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Il respiro del Granchio

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Tempo di lettura: 4 mins

Lo studio della Nebulosa del Granchio (Crab Nebula) e della pulsar al suo interno vede la nutrita presenza di preparatissimi astrofisici italiani e può contare sul fondamentale contributo tecnologico del nostro Paese. Le scoperte rese possibili dal telescopio gamma della collaborazione MAGIC alle Canarie (alla quale partecipano INAF e INFN) e quelle del satellite AGILE, assolutamente impensabili al momento del suo lancio, hanno svelato l’esistenza di meccanismi di produzione energetica non contemplati dalle teorie correnti delle pulsar. L’importanza di tali scoperte era stata sottolineata, lo scorso anno, dall’assegnazione al team di AGILE e al suo principal investigator Marco Tavani del Premio Bruno Rossi, il più prestigioso nel campo dell’astrofisica delle alte energie. A metà agosto la rivista Science ha dedicato un paio di pagine proprio al ricordo degli eventi che hanno portato AGILE a scoprire che la pulsar del Granchio mostrava improvvise impennate nell’emissione di radiazione gamma, un comportamento assolutamente inaspettato e non previsto dai modelli correnti. La scoperta, successivamente confermata sia dal satellite Fermi della NASA sia dai telescopi gemelli MAGIC (Major Atmospheric Gamma Imaging Cherenkov) dell’Osservatorio di Roche de los Muchachos, ha obbligato gli astrofisici a rimettere mano alle teorie sull’emissione di alta energia di quella nebulosa, un lavoro non facile e tutt’ora in corso. Fino a quel momento la Nebulosa del Granchio non aveva mai dato segni di variabilità. Quegli improvvisi sbalzi d’energia anche 200 miliardi di volte più intensi di quelli in luce visibile e 50-100 volte superiori a quanto previsto dalle teorie attuali l’hanno però trasformata in un sorvegliato speciale. L’unica cosa certa è che gli impulsi non vengono emessi direttamente dalla pulsar, ma sono riconducibili alla parte più interna della nebulosa, il che obbliga gli astrofisici a riconsiderare i meccanismi che possono accelerare in modo così estremo le particelle.

Qualche giorno prima che Science ci ricordasse l’importanza della Crab Nebula, però, ci ha pensato un interessantissimo video realizzato e diffuso in rete da Adam Block (University of Arizona) a richiamare l’attenzione su quell’incredibile oggetto celeste. Noi sappiamo che la Nebulosa e la pulsar al suo interno sono ciò che rimane dopo che una stella di una ventina di masse solari è esplosa come supernova. Un resto di supernova reso davvero speciale dal fatto che l’apparizione di quella luce in cielo, visibile anche in pieno giorno, è stata accuratamente registrata in epoca storica. Avvenne nel 1054 e, mentre inizialmente si riteneva che l’avessero individuata solo gli astronomi cinesi, è ormai quasi certo che anche in Europa non passò inosservata. Benchè estremamente appariscente, però, la stella venne presto dimenticata. Quando, sette secoli più tardi, il medico e astronomo britannico John Bevis scoprì da quelle parti una leggera nebulosità, di quella stella non ne sapeva sicuramente nulla. E neppure Charles Messier che, per conto suo e senza conoscere l’osservazione fatta da Bevis vent’anni prima, individuò nel 1758 quel piccolo batuffolo lattiginoso. A lui va il merito, per evitare di scambiarlo nuovamente per una cometa, di averne annotato accuratamente la posizione e aver inserito l’oggetto al primo posto del suo famoso Catalogo. Negli anni Venti del secolo scorso le osservazioni permisero a John Charles Duncan di appurare che quell’oggetto filamentoso si stava espandendo e, nel 1928, il calcolo a ritroso indusse Edwin Hubble a proporre il collegamento con l’esplosione stellare del 1054. Oggi sappiamo che i gas che compongono la Nebulosa del Granchio si stanno espandendo alla folle velocità di 1500 chilometri al secondo (quasi cinque milioni e mezzo di chilometri orari!). Tenendo però conto che dalla Crab ci separano circa 6500 anni luce, nonostante la velocità sia così esagerata ci risulta impossibile osservare direttamente quell’espansione. A meno di non ricorrere al trucco impiegato con successo da Adam Block per il suo video. Block ha infatti sovrapposto con estrema cura due immagini della Nebulosa, la prima catturata nel 1999 dal Very Large Telescope dell’ESO e la seconda raccolta lo scorso anno direttamente da lui all’Osservatorio di Mount Lemmon in Arizona. La sequenza video ottenuta alternando le due immagini permette di apprezzare i cambiamenti intervenuti nella nebulosa nel corso di questi tredici anni.

[video: http://vimeo.com/71117055]

Il risultato è una fantastica immersione in quello che sembra proprio il respiro della Nebulosa del Granchio. Si badi bene, non si tratta di un’illusione ottica. E’ sufficiente osservare le stelle di fondo: sono immobili, segno che Block non ha banalmente giocato con differenti ingrandimenti. Se ora ci concentriamo sui piccoli filamenti di gas all’interno della Crab possiamo con facilità vedere come effettivamente si stiano muovendo verso l’esterno. Uno spettacolo davvero emozionante. D’accordo, c’è sotto un trucco, ma almeno per una volta possiamo renderci conto di persona di quanto siano sbagliate le nostre convinzioni di un cielo monotono e sempre uguale a se stesso. Quasi sempre a ingannarci sono le sconfinate dimensioni del cosmo, talmente al di fuori della nostra esperienza che solo con molta fatica riusciamo a digerirle.

 

Per approfondire: 
Wiki Crab Nebula


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