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Onde gravitazionali: due ottime notizie

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Periodo davvero propizio per chi si occupa di onde gravitazionali. Anzitutto LIGO ha rilevato le tracce di un’altra fusione di buchi neri: un evento che ha coinvolto oggetti meno massicci di quelli responsabili del segnale dello scorso settembre, ma che si è manifestato con un segnale più prolungato. Altrettanto importante, poi, la pubblicazione dei primi risultati ottenuti da LISA Pathfinder: ottime referenze per l’ambizioso progetto di un osservatorio spaziale per onde gravitazionali. Ne parliamo con Stefano Vitale, Principal investigator di LISA Pathfinder.

Nuova fusione di buchi neri

Lo scorso 26 dicembre le antenne di LIGO hanno catturato un nuovo treno di onde gravitazionali, confermando appieno la bontà delle apparecchiature costruite per stanare queste elusive increspature della struttura dello spazio-tempo. Anche stavolta, come era stato per l’ormai storico evento rilevato in settembre, i responsabili di quelle increspature sono due buchi neri - uno di 7.5 e l’altro di 14.2 masse solari, dunque meno massicci dei precedenti - che si sono fusi in un unico oggetto liberando l’equivalente di una massa solare in energia gravitazionale. Il catastrofico incontro dei due buchi neri risale a circa 1,4 miliardi di anni fa e il segnale innescato da quella fusione, benché di intensità minore rispetto al precedente, non è sfuggito alle antenne di Hanford (Washington) e Livingston (Louisiana). A causa delle minori masse coinvolte, le onde gravitazionali emesse nell’evento sono state caratterizzate da una frequenza maggiore e questo le ha messe alla portata di LIGO per un tempo più lungo. Lo studio dei segnali ha infatti permesso di individuare almeno 55 orbite nel secondo che ha preceduto il momento della definitiva fusione tra i due oggetti. L’importanza della rilevazione del giorno di santo Stefano viene ulteriormente accentuata dalla scoperta che uno dei due buchi neri ruotava su se stesso come una trottola, con una velocità pari a circa il 20% della velocità massima suggerita dai modelli teorici, segno inequivocabile di una tormentata storia alle sue spalle.

Molto significativo il commento rilasciato a Media INAF da Fulvio Ricci (ricercatore INFN e direttore dell’European Gravitational Observatory, la collaborazione internazionale che gestisce il rilevatore VIRGO nei pressi di Pisa): «Questo secondo evento ha caratteristiche sensibilmente diverse dal primo. E’ generato da buchi neri più leggeri di quelli del precedente segnale e noi siamo stati in grado di seguirne l’evoluzione per più tempo: questo ci ha consentito di caratterizzare bene il sistema, nonostante il rapporto tra il segnale e il rumore di fondo fosse di minore intensità. La caccia ai segnali generati da sistemi binari di buchi neri si è anche arricchita di un terzo evento, più debole degli altri due e quindi con una probabilità più elevata che possa essere una falsa rilevazione. Tuttavia, anche in questo caso, attribuendo a questo terzo evento un significato astrofisico, saremmo di fronte a un terzo sistema di buchi neri, che è collassato a formare un buco nero finale. Nella sostanza siamo intravedendo l’esistenza di un’intera popolazione di buchi neri, le cui caratteristiche saranno ben presto svelate nelle prossime fasi di presa dati degli interferometri avanzati».

Dunque potrebbe esserci anche un terzo evento. Raccolto il 12 ottobre scorso, deve la sua scarsa considerazione al fatto che, a differenza degli altri due, è caratterizzato da una probabilità troppo bassa di essere di origine astrofisica (solo l’87%). Siamo solo agli inizi di questa nuova branca della ricerca astronomica, ma già si possono trarre le prime importanti conclusioni e ipotizzare anche qualche dato statistico. Infatti, nel paper preparato dai ricercatori delle Collaborazioni LIGO e VIRGO, disponibile online su arXiv.org, non solo si sottolinea come le osservazioni non indichino nessuna deviazione da quanto previsto dalla Relatività generale, ma si prova a valutare anche il possibile valore del tasso con il quale potrebbero verificarsi questi episodi di fusione tra sistemi binari di buchi neri di origine stellare.

La lunga caccia alle onde gravitazionali che oggi vede come assolute protagoniste le apparecchiature di LIGO ha però un sogno nel cassetto: un sofisticato e complesso osservatorio nello spazio.

Si può fare!

Potrebbe essere questa nota battuta di un film cult degli Anni ’70 una simpatica sintesi dei primi due mesi di lavoro di LISA Pathfinder, con il sogno di quell’osservatorio spaziale che diventa sempre più concreto.

Infatti, se le notizie che ci vengono dalle rilevazioni di LIGO sono importanti e di buon auspicio, ancora di più lo sono quelle relative alla missione dell’ESA. Lanciata lo scorso dicembre, LISA Pathfinder ha proprio l’impegnativo compito di verificare se l’ambizioso progetto di un osservatorio spaziale di onde gravitazionali sia o non sia realizzabile. Il cuore del progetto è riuscire a mantenere un costante controllo della posizione relativa di due oggetti in caduta libera e rilevare il passaggio di un’onda gravitazionale osservando la variazione nella distanza che separa i due oggetti indotta dall’onda. Misurazioni incredibilmente sofisticate, per le quali è cruciale eliminare ogni possibile altro disturbo. A LISA Pathfinder spetta il delicato compito di verificare se, con la tecnologia attualmente disponibile, sia possibile collocare e mantenere le due masse di prova di cui è dotato il sistema in una situazione di pressoché perfetta caduta libera.

Lanciata dalla base di Kourou (Guyana Francese) il 3 dicembre, la sonda ha raggiunto la sua destinazione, a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra, il 22 gennaio e, dopo i controlli di rito, all’inizio di marzo ha dato ufficialmente il via alle attività scientifiche previste dalla missione. Misurazioni accurate e delicate che dovevano verificare se il complesso apparato di controllo delle due masse di prova garantisse la precisione richiesta. Lo scorso 7 giugno i responsabili scientifici dell’esperimento - tra i quali il Stefano Vitale (Università di Trento), Principal investigator di LISA Pathfinder - hanno pubblicato su Physical Review Letters i primi risultati dell’esperimento.

Dai primi due mesi di osservazione emerge come la missione abbia superato le più rosee aspettative. I risultati ottenuti sono a dir poco straordinari, almeno cinque volte superiori a quanto si potesse prevedere, dunque ben al di sotto della soglia necessaria alle misurazioni richieste per l’individuazione delle onde gravitazionali. Il GRS (Gravitational Reference Sensor), il complesso sistema progettato e realizzato con il contributo decisivo dei ricercatori dell’Università e dell’INFN di Trento e con il finanziamento dell’Agenzia Spaziale Italiana, ha mostrato di funzionare alla perfezione, rendendo decisamente più concreta la possibilità di coronare il sogno di un osservatorio gravitazionale nello spazio.

Nelle frequenze tra 0,1 e 0,6 mHz, le frequenze più basse coinvolte nell’esperimento, è stata rilevata la presenza di una minuscola forza centrifuga in azione sulle masse di prova. Alla sua origine la rotazione della sonda, necessaria per mantenere i pannelli solari puntati verso il Sole e l’antenna di trasmissione puntata verso la Terra, e il rumore di fondo riconducibile ai puntatori stellari. Di questo disturbo si è dovuto ovviamente tener conto nell’analisi dei dati, rimuovendolo dalle misurazioni di LISA Pathfinder. Questo intervallo di frequenze, benché al di fuori degli obiettivi della missione, rientra appieno tra le prestazioni richieste per l’osservatorio spaziale e richiederà interventi di miglioramento.

Nelle frequenze intermedie, tra 1 e 60 mHz, i risultati del sistema sono andati abbondantemente al di là le previsioni, con una precisione oltre cinque volte superiore a quanto richiesto. Il controllo delle masse di prova è stato unicamente disturbato dall’interazione delle due masse con le molecole di gas ancora presenti negli involucri che ospitano i due cubi di oro e platino in caduta libera.

Il sistema ha dato il meglio di sé alle frequenze più elevate (tra i 60 mHz e 1 Hz), intervallo in cui le prestazioni hanno già surclassato di un fattore 100 i livelli di precisione richiesti dal futuro osservatorio spaziale. L’unica fonte di disturbo registrata in questo intervallo dal team di LISA Pathfinder è il rumore strumentale riconducibile all’Optical Metrology Subsystem, il complesso sistema ottico di misurazione cui compete la registrazione della posizione e dell’orientamento delle masse di prova.

Come ha avuto modo di sottolineare Karsten Danzmann, direttore del Max Planck Institute for Gravitational Physics e Co-Principal investigator del LISA Technology Package, «con LISA Pathfinder siamo riusciti a creare il luogo più tranquillo mai osservato dall’umanità. Solamente riducendo ed eliminando tutte le fonti di disturbo abbiamo potuto osservare il più perfetto moto di caduta libera mai creato finora. E questo ci ha dato la prova che possiamo costruire LISA, l’osservatorio spaziale di onde gravitazionali.»

L’intervista

Per fare il punto sui risultati della missione e gli sviluppi futuri per questa neonata branca dell’Astronomia, abbiamo coinvolto Stefano Vitale, ordinario di Fisica sperimentale all'Università di Trento e Principal investigator di LISA Pathfinder.

Prof. Vitale, anzitutto complimenti vivissimi per gli splendidi risultati ottenuti da LISA Pathfinder e dal suo Gravitational Reference Sensor. Si tratta di risultati in linea con le vostre previsioni e con i test effettuati prima del lancio, oppure l’esperimento ha sorpreso anche voi? Qual è il risultato più importante raggiunto dall’esperimento?
Sapevamo che avremmo probabilmente fatto meglio di quanto richiesto, ma siamo stati certamente sorpresi dalla relativa rapidità con sui abbiamo raggiunto in nostri risultati. La cosa più importante è stato dimostrare che LISA, l’osservatorio gravitazionale spaziale cui Europa e Stati Uniti lavorano da tanti anni, funzionerà come previsto e potrà “ascoltare” lo spazio profondo, molto vicino all’epoca del Big Bang.

Leggendo le specifiche di LISA Pathfinder si intuisce che ci troviamo dinanzi a un sistema davvero molto delicato e complesso. Quali sono le componenti che, più di altre, hanno dato filo da torcere in fase di progettazione e realizzazione?
Beh, lo scopo dell’esperimento - e la parte che ha richiesto gli studi di fisica più difficili e approfonditi - era creare intorno a una massa di prova una situazione in cui essa fosse quasi completamente libera da forze. Parliamo di meno di un milionesimo di un miliardesimo della forza di gravità sulla terra. Solo così essa si può muovere libera nello spazio-tempo e rivelare se questo viene curvato dal passaggio delle onde gravitazionali. Questa parte, tuttavia, è stata relativamente semplice rispetto alle reali difficoltà pratiche: problemi di lavorazione industriale di questa o quella componente, meccanismi che non si riusciva a far funzionare, fornitori in ritardo… Senza un fantastico team integrato di scienziati, ingegneri e industrie aerospaziali non ce l’avremmo mai fatta.

Gli ottimi risultati diffusi in questi giorni rendono decisamente più concreto il sogno di un osservatorio spaziale di onde gravitazionali, anche se sappiamo che la precisione richiesta, soprattutto alle frequenze più basse, deve essere ulteriormente migliorata. A che punto siamo per questo ultimo salto?
Mah! A dire il vero, in pratica ci siamo. Con le prestazioni che abbiamo dimostrato, LISA sarà già un grande osservatorio. Tuttavia noi vogliamo capire approfonditamente il sistema fisico, chiarire tutte le zone d’ombra e anche raggiungere prestazioni un po’ migliori. A questo sono dedicati i numerosissimi esperimenti che stiamo conducendo su LISA Pathfinder e che condurremo ancora nei prossimi mesi, dato che l’ESA ci ha appena autorizzato altri sei mesi di operazioni.

In attesa che l’osservatorio spaziale LISA diventi realtà e VIRGO inizi le sue osservazioni, ci pensano gli incoraggianti risultati di LIGO a dare consistenza alla difficile caccia alle onde gravitazionali. Cosa ne pensa di questo promettente nuovo filone di ricerca che è l’astrofisica gravitazionale? Possiamo già parlare di svolta epocale?
Sì, siamo già al di qua della svolta epocale. Abbiamo per la prima volta ascoltato il “suono gravitazionale” di una componente dell’Universo, due buchi neri, che non possiamo “vedere” con la luce. E l’Universo che non possiamo vedere è il novantanove e mezzo per cento del tutto. Dunque, buon ascolto!

Claudio Elidoro intervista Stefano Vitale

Per approfondire:
Commento di David Reitze (LIGO Laboratory) alle prestazioni di LISA Pathfinder
Video del media briefing della presentazione dei primi risultati della missione

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