fbpx Terremoti e ponte sullo stretto | Scienza in rete

Ponte sullo Stretto e disinformazione scientifica

Tempo di lettura: 6 mins

Nei giorni scorsi la rubrica "Data Room" di Milena Gabanelli è stata dedicata al Ponte sullo Stretto, con una parte sugli studi scientifici sul rischio sismico che lo renderebbero un'opera azzardata. Peccato che le fonti e le argomentazioni utilizzate abbiano rivelato gravi errori e approssimazioni. Si può pensare quello che si vuole sul Ponte, essere giustamente cauti e prendere il tempo che ci vuole prima di passare alla fase esecutiva del progetto. Ma per favore riportiamo con serietà quello che dice la scienza.
Immagine di copertina: Modelli della sorgente del terremoto che ha colpito lo Stretto di Messina il 28 dicembre 1908. Fonte: The Messina Strait Bridge. A Challenge and a Dream, CRC Press, Taylor & Francis Group (2010).

Il dibattito sul Ponte sullo Stretto di Messina si è riacceso in questi giorni, complici la campagna per le elezioni del Parlamento europeo e un articolo pubblicato sul Corriere della sera del 27 maggio a firma di Domenico Affinito e Milena Gabanelli, per la rubrica “Data Room”.

L’articolo rileva una serie di limiti nella progettazione dell’opera, che ricordiamo sarebbe il ponte sospeso più lungo del mondo, con una distanza tra le due torri pari a 3.300 metri, circa il 60% in più del più lungo ponte sospeso costruito a oggi, quello di Çanakkale in Turchia, lungo 2.000 metri.

Tra i limiti individuati dai due giornalisti c’è quello della progettazione sismica, ed è su questo che vogliamo concentrarci.

I due autori portano una serie di argomenti per dimostrare che il progetto del 2011, quello da cui è ripartito il governo Meloni per riavviare la realizzazione del ponte nel 2023, e l’aggiornamento presentato a ottobre scorso dal consorzio Eurolink, incaricato di costruire il ponte, non considerino adeguatamente il rischio sismico che minaccerebbe la struttura. Ricordiamo che questa sarebbe effettivamente costruita in una delle zone a maggiore sismicità del paese. Il 28 dicembre 1908 alle 5:20 del mattino Messina e Reggio Calabria vennero scosse da un terribile terremoto, che provocò oltre 75.000 morti. Si tratta del terremoto più intenso mai registrato in Europa da quando esistono le stazioni sismiche (110 furono quelle sparse nel mondo che rilevarono il terremoto quella mattina) e si stima abbia avuto magnitudo 7,1.

Tuttavia, gli argomenti proposti da Gabanelli e Affinito, sono estremamente deboli, quando non del tutto falsi. La valutazione di un’opera tanto complessa, e costosa, è necessariamente multidimensionale e qui non abbiamo l’ambizione di farne una esaustiva. Vogliamo solo sottolineare che se l’iniziativa ha dei limiti, questi non vanno cercati dove non ci sono. Ma cominciamo.

Gli autori affermano che nel 2021 “le università di Catania e Kiel annunciano la scoperta di una faglia attiva di 34,5 chilometri lungo lo stretto di Messina, mai mappata, che ha deformato il fondale marino e che è in grado di scatenare terremoti di magnitudo 7,1 - il livello massimo sopportabile dalla struttura. L’aggiornamento del progettista non ne tiene conto”.

Lo studio cui si riferiscono è stato pubblicato sulla rivista Earth-Science Reviews e coordinato da Giovanni Barreca, geologo dell’Università di Catania. Barreca e collaboratori propongono una nuova ipotesi su forma, posizione e caratteristiche della faglia responsabile del terremoto del 1908 che ebbe, appunto, magnitudo 7,1. L’ipotesi di Barreca e dei suoi coautori si aggiunge a una decina di altre avanzate dagli scienziati a partire dagli anni Settanta (qui lo studio più citato, firmato nel 1992 da Gianluca Valensise e Daniela Pantosti dell’INGV). Questi studi si basano su vari tipi di dati, ma tutti considerano quelli relativi alla variazione del livello del suolo osservata dopo la scossa del 1908 e raccolti fortuitamente dall’ingegner Antonio Loperfido dell’Istituto geografico militare.

Lo studio coordinato da Barreca aggiunge dati di tomografia del fondale marino ottenendo una conclusione diversa dagli studi precedenti. Conclusione tuttavia contestata da due diversi gruppi di ricercatori (qui e qui) sulle pagine della stessa rivista a distanza di qualche mese dalla pubblicazione iniziale.

Per quel che riguarda la seconda affermazione di Gabanelli e Affinito su questo studio, cioè che la relazione di aggiornamento del progetto non ne tenga conto, basta sfogliare le sue 555 pagine, disponibili sul sito della Stretto di Messina Spa, per vedere che a pagina 82 quello studio viene citato tra quelli che saranno presi in considerazione nel passaggio dal progetto definitivo a quello esecutivo, necessario ad avviare le opere di costruzione. Il Comitato scientifico, nominato dalla Stretto di Messina e incaricato di rivedere la relazione di aggiornamento, ha concordato su questa necessità (pagina 14 del Parere del Comitato).

A conclusione di queste osservazioni, ne va aggiunta una di metodo.

Nel progettare un’opera così complessa, il modo in cui viene considerato il rischio sismico è molto poco sensibile ai dettagli di forma, posizione e caratteristiche della faglia sorgente, come spiegato in un articolo di approfondimento pubblicato su Nature Italy. Si fonda infatti su considerazioni di natura statistica, basate per lo più sulla storia dei terremoti in un’area di circa 300 chilometri intorno al punto di attraversamento del ponte. Analizzando i dati storici si determina il terremoto con tempo di ritorno di 2.000 anni, il massimo terremoto a cui una struttura di questa portata deve resistere. Per confronto, le normali abitazioni vengono progettate per resistere a terremoti con tempi di ritorno pari a 500 anni, quindi molto meno intensi.

Un approccio complementare a questo ma poco esplorato nel progetto del 2011 è quello che gli scienziati chiamano physics-based, che parte invece proprio dalle caratteristiche della faglia ritenuta responsabile del terremoto di progetto, ne simula lo scivolamento e ne propaga gli effetti attraverso la crosta terrestre tenendo anche in considerazione il tipo di suolo incontrato dalle onde sismiche che le può amplificare o attenuare. “Negli ultimi dieci anni ci sono stati progressi nelle simulazioni basate su modelli fisici e un aumento notevole delle capacità di calcolo, questo approccio potrebbe essere ampliato nel passaggio al progetto esecutivo", ha spiegato a Nature Italy Ezio Faccioli, ingegnere sismico, consulente per il progetto del 2011 e membro dell’Expert panel che affianca il consiglio di amministrazione della Stretto di Messina.

Eurolink ha dichiarato nella relazione di aggiornamento che amplierà questo approccio, oltre a tenere in considerazione altre novità, come le sequenze sismiche misurate nel 2016 nell’Italia Centrale. In quell’occasione infatti vennero registrate accelerazioni record, probabilmente perché i sismografi erano per la prima volta vicini agli epicentri. Quelle misure hanno convinto i ricercatori che i modelli a loro disposizione sottostimavano le accelerazioni vicine all’epicentro. Faccioli però non si aspetta sorprese da queste ulteriori analisi, “penso che i margini di sicurezza introdotti nella progettazione antisismica dell’opera siano sufficienti ad assicurare che la struttura resista a quelle accelerazioni”. Ha anche aggiunto che “non bisogna commettere l’errore di progettare la struttura per terremoti di intensità arbitrariamente grande. Ci sono dei limiti all’intensità dettati dalle caratteristiche sismo tettoniche dell’ambiente dello Stretto”.

Più avanti nell’articolo, Affinito e Gabanelli affermano che esiste un nuovo studio realizzato dal Comune di Villa San Giovanni che identificherebbe una nuova faglia sul versante calabrese dello Stretto e che cadrebbe esattamente nel punto in cui si progetta di ancorare al suolo una delle due torri del ponte. Non ci sono riferimenti precisi allo studio ma la fonte che sembra più plausibile è una serie di articoli pubblicati sulle pagine palermitane della Repubblica. Lo studio in questione sarebbe stato realizzato dall’ingegnere Paolo Nuvolone a titolo gratuito per il Comune di Villa San Giovanni, non ancora pubblicato su alcuna rivista scientifica e dunque non sottoposto al giudizio dei pari.

L’impressione è che Affinito e Gabanelli non abbiano dimestichezza con il processo di produzione della conoscenza scientifica, che prevede un continuo aggiustamento delle ipotesi più plausibili, sempre affette da incertezza, e un vaglio collettivo di tali aggiustamenti.

Se c’è un punto, per quel che riguarda la progettazione e la costruzione del ponte, su cui è fondamentale che i giornalisti vigilino è che il progettista onori le promesse fatte nella sua relazione di aggiornamento e la cui necessità è stata confermata dal Comitato scientifico della Stretto di Messina.

I punti da considerare sono molti e la progettazione esecutiva richiede tempo. Durante le audizioni parlamentari svolte ad aprile 2023 un rappresentante della WeBuild, la società capofila del consorzio Eurolink, aveva affermato che sarebbero stati sufficienti 8 mesi per sviluppare il progetto esecutivo visto che il progetto preliminare era stato realizzato con grande dettaglio. Il ministro delle infrastrutture e dei trasporti Matteo Salvini continua ad affermare che, nonostante nel frattempo siano arrivate ulteriori e numerose osservazioni da parte della commissione di valutazione di impatto ambientale, i cantieri apriranno nel 2024. La pressione politica è alta, ma gli esperti ritengono non cauto comprimere il passaggio alla fase esecutiva del progetto.

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Ci stiamo finalmente avvicinando a un vaccino contro HIV?

vaccino HIV

Dalla metà degli anni '80, quando fu scoperto l'HIV e si dimostrò il nesso causale con l'AIDS, la ricerca per sviluppare un vaccino non si è mai arrestata. Ma nonostante l’impegno della comunità scientifica e una quantità ingente di ininterrotti finanziamenti, vi sono stati solo fallimenti (con un’unica, parziale eccezione): ora, però, la scoperta che una frazione di individui infettati produce anticorpi neutralizzanti ad ampio spettro ha portato allo sviluppo di nuovi vaccini sperimentali, attualmente in fase di sperimentazione clinica, con strategie innovative come il Germline Targeting.

Crediti immagine: Immagine di freepik

Nel suo libro autobiografico appena uscito, On call. A doctor’s journey in public health, Anthony S. Fauci, per 38 anni a capo del National Institute for Allergy and Infectious Diseases di Bethesda, USA, si dichiara scettico sulla possibilità di scoprire un vaccino per prevenire l’infezione dell'HIV, causa della sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS), letale al 95% in assenza di terapia. Tuttavia, la necessità di un vaccino anti-HIV, soprattutto nei paesi più poveri con scarso accesso alla terapia antiretrovirale di combinazione (cART), rimane intatta.