Il lavoro di Eduardo Kac (Rio de Janeiro, 1962; vive a Chicago) è sempre attuale, quanto al tempo stesso dibattuto e controverso. Sebbene le sue opere siano il risultato formale di esperienze di laboratorio, volutamente non esposto, la sua ricerca indaga gli aspetti cognitivi alla base della comunicazione e messi in atto per la costruzione di nuovi dialoghi.
Dalla metà degli anni ’80 Eduardo Kac è il pioniere della Holopoetry e della Telepresence Art, due metodi sperimentali di creazione: la prima raggiunta attraverso il mezzo olografico applicato alla scrittura, la seconda con la comunicazione tra uomo, robot e animale, interazioneresa possibile grazie all’impiego di interfacce tecnologiche.
GFP Bunny (Alba) ed Eduard Kac
Ma è alla fine degli anni ’90, con la nascita dell’Arte transgenica, termine coniato dall’artista, che Kac inizia a sorprendere con la creazione di opere viventi, sollevando questioni di ordine bioetico sulla legittimità per fini estetici di determinate pratiche. L’Arte transgenica, che nel tentativo di manipolare il genoma si avvale dell’applicazione delle tecniche proprie dell’ingegneria genetica, intende creare organismi viventi unici trasferendo le informazioni genetiche da una specie all’altra. Tra le opere più discusse a livello etico vi è senza dubbio GFP Bunny (2000), il noto “coniglio verde” di nome Alba il cui DNA è stato arricchito con un gene capace di produrre EGFP (Enhanced Green Fluorescent Protein), una versione potenziata della sostanza che conferisce luminescenza ad alcune specie di meduse. Ma Alba non è da intendersi come oggetto d’arte, bensì come soggetto che necessita di cura e interazione dialogica, poiché inserendosi in un preciso contesto implica biologicamente e socialmente la possibilità di accettazione, integrazione o rifiuto.
Edunia di Eduard Kac
Edunia (2003-2008), uno degli studi più recenti di Kac sui temi dell’ibridazione e centrale nell’esposizione al PAV di Torino, mostra infine il risultato della fusione transgenica tra un essere umano e un vegetale. La pianta - definita dall’artista “plantimal” - si offre nella sua vitalità al tatto e all’olfatto del visitatore riflettendo sulle possibilità biologiche di “divenire altro”. Attraverso l’arte transgenica diventa così prefigurabile una dimensione in cui un primo soggetto possa abitare la posizione di un secondo, riconoscendosi nell’“altro” in quanto parte costituente, e dove l’alterità rappresenta ricchezza per una nuova convivenza civile. Senza delineare un futuro distopico, come molta letteratura e cinema ci hanno abituato a immaginare, l’intento di Kac è quello di creare dei soggetti transgenici con cui stabilire una relazione capace di modificare la comune concezione della genetica. È infatti necessario, secondo l’artista, allontanarsi da una visione utilitaristica della scienza volta al solo perfezionamento delle specie, con conseguenti derive nell’eugenetica.
Ridefinendo costantemente i concetti di naturale e artificiale, Kac parla così di una biodiversità non fantascientifica che può forse diventare, se non realmente modello, alternativa praticabile.