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Il rapporto incrinato fra scienzati e società in Italia

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Discutere della storia della scienza nell’Italia unita conduce a ripensare al ruolo dell’intellettuale scientifico in Italia, richiamando anche gli esempi di scienziati che unendo alla competenza scientifica l'apertura alla dimensione pubblica, insieme politica e imprenditoriale, abbinata a una forte vocazione pedagogica, hanno contribuito non poco allo sviluppo italiano. Ne abbiamo parlato a Siena il 10 novembre insieme a Lucio Russo, Angelo Guerraggio, con il coordinamento di Roberto Barzanti.*

Lucio Russo, fisico, ordinario di calcolo delle probabilità all'Università degli studi di Roma Tor Vergata, autore di rilevanti studi di storia della scienza, soprattutto in direzione della scienza antica e alessandrina (l'astronomia di Ipparco, l'eliocentrismo attribuito a Seleuco di Seleucia; le definizioni del I libro degli Elementi di Euclide), ha scritto opere importanti di storia della scienza come La rivoluzione dimenticata (Feltrinelli, Milano 1996, III ed. ampliata 2003, finalista del premio Viareggio per la saggistica 1997, tradotta in inglese, tedesco, polacco e greco), che trasforma radicalmente l’immagine della scienza alessandrina leggendola in rapporto alla nascita della scienza moderna; Segmenti e bastoncini (Feltrinelli, Milano 1998), che analizza l'evoluzione della scuola (in particolare italiana) negli ultimi anni, cercando di individuare i motivi strutturali che hanno determinato la deconcettualizzazione e l’impoverimento dei contenuti dell'insegnamento; e nel 2010 presso Feltrinelli Ingegni minuti. Una storia della scienza in Italia (vedi la recensione sul sito), che affronta i temi sollevati da Russo nella tavola rotonda senese.

Qui Russo ha osservato che il dato attuale della comunità scientifica italiana si può sintetizzare nell’attuale mancanza di una comunità scientifica nazionale e nell’assenza di una classe dirigente che sia composta da scienziati o che sia connessa alla ricerca scientifica. Tale situazione viene illuminata se si guarda alle debolezze storiche italiane, prodottesi alla fine dell’Ottocento, quando ha prevalso un rapporto volontaristico tra comunità scientifica e struttura produttiva. Gli industriali non si interessavano di ricerca scientifica e gli scienziati non guardavano alle possibili connessioni delle loro ricerche con la tecnologia e con l’industria. Russo a preso ad esempio il caso della nascita in Italia dell’industria elettrica. Da un lato si trovò Giuseppe Colombo, ingegnere convertitosi alla politica militante (fu anche Ministro delle Finanze nel 1891 e del Tesoro nel 1896), che comprese subito l’importanza industriale e produttiva delle ricerche di Thomas Alva Edison e favorì la costruzione dei primi nuclei dell’industria elettrica italiana con tecnici e brevetti provenienti dagli USA, dall’altro l’ingegnere Galileo Ferraris, inventore del primo motore elettrico asincrono e di ricerche che furono alla base di quelle di Edison, che però non brevettò il suo motore e lasciò così a Nikola Tesla e a Edison libero il campo per le applicazioni industriali. Russo ritrova casi simili anche nella chimica di fine Ottocento, con la disattenzione di Stanislao Cannizzaro, principale promotore dalla scuola chimica italiana alla fine del secolo, per l’industria chimica che nasceva parallelamente fuori dalle Università, e con la scoperta della nitroglicerina da parte di Ascanio Sobrero che, a differenza di Alfred Nobel, a lui debitore per la produzione della dinamite, non ne trasse nessuna applicazione industriale e nessun vantaggio pratico.

Angelo Guerraggio, docente presso la "Bocconi" e l'Università dell'Insubria di Varese, studioso di Storia della matematica, coordinatore del PRISTEM e condirettore di "Lettera Matematica PRISTEM", ha recentemente pubblicato, con Giovanni Paoloni, una biografia di Vito Volterra (Muzzio ed., Roma 2008) e con Pietro Nastasi l’importante ricostruzione storiografica L'Italia degli scienziati. 150 anni di storia nazionale, Bruno Mondadori, Milano 2010 (vedi la recensione sul sito). Guerraggio si è soffermato sul ruolo prevalente svolto dai matematici nella storia unitaria, innanzitutto nella battaglia politica che condusse all’unificazione nazionale e che contribuì allo sviluppo della scienza nei primi decenni del Regno d’Italia. Guerraggio ha quindi presentato in particole la figura di Volterra, che esemplifica il difficile rapporto tra ricerca matematica e realtà politica italiana, soprattutto dopo l’avvento del fascismo. Volterra espresse da un lato la grande capacità dei matematici di inizio Novecento di costituire un riferimento scientifico e culturale complessivo, sviluppando un ruolo dirigente nella comunità scientifica italiana – basti ricordare la fondazione nel 1907 della SIPS (Società Italiana per il Progresso delle Scienze) e successivamente, nel 1923, la nascita del CNR – e mostrando come la matematica non sia solo calcolo, ma possa trovare importanti applicazioni (Volterra si dedicò molto all’economia e alla biologia), dall’altro testimoniò drammaticamente la contrapposizione di una parte, purtroppo piccola, della comunità scientifica con un regime fascista, che imponeva scelte ideologiche rigide: il matematico anconitano, già anziano, si rifiuterà coraggiosamente nel 1931 di giurare fedeltà al fascismo.

Io mi sono soffermato su tre punti: una succinta indicazione dei paradossi italiani in relazione alla ricerca scientifica; il tentativo di dare una risposta all’interrogativo di matrice gramsciana sugli intellettuali scientifici come intellettuali “organici” e la presentazione della figura di Federigo Enriques, come “case study” sul rapporto scienza, cultura, politica. Dopo aver richiamato quanto fosse politicamente importante la presenza degli intellettuali scientifici nel Regno d’Italia, con alcuni ministri (oltre al ricordato Colombo, anche il matematico Luigi Cremona, il fisiologo Carlo Matteucci e il fisico Orso Mario Corbino) e sottosegretari (come i matematici Francesco Brioschi ed Enrico Betti), e molti senatori (Brioschi, Betti, Cremona, i fisici Giovanni Cantoni, Augusto Righi, Galileo Ferraris, Antonio Garbasso, Corbino, i chimici Raffaele Piria, Stanislao Cannizzaro, i fisiologi Matteucci, Jacob Moleschott, Giulio Bizzozero, Camillo Golgi), ho illustrato qualche aspetto della teoria gramsciana degli intellettuali, richiamando passi degli Appunti per una introduzione e un avviamento allo studio della filosofia e della storia della cultura, raccolti nel Quaderno 11 del 1932/33 e la classica definizione consegnata al Quaderno 19 del 1934/35. In questo quadro andrebbe collocato il concetto di “intellettuale organico”, che si connette a quello di “intellettuale tradizionale”, sullo sfondo della crisi dello Stato-nazione. L’intellettuale organico è organico all’imprenditore capitalistico nella sua funzione di economista, giurista e scienziato, e si configura come una ridefinizione dell’intellettuale tradizionale. In questa prospettiva appare emblematico lo “studio di caso” sulla figura di Enriques. Il matematico livornese non appare soltanto un matematico e un epistemologo di rilievo internazionale, ma anche il promotore di una politica culturale che vede nell’integrazione tra filosofia e scienza e nell’unità storica del sapere le basi per una riforma dell’insegnamento superiore e universitario. La sua iniziativa si espresse nella rivista «Scientia» e nella Società Filosofica Italiana, entrambe fondate nel 1906. Nello stesso anno Enriques instaurò un legame organico con la Casa editrice Zanichelli di Bologna, ispirandone molte scelte nel campo dell’editoria scientifica. In quegli anni la battaglia, nel breve termine perduta, di Enriques investì – in sintonia con quella di Volterra – la questione della funzione pubblica, pedagogica e culturale della scienza nella società in via di rapido sviluppo dell’Italia giolittiana e non trascurò una riflessione sul ruolo della politica e dei partiti nella nuova società democratica di massa.

Nella discussione sono emersi gli aspetti problematici del rapporto tra intellettuale scientifico, cultura, società e politica nell’Italia unita, che si riflettono sulle gravi difficoltà presenti oggi nella comunità scientifica italiana.


* Lunedì 10 novembre presso la sala “Italo Calvino” del complesso di Santa Maria della Scala di Siena: tavola rotonda “Storia della scienza e Italia unita”, organizzata dalla Biblioteca Filosofica (sezione della Società filosofica italiana) e dall’Istituto Gramsci Toscano in occasione della rassegna curata dalla regione Toscana “Pianeta Galileo”.

 


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