Ridurre il
numero dei suicidi tra gli adolescenti è possibile. Come? Attraverso la
prevenzione. E' questo il dato interessante che emerge da uno studio pubblicato
da The Lancet: agendo sulla
promozione dei corretti stili di vita (cura della propria e altrui salute
mentale, crescita della consapevolezza emotiva e senso di responsabilità verso
le proprie scelte) è possibile arrivare a un dimezzamento del 50 percento delle
morti tra i più giovani.
Lo studio è
basato sui dati di un progetto dai grossi numeri che si chiama Seyle (Saving and Empowering Young lives in Europe).
Undicimila gli studenti europei coinvolti in questa raccolta di dati sugli
stili di vita insalubri, provenienti da 170 scuole di dieci paesi. Tabagismo, uso
di alcool, promiscuità sessuale, violenza, bullismo, uso patologico di
internet, guida pericolosa e utilizzo delle droghe leggere sono solo alcuni
degli indicatori dell'Uls (Unhealthy life
styles). Da questi discendono sintomi gravi come ansia, depressione e
disturbi psicotici.
A dirigere il
progetto, che ha avuto un costo complessivo di 5 milioni di euro ed è stato
cofinanziato con 3 milioni dall'Unione Europea, Danuta Wasserman del Karolinska Institutet di Stoccolma. L'Italia
ha partecipato con 1000 studenti italiani, reclutati sotto la guida del vice
coordinatore scientifico del progetto, Marco Sarchiapone, del Dipartimento di
Medicina e Scienze per la Salute dell’Università degli Studi del Molise. Questo
ateneo ha ricevuto 700mila euro di finanziamento, a cui ha aggiunto 300mila
euro da risorse proprie.
Tre sono stati
i tipi di intervento per la prevenzione dei suicidi, confrontati poi con un
gruppo di controllo. Quello che è risultato più efficace è stato il metodo YAM
(Youth Aware of Mental Health). Basato
sulle campagne di consapevolezza, YAM è costruito secondo un programma
sviluppato sempre dai ricercatori del Karolinska, ma questa volta con la
collaborazione della Columbia University.
Opuscoli e poster a tema e la partecipazione a tre incontri di gruppo sui temi della salute mentale, della consapevolezza emotiva – attraverso l'uso dei giochi di ruolo per insegnare a gestire le situazioni difficili - e la possibilità di chiedere aiuto per sé e per gli altri è quanto prevede YAM. Il segreto della sua riuscita è stato la responsabilizzazione diretta degli studenti nelle scelte, senza che venissero demandate agli insegnanti. “Gli incontri, cinque ore in quattro settimane – spiega Sarchiapone – sono stati svolti con gruppi di non più di 50 studenti in cui si sono tenuti programmi articolati in modo preciso e strutturato”. Un fattore determinante per la buona riuscita dei test è l'età dei ragazzi: “Tra i quattordici e i quindici anni – spiega ancora lo scienziato – si è più sensibili ad ascoltare”. Ed è per questo che con questo metodo si è ottenuto un successo molto veloce: “Dopo un anno le condotte suicidarie si sono ridotte del 50 percento. Questo significa che dall'esperimento che abbiamo fatto all'utilizzo sono passati meno di due anni. La ricaduta economica sulla società quindi è stata immediata”.
Gli altri due esperimenti riguardavano uno il training per il personale scolastico al riconoscimento di segnali verbali e non verbali di rischio del suicidio e alla motivazione a far loro chiedere aiuto (QPR Questione Persuade and Refer). L'altro era basato sull'identificazione degli studenti a rischio attraverso un questionario (Professional Screening).