escludendo però l’uso di animali per le sostanze d’abuso e gli xenotrapianti. Di proroga in proroga, i nostri ricercatori hanno potuto continuare in questi cinque anni ad avvalersi di modelli animali anche per questi due ambiti non secondari. Ma questo procedere per proroghe annuali sta complicando la vita ai nostri centri di ricerca, che devono decidere investimenti e partecipare a progetti pluriennali. Come impegnarsi, per esempio, su un progetto europeo che iniziasse ora e della durata di quattro anni, se nel 2021 la sperimentazione animale su sostanze d’abuso o xenotrapianti diventasse fuorilegge in Italia?
Nei prossimi giorni la questione verrà affrontata nelle Commissione Bilancio e Affari Costituzionali, presiedute rispettivamente dall’onorevole Claudio Borghi e dall’onorevole Giuseppe Brescia. Alle Commissioni stanno pervenendo varie richieste di audizione, fra cui quella del Gruppo 2003. L’oggetto del contendere è la rilevanza dei temi che la legislazione italiana vorrebbe stralciare dalla Direttiva europea, ma anche l’esistenza di tecniche alternative all’uso di animali nella ricerca.
Uno dei documenti inviati alla Commissione si intitola “Relazione sul ricorso alla sperimentazione animale per le sostanze di abuso e xenotrapianto”, firmato dai ricercatori Cristiano Chiamulera, Gaetano Di Chiara, Cesare Galli, Emanuele Cozzi, Giuseppe Remuzzi e Giuliano Grignaschi. La relazione, intestata come Istituto Zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna, aggiorna quella già presentata nel 2016 su questi due settori di ricerca.
In sintesi, la prima parte del documento affronta il tema delle sostanze a potenziale di abuso, che possono far sviluppare in chi le assume dipendenza e astinenza nel momento dell’interruzione. Le sostanze passibili di abuso - ricordano gli esperti - non sono solo le droghe ricreative (che costituiscono peraltro un costo umano, sociale e sanitario notevole per la nostra società). In questa categoria ricadono tutte le sostanze che passano la barriera emato-encefalica, con effetti da ben considerare: in particolare analgesici, anestetici, sedativi, nonché tutte quelle sostanze per il trattamento dell’alcolismo (disulfram), dell’astinenza da oppiacei (metadone), del tabagismo (sostitutivi della nicotina, bupropione) eccetera.
Se la prima fase di sperimentazione, che caratterizza le sostanze, può essere condotta in vitro, e l’ultima fase (i trial) sull’uomo, la fase intermedia (preclinica) deve essere condotta su mammiferi (primati non umani e roditori) che vengono indotti ad autosomministrarsi in modo controllato queste sostanze per valutare dipendenza e sindrome di astinenza. Difficile farlo con un pesce, la cicoria o un vetrino di laboratorio, dato che coinvolge cose complesse come il comportamento e la neurofisiologia.
Conclusione del rapporto degli esperti: “Alla data odierna la completa sostituzione del modello animale nello studio delle proprietà di abuso dei farmaci non è realizzabile in quanto non esistono metodi alternativi in grado di valutare gli effetti comportamentali e neurobiologici/psicologici indotti dall’assunzione/somministrazione di una sostanza”. La ricerca va avanti anche sull’uso di organismi di ordine inferiore (come lo zebrafish), e si sottolinea che è importante standardizzare e semplificare i metodi di indagine per trasferirli in modo sicuro all’uomo. Ma per ora scimmie e ratti restano insostituibili, per quanto ridotti a piccoli numeri e trattati nel rispetto del norme del benessere animale.
Ragionamento simile vale per gli xenotrapianti, che occupano le ultime pagine del rapporto. Nel mondo avvengono 114.000 trapianti d’organo salvavita all’anno a fronte di una richiesta di più di un milione (OMS). La sproporzione fra domanda e offerta di organi umani (cuore, fegato, rene, polmoni) è riducibile ma è difficilmente eliminabile. Per questo è venuto spontaneo perseguire la ricerca di trapianti d’organo da altre specie, soprattutto suini (67% degli xenotrapianti come donatori) e al momento primati (ma anche suini) come riceventi.
La ricerca si concentra sulle modificazioni genetiche dei suini (ora anche via editing genetico) e su altri interventi per ridurre il rischio di rigetto acuto. Secondo i ricercatori, ci sono buone prospettive di arrivare un giorno a integrare il trapianto uomo-uomo con lo xenotrapianto da suino geneticamente modificato per “spegnere” i principali geni responsabili del rigetto, e quindi ridurre le terapie immunosoppressive sul ricevente. Già oggi il trapianto di cornea suino-primate è durato fino a 933 giorni, il trapianto di neuroni 521 giorni, quello di cuore più di 500 giorni e quello di reni 240. “È importante sottolineare che, anche in questo caso, come per le sostanze di abuso, proprio il progresso scientifico e la maggiore consapevolezza etica dei ricercatori ha consentito di ottimizzare l’utilizzo di animali e a compiere valutazioni preliminari con metodiche in vitro prima di passare al modello animale” concludono i ricercatori. Ora la palla passa al parlamento.
Note
1. Legge 26 del 2014
2. Direttiva 63/2010