Immaginare la presenza di altri mondi nell’Universo oltre al nostro, magari popolati da strane creature, ha da sempre accompagnato il pensiero umano. Grandi personaggi del pensiero classico come Democrito, Epicuro o di un’epoca più recente come Giordano Bruno avevano già ipotizzato che non siamo soli nell’Universo. Bisogna, però, aspettare il 1995 perché si possa osservare con un telescopio il primo pianeta extra-solare orbitante attorno ad una stella simile al nostro Sole. Da allora, ogni giorno un nuovo pianeta extrasolare è scoperto e questo ha permesso la nascita di una nuova branca dell’astronomia: la planetologia extra-solare. Oggi, dopo circa quindici anni dalla prima scoperta, ben 453 pianeti extrasolari sono stati scoperti e circa 385 stelle sono state viste avere pianeti che orbitano intorno (http://planetquest.jpl.nasa.gov/). Le tecniche che gli astronomi usano per scoprire nuovi pianeti extra-solari sono molteplici e raffinate. Queste richiedono l’uso dei più grandi telescopi oggi costruiti dall’uomo e posti nei luoghi più remoti del nostro pianeta. Tuttavia ciò non basta. Operano, infatti, da qualche tempo svariati telescopi spaziali – gli europei CoRoT e Spitzer e gli americani Kepler e Hubble – che, orbitando fuori dall’atmosfera terrestre, permettono di osservare meglio lo spazio profondo andando, quindi, a caccia di deboli segnali di eso-pianeti.
Così come avviene nel nostro Sistema Solare, anche i pianeti che orbitano attorno ad altre stelle hanno dimensioni, composizione chimica e distanze dalla stella centrale diverse. Quindi, ci aspettiamo di osservare pianeti rocciosi con e senza atmosfera come Mercurio, Venere, Terra e Marte, gassosi di grandi dimensioni come Giove e Saturno, o corpi molto freddi e possibilmente ricoperti di ghiacci come Plutone. Se tra questi pianeti extra-solari si riuscisse a “notare” un pianeta di natura simile alla Terra con un’atmosfera e, se di questa si riuscisse a studiare la composizione chimica, si potrebbe riuscire a trovare magari qualche “impronta” che sia legata alla presenza di una possibile forma vita.
Oggi tutti i pianeti extra-solari scoperti sono massici delle dimensioni circa di Giove, quindi gassosi e con caratteristiche diverse da quelle terrestri. Certamente ciò non esclude la presenza di pianeti terrestri. Rivelare la presenza di un pianeta che orbita attorno a una stella che dista anni luce da noi, è molto difficile poiché gli strumenti sono accecati dalla luce che proviene dalla stella madre e non riescono, quindi, a vedere quella debolissima emessa dal pianeta di tipo terrestre che gli orbita vicino. Ecco perché oggi solamente i pianeti giganti e distanti dalla stella sono stati rivelati.
Comunque, è possibile rivelare la presenza di un eso-pianeta e studiarne le caratteristiche dell’atmosfera grazie alla variazione d’intensità che luce subisce quando l’eso-pianeta transita davanti la stella madre
[video:http://www.youtube.com/watch?v=pf9PjFQIpzU]
Recentemente la rivista scientifica Nature ha pubblicato uno studio di alcuni colleghi astronomi olandesi effettuato grazie al VLT, il più grande telescopio terrestre costruito dai principali stati europei, Italia inclusa (figura 1). Questi hanno potuto rivelare, nel loro studio, la composizione chimica dell’atmosfera del eso-pianeta HD209458b ma, ancor più interessante, hanno potuto misurare la velocità dei venti presenti nell’atmosfera. Questo ha permesso di misurare per la prima volta in modo diretto, e attraverso una tecnica molto ingegnosa, la massa del pianeta.
#LLL# Figura 1 | Very Large
Telescope (VLT)
al Cerro Paranal in Cile.
Sono 4 telescopi con un
diametro
ciascuno di 8,2 metri che possono
osservare insieme mediante
tecnica di
interferometria
#LLL# Figura 2 | Segnale Doppler
di un eso-pianeta in transito
di fronte la stella madre
Snellen con i suoi colleghi ha, infatti, centrato le osservazioni su una regione particolare dello spettro elettromagnetico, il vicino infrarosso tra 2,29 e 2,35 micron. In questa regione cadono diverse righe spettrali che sono caratteristiche di alcune molecole come l’acqua, l’ossido di carbonio o il metano. Durante il transito davanti alla stella madre, la luce di questa attraversa il sottile strato dell’atmosfera dell’eso-pianeta e, così, viene assorbita dalle molecole presenti.
Studiando le righe di assorbimento durante le fasi di avvicinamento e di allontanamento del pianeta (effetto Doppler), gli autori hanno notato uno spostamento della frequenza delle righe molecolari (figura 2), così come avviene con il fischio del treno percepito dal nostro orecchio quando questo ci passa accanto ad alta velocità, sentiamo un suono cambia di frequenza. Con questa tecnica è stato, quindi, possibile misurare la velocità di transito del pianeta (140 km al secondo) attorno alla stella, la sua massa (circa 2/3 la massa di Giove) ma anche le molecole presenti nell’atmosfera planetaria. Gli autori hanno rivelato, chiaramente, la presenza di CO ma non di acqua o metano. Un risultato certamente interessante.
Snellen e colleghi hanno usato uno solo dei quattro telescopi di VLT. Oggi si sta progettando la costruzione di nuovi telescopi con dimensioni ancora maggiori. L’Europa ha in programma la costruzione del European Extremely Large Telescope un telescopio di 42 metri di diametro che darà sicuri progressi negli anni futuri nella ricerca della presenza di altre terre nell’Universo.