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Paolo Budinich, il realista visionario

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È morto Paolo Budinich, il fisico – il visionario – che ha restituito un’anima a Trieste. Dando un contributo straordinario, addirittura decisivo, a trasformare una “città marinara”, che era stata il più grande porto di un impero, quello austro-ungarico, e che poi aveva vissuto un periodo drammatico di declino e di conflitti, in una “città cognitiva”, il centro italiano a maggiore intensità di ricerca scientifica e sviluppo tecnologico. Trieste che aveva perduto la sua anima marinara ne ha così acquisita un’altra, scientifica.

Nato nel 1916 a Lussino, un’isola della Croazia dove la famiglia aveva riparato per evitare i pericoli della prima guerra mondiale, Paolo Budinich si era laureato in fisica alla Normale di Pisa nel 1939. Aveva poi attraversato avventurosamente la seconda guerra mondiale. Ritornato a Trieste ed entrato come docente nell’università, ha iniziato a lavorare da fisico e da visionario. Ovvero da persona che ha uno sguardo lungo, capace di guardare lontano.
Dopo la seconda guerra mondiale, la breve ma tragica occupazione dell’esercito di Tito e il governo alleato, Trieste è tornata all’Italia con profonde ferite e nessun ruolo. Almeno, nessun ruolo degno del passato. Budinich ha pensato fosse suo compito di uomo di scienza contribuire alla rinascita della città. Siamo una città ponte, sosteneva. Non solo tra Est e Ovest. Ma anche tra Nord e Sud del mondo. E se negli anni ’50 del secolo scorso la comunicazione tra l’Occidente e l’Oriente era pressoché impedita dalla cortina di ferro che, per dirla con Churchill, era stata eretta tra Stettino e, appunto, Trieste, il passaggio dal nord al sud del mondo era tutto da esplorare. La scienza poteva proporsi come un ponte solido e utile.
I giovani dei paesi del Terzo Mondo (così si chiamava allora) non hanno la possibilità di studiare la fisica ad alto livello nel loro paese. O emigrano e non tornano più o rinunciano. Creiamo un centro di fisica teorica a Trieste dove offrire una terza opportunità: formarsi al massimo livello e poi tornare a casa per creare, con la scienza, le condizioni per lo sviluppo.
Nacque così, all’inizio degli anni Sessanta, il Centro internazionale di fisica teorica: il primo al mondo su cui ha sventolato la bandiera delle Nazioni Unite. Budinich ebbe anche l’intuizione di chiamare a dirigerlo un fisico teorico pakistano, Abdus Salam, che di lì a poco avrebbe ottenuto il premio Nobel. Il primo scienziato islamico laureato a Stoccolma. Trieste divenne nota in tutto il mondo.
L’azione di Budinich non si è fermata lì. Un a paio di decenni dopo ha creato e, in un primo tempo, diretto la Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA), la scuola di eccellenza che è stata la prima in Italia a istituire corsi di post-laurea e a rilasciare un diploma di PhD. Budinich ha poi contribuito più di ogni altro a creare sul Carso, alle porte di Trieste, l’Area Science Park, il parco scientifico e tecnologico più grande d’Italia, che ospita numerosi centri di ricerca e laboratori, tra cui il Sincrotrone e il Centro internazionale di ingegneria genetica e biotecnologia (ICGEB), il primo centro delle Nazioni Unite che si occupa di biologia e che ha tre teste: a Trieste, a Nuova Delhi in India e a Città del Capo, in Sud Africa.
Con queste strutture e altro ancora quel “generatore di creatività”, come lo ha definito il collega Erio Tosatti, Budinich a dato il massimo e decisivo contributo a creare il “sistema Trieste”: una rete di centri, laboratori e istituti che, partendo praticamente da zero, hanno fatto del capoluogo giuliano la città a maggiore intensità scientifica del nostro paese e tra le prime d’Europa.
Ultimo ma non ultimo, Budinich ha contribuito anche a far maturare, a Trieste e in Italia, una cultura della comunicazione della scienza. Pensava che quella scientifica per essere vincente e contribuire allo sviluppo di un paese e delle persone che lo abitano deve essere diffusa. Per questo ha creato il primo science centre italiano (L’Immaginario Scientifico) e il primo Master in comunicazione della scienza del paese (alla Sissa, in collaborazione con il giornalista Franco Prattico). Probabilmente nessuno scienziato italiano ha mai fatto tanto per la sua città.

Paolo Budinich è morto giovedì notte, 14 novembre, all’età di quasi 97 anni. È stato attivo fino a poco tempo fa. Lavorava alla realizzazione di una rete di università in Africa, capace di formare i giovani del continente nero con standard elevatissimi. Convinto com’era che per sottrarre i popoli alla povertà e al sottosviluppo non occorra regalare loro il pesce, ma dargli una canna da pesca e insegnare loro a pescare. E convinto com’era che, nell’era della conoscenza, la migliore canna da pesca è quella della scienza.

Pubblicato su L'Unità, 16 novembre 2013

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