fbpx Le meraviglie del cielo gamma | Scienza in Rete

Quanto è agitato il cielo gamma

Primary tabs

Mappa del cielo gamma in cui sono visibili i raggi gamma di energia superiore a 1 miliardo di elettronvolt (1 Gev) osservati per 5 anni dal satellite Fermi della NASA. Nella immagine spicca il piano della nostra Galassia che produce la maggior parte dei fotoni gamma catturati dagli strumenti. Credit: NASA/DOE/LAT/Frmi Collaboration

Tempo di lettura: 4 mins

A fine Settecento Immanuel Kant poteva ancora dire: “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”. Un bel paragone che voleva farci intendere che la nostra moralità era scolpita dentro di noi allo stesso modo in cui il cielo stellato brillava - immoto e maestoso - sopra le nostre teste.

Se Kant avesse potuto leggere il libro “L’universo violento” (diffuso a fine gennaio dal Corriere della Sera) scritto dall’astrofisica Patrizia Caraveo in forza all’INAF, forse non avrebbe scritto quella bella frase. Il cielo, infatti, oggi ci appare tutt’altro che tranquillo. Se allarghiamo il nostro orizzonte oltre l’astronomia ottica per abbracciare tutto lo spettro elettromagnetico, scopriamo i fotoni gamma che possono essere prodotti solo nel corso di fenomeni “violenti”, per esempio nei getti energetici potentissimi di particelle che originano dalle attività galattiche e stellari.

E’ il “cielo gamma” quello raccontato in questo libro affascinante da una delle protagoniste dell’astrofisica delle alte energie. Patrizia Caraveo, insieme al marito Giovanni (Nanni) Bignami (da poco scomparso), ha dedicato buona parte della sua carriera di astrofisica nel dare la caccia ai fotoni gamma che sgorgano dai dischi di materia risucchiata nell’inghiottitoio dei buchi neri posti al centro di quasi tutte le galassie, o che originano da pulsar o supernove nascoste nella trama del bel cielo stellato kantiano.

Caraveo ricostruisce la storia di questa lunga caccia ai fotoni gamma, iniziata con palloni negli anni ‘60 del secolo scorso, a cui sono seguiti i numerosi satelliti che hanno continuato la caccia sopra la nostra atmosfera che ci scherma provvidenzialmente dalla pioggia di raggi gamma, fino ad arrivare all’utilizzo dell’atmosfera stessa come rivelatore grazie all’utilizzo di speciali telescopi a terra. Via via con una migliore approssimazione della loro origine e direzione.

La mappa più chiara e completa - al momento - di questa tempesta energetica ci viene restituita dalle immagine del satellite Fermi operato dalla NASA e che abbiamo riportato qui sopra. Si vede chiaramente una striscia giallo-rossa che occupa il piano della nostra Galassia dove viene catturata la maggior parte dei raggi gamma prodotti dagli ancora più elusivi raggi cosmici, costituiti da protoni ed elettroni, nel loro passaggio nel mezzo interstellare. I protoni si scontrano con i protoni vaganti nel cosmo, mentre gli elettroni interagiscono o con fotoni di luce o nuclei di idrogeno, sempre producendo fotoni gamma. Sopra e sotto il piano luminescente che reca le tracce di questa attività, troviamo invece molti altri puntini meno luminosi che sono le altre sorgenti gamma celesti. Per ora la missione Fermi ne ha catalogati più di 3.000, fra galassie particolarmente attive (più della metà), stelle di neutroni pulsanti, una dozzina di resti di supernove, nuvole di pulsar, nove e stelle binarie (per vedere le mappe con le diverse sorgenti gamma vai qui).

La catalogazione di questo universo irrequieto è ancora in corso. Per completarla serviranno strumenti più sofisticati e potenti, nuovi satelliti e telescopi a terra, come la rete dei 100 telescopi Cherenkov (Cherenkov Telescope Array), distribuiti in due località nell’emisfero Nord e Sud, a cui l’INAF sta collaborando con la realizzazione di piccoli telescopi di nuova concezione, dotati come sono di un doppio specchio.

Il contributo italiano allo studio dei raggi cosmici dal quale è poi scaturito l’interesse per l’astronomia gamma viene attentamente ricostruito dall’autrice, dai primi esperimenti di Domenico Pacini a inizio Novecento, seguiti dalla spedizione in Etiopia di Bruno Rossi (1933), che scoprì la carica positiva dei raggi cosmici, quindi dalla scoperta dei positroni da parte di Giuseppe Occhialini. La comunità scientifica italiana ha poi partecipato alla maggior parte delle missioni di astronomia X e gamma, con le sonde Beppo-Sax, XMM-Newton, Integral, Swift, Agile e Fermi.

Ciò che affascina nel racconto di Caraveo è soprattutto l’emergere negli ultimi anni di una astronomia multimessaggero capace di integrare osservazioni ottiche, radio, gamma e ad altre lunghezze d’onda, con le informazioni raccolte attraverso le onde gravitazionali e i neutrini per stringere l’assedio ai residui misteri dell’universo, come l’origine dei raggi cosmici. In questo nuovo campo ci sono stati due recenti exploit nella osservazione dell’onda gravitazionale il 17 agosto 2017 da parte dei due rivelatori LIGO (USA) e VIRGO (Italia) e la “cattura” appena un mese dopo di un neutrino super energetico nei ghiacci antartici di IceCube. Due notizie che hanno avuto l’onore dei telegiornali e che la grande maggioranza delle persone ha seguito con uno stupore pari all’ignoranza di quanto fosse accaduto.

Il libro è certamente utile per diminuire questa ignoranza, senza nulla togliere allo stupore.

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Tumore della prostata e sovradiagnosi: serve cautela nello screening con PSA

prelievo di sangue in un uomo

I programmi di screening spontanei per i tumori della prostata, a partire dalla misurazione del PSA, portano benefici limitati in termini di riduzione della mortalità a livello di popolazione, ma causano la sovradiagnosi in un numero elevato di uomini. Questo significa che a molti uomini verrà diagnosticato e curato un tumore che non avrebbe in realtà mai dato sintomi né problemi. Un nuovo studio lo conferma.

I risultati di un nuovo studio suggeriscono che i programmi di screening spontanei per i tumori della prostata, a partire dalla misurazione del PSA, portano benefici limitati in termini di riduzione della mortalità a livello di popolazione, ma causano la sovradiagnosi in un numero elevato di uomini. Questo significa che a molti uomini verrà diagnosticato e curato (con tutte le conseguenze delle cure) un tumore che non avrebbe in realtà mai dato sintomi né problemi.