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Riflessioni sulle piante geneticamente modificate

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Introduzione

Nel 2003 una Commissione mista di membri dell'Accademia Nazionale dei Lincei e dell'Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL ha esaminato, essenzialmente sul piano della informazione scientifica, l'argomento degli organismi geneticamente modificati (OGM), dando luogo alla pubblicazione di un prezioso volumetto ricco di oltre 200 riferimenti bibliografici.1
La pubblicazione rappresenta ancora oggi uno dei documenti più ponderati e scientificamente validi che siano stati scritti in Italia sull'argomento delle piante geneticamente modificate (PGM). Avrebbe potuto costituire un punto di riferimento nel convulso dibattito che nel paese si stava avviando e che sarebbe proseguito sino al giorno d’oggi. Purtroppo si è assistito, invece, ad un dibattito lacerante nel quale le posizioni più fantasiose venivano e vengono, ancora oggi, espresse senza la preoccupazione di corroborare le asserzioni con valide basi scientifiche. L'elaborato della Commissione è stato dimenticato o citato per denigrarlo, accusato anche di non aver preso posizione pro o contro l’uso di queste nuove tecnologie o dei prodotti messi a punto con la loro utilizzazione. Non c'è stato, dunque, un serio confronto scientifico.
D'altra parte l'opinione pubblica si è formata sui dibattiti televisivi, sugli articoli della stampa o sui messaggi Blog di Internet, in un avvitamento di parole spesso senza base fattuale.
Il tutto dominato da un forte spirito di parte: si sono confrontati due partiti - pro e contro - spesso senza argomentare, ma cercando di screditarsi a vicenda. Non si sono fatti passi avanti e gli OGM sono ancora argomento di forte divisione.
La comunità scientifica facente parte dell’Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL sente il dovere di ritornare sull’argomento, tenendo conto che, nel frattempo, numerosi progressi sono stati realizzati sul piano scientifico e che sembra opportuno considerare le implicazioni di scelte alternative: essenzialmente decidere se trarre vantaggio o meno dall’avanzamento nelle conoscenze scientifiche e dalla messa a punto di nuove tecnologie, in considerazione anche di quanto sta avvenendo in altre economie.
D’altra parte il Presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha proposto un più intenso coinvolgimento delle accademie e delle loro reti nel nuovo meccanismo per rendere una consulenza scientifica indipendente ai policy makers all’UE e contribuire al dibattito sui benefici e sui rischi delle politiche esistenti e/o da introdurre. Uno degli estensori del presente documento ha fatto parte di gruppi di lavoro organizzati dal Consiglio di Consulenza scientifica delle accademie europee (European Academies Science Advisory Council – EASAC) con gli scopi anzidetti2,3,4 ed è stato in grado di trasferire alcune esperienze maturate in quell’ambito nel presente documento.
Il punto di partenza è quindi quello di informare il pubblico e quanti devono prendere decisioni degli avanzamenti della scienza e della tecnologia e delle nuove opportunità che esse offrono e dei rischi a cui espongono.

Situazione attuale delle colture geneticamente modificate nel mondo e nella UE

Le colture GM hanno interessato, nel 2014, oltre 180 milioni di ettari di terreno appartenenti a 18 milioni di agricoltori di 28 nazioni. Gli USA detengono il primato con oltre 73 milioni di ettari, pari al 40% della superficie, seguiti da Brasile, Argentina, India e Cina. Le specie coltivate sono mais, soia, cotone, colza, barbabietola da zucchero, erba medica, papaya, zucchine, pioppo, pomodoro, pepe e melanzana5.
Inizialmente nelle colture GM sono stati introdotti caratteri come resistenze agli insetti e tolleranza agli erbicidi; ora se ne stanno aggiungendo altri, come il basso livello della cancerogena acrilamide nella patata6, la ridotta percentuale di lignina nell’erba medica per aumentare la digeribilità e diminuire l’emissione di gas nei ruminanti7, la tolleranza alla ridotta disponibilità idrica nella canna da zucchero8, la resistenza ai virus in soia9 e fagiolo, mentre si diffondono le colture dotate di due o più di dette caratteristiche, per esempio resistenza a erbicidi e agli insetti.
Il 90% delle coltivazioni è curata da piccoli agricoltori, 15 milioni dei quali sono in Cina e India e godono di un aumento di reddito stimato in oltre 33 miliardi di $ USA ed una diminuzione di oltre 50% degli insetticidi, con non pochi vantaggi per la salute  degli operatori e dell’ambiente1. Cinque nazioni della UE - Spagna, Portogallo, Cechia, Romania e Slovacchia - hanno coltivato, sempre nel 2014, mais con il gene Bt, per la resistenza alla piralide, derivato da Bacillus thuringiensis.
In Italia la coltivazione di piante GM è attualmente vietata, come è vietata la sperimentazione in campo. Coltivazioni in pieno campo, operate da agricoltori utilizzando i dispositivi normativi emessi dalla Commissione europea sono state distrutte per ordine dell’autorità giudiziaria. Campi sperimentali, regolarmente autorizzati, sono stati oggetto di atti vandalici. Campi sperimentali sono stati prima autorizzati e poi distrutti per ordine dell’autorità giudiziaria, disincentivando la volontà dei ricercatori e vanificando anni di ricerca e sperimentazione,  la cui fine anticipata ha anche impedito di raccogliere  utili indicazioni. Enti di ricerca vincolano la concessione di finanziamenti per ricerca all’impegno di non utilizzare la tecnologia GM da parte dei ricercatori. Molti scienziati sono costretti a recarsi all’estero per costruire e  allevare piante GM anche al solo scopo di verificare l’azione di specifici geni.
Un aspetto da non trascurare è che diverse nazioni, come ad esempio Brasile, Cina e India hanno sviluppato in casa tecnologie innovative e hanno costituito varietà rispettivamente di fagiolo, soia e melanzana, senza  ricorrere alle multinazionali.

Indicazioni emergenti

Quanto sta avvenendo in altre nazioni non può non riguardare la UE ed in particolare l’Italia. Così è ormai ben documentato che:

- la tecnologia GM accelera il processo del miglioramento genetico. Limitarla o vietarla significa ridurre le opzioni tecnologiche e la capacità di  competere,  da un lato, e aumentare la dipendenza dalle importazioni per esaudire la domanda, dall’altro.  Il deficit annuale sulla bilancia commerciale delle sementi e del materiale riproduttivo supera 60 milioni di euro (310 milioni di importazioni contro 250 milioni di esportazioni). Ad essere importate sono soprattutto le sementi ad elevata innovazione tecnologica, come mais, patata, orto fiore10;

- le nazioni che coltivano PGM sono importanti produttori ed esportatori mondiali di granella di vitali derrate alimentari e mangimistiche e ne regolano il mercato internazionale. L’Italia è importatrice netta di mais (saldo 2014: -837.129.000 €), soia ((saldo 2014: -563.881.000 €), farina di soia (saldo 2014: -754.620.000 €), orzo (saldo 2014:-117.197.000 €) e frumento (7% a scopo mangimistico)11. La situazione è diventata grave nell’ultimo decennio, come conseguenza della crescente richiesta proveniente dai paesi emergenti in ragione della loro crescita economica e del cambiamento delle abitudini alimentari, sempre più rivolte al consumo della carne, oltre che ad eventi meteorologici sfavorevoli11. Le prospettive di crescita numerica della popolazione mondiale e la domanda che essa porrà nei mercati internazionali12 significherà anche che la UE e l’Italia in particolare si troveranno esposte ad una forte competizione nei mercati internazionali delle derrate agroalimentari.
Gli studi di settore indicano che il numero delle varietà GM dovrebbe triplicarsi nel giro di pochi anni e che il numero delle specie e dei caratteri interessati  continuerà a diversificarsi: aumenterà il volume complessivo del materiale GM, con maggiori difficoltà di approvvigionamento di derrate non GM.13
Le restrizioni poste alla sperimentazione, produzione e coltivazione di PGM in Italia, l’obbligo di tener distinte le derrate importate in funzione della tecnologia utilizzata nella costituzione delle varietà da cui deriva il bene importato, l’obbligo di  etichettare  i prodotti da colture GM aggiungeranno un peso ulteriore ai costi delle importazioni e quindi ai prezzi dei beni alimentari;

L’agroalimentare italiano allargato denuncia un saldo negativo (-6.143 milioni di euro nel 2014, di cui -3.080 milioni per i beni di uso alimentare), malgrado i saldi positivi di vini + liquori, pasta + dolciumi + prodotti da forno, ortofrutta, carni, caffè e acque minerali. Ad essere in forte deficit è il settore primario per uso alimentare (-12.011 milioni di euro nel 2014).14 
E’ inoltre da sottolineare che il modello italiano di specializzazione commerciale in campo agroalimentare è molto meno diversificato rispetto a quello di importanti concorrenti. Tra i prodotti in cui l’Italia ha un vantaggio comparato, quelli che contano veramente sono pochi e sono anche quelli dove maggiore è la concorrenza e dove più elevata è la necessità di differenziare il prodotto italiano anche attraverso elementi immateriali, frutto di ricerca; molti sono invece i prodotti minori, di nicchia, in cui l’Italia ha degli elementi di  unicità, ma che non possono considerarsi significativi fattori di traino della crescita economica15.
Dalla fine della seconda guerra mondiale fino alle crisi petrolifere degli anni Settanta, l’Italia è stata infatti considerata un caso paradigmatico di crescita trainata dalle esportazioni.16 Successivamente, in particolare negli ultimi 15-20 anni, le esportazioni hanno smesso di essere il motore  della crescita.17  
I vantaggi comparati dell’Italia restano elevati laddove già esistevano (il “made in Italy”), mentre si è perso terreno nei settori più innovativi, a più alto contenuto di tecnologia e know-how. Intanto, nuovi Paesi esportatori si affacciano sull’arena competitiva globale con un forte dinamismo anche in termini di miglioramento qualitativo dei beni venduti.15

Gli investimenti in ricerca e innovazione per il sistema agricolo, che caratterizzavano il mondo occidentale, sono fortemente  diminuiti  negli  ultimi  decenni, mentre gli investimenti di diversi paesi emergenti, come India (raddoppiati), Cina (quintuplicati), Brasile, ecc., sono in continuo aumento.18,19,20
Anche più importante è il fatto che la tendenza non riguarda solo il settore pubblico ma investe anche quello privato,21,22 i cui finanziamenti in Cina ed in India si sono quintuplicati in meno di 20 anni. In molti paesi emergenti, il settore privato sta diventando il principale investitore - da solo o in collaborazione con il settore pubblico - per lo sviluppo di nuove tecnologie agricole.23
Il settore più attivo è quello delle biotecnologie, in cui gli investimenti superano il 10% del valore della vendita delle sementi;24 le varietà di mais GM in Sud Africa e le varietà di cotone in India non sono che due esempi25. Nella UE, ed in Italia in particolare, si è sviluppata la tendenza inversa. Le restrizioni regolamentari, l’adozione del principio di precauzione, la propaganda di parte hanno scoraggiato gli investitori; ne è testimonianza la drastica riduzione nel numero delle domande di autorizzazione alla vendita e coltivazione in pieno campo presentate all’EFSA, l’agenzia europea per la salubrità alimentare: erano 113 nel 2009 e solo 44 nel 2012.

In conclusione tre punti sembrano da sottolineare:
- in molti paesi la produzione agricola sta diventando sempre più importante, ma non in UE e non in Italia, in cui l’utilizzazione degli avanzamenti della scienza e delle tecnologie per il sistema agricolo sono scoraggiati e/o impediti;
- la situazione non riguarda solo le colture GM ma anche altre nuove tecnologie, per cui riesce difficile anche solo valutare l’impatto delle diverse tecnologie;
- molti paesi non UE hanno maturato una notevole esperienza negli aspetti normativi ed hanno elaborato sistemi di regolamentazione chiari e trasparenti. In UE ed in Italia in particolare si è ben lungi dal possedere detta esperienza, per cui risulta arduo anche solo legiferare e/o normare.

Impatto ambientale

Molte ricerche dimostrano che le colture GM, caratterizzate da tolleranza agli erbicidi e resistenza agli insetti, stanno dando un contributo notevole allo sviluppo sostenibile.21,26,27,28,29,30,31,32,33
Se inserite in sistemi colturali scientificamente corretti, esse possono:
- innalzare  il  reddito  e  la  salute  dei  piccoli  agricoltori,  per  l’aumentato  raccolto,  la diminuzione dei costi produttivi e dell’esposizione a composti chimici,
- ridurre l’impatto ambientale di erbicidi e insetticidi,
- ridurre le lavorazioni del terreno, riducendone l’erosione,
- ridurre la produzione di gas serra, per il minor consumo di energia per la fabbricazione, trasporto e distribuzione dei presidi sanitari.

Il tema di danno ambientale è stato a lungo dibattuto. Numerose rassegne sui dati disponibili sulle colture importanti per l’agricoltura europea indicano che le colture GM non hanno finora causato danni ambientali.1,34
Anche l’analisi di oltre 2000 pubblicazioni scientifiche - condotta dalla Fondazione Nazionale Svizzera delle Scienze - dimostra che la coltivazione di PGM non ha finora causato danni sull’ambiente o sulla salute.35
In realtà le colture GM sono state sottoposte ad un numero di analisi mai visto in precedenza per alcun’altra coltura della catena alimentare e i risultati mostrano come esse siano equivalenti dal punto di vista alimentare alle colture non-GM.36
È stata risolta anche l’incertezza iniziale riguardo ad eventuali effetti su altri organismi, sull’ecosistema terreno agrario, sul flusso di geni verso specie selvatiche e invasive.37 
I casi della moria della farfalla monarca alimentata con polline di mais transgenico,38 della morte di cavie allevate con mais egualmente transgenico,39 del passaggio di DNA da mais a teosinte,40, il progenitore del mais, hanno consentito di chiarire molti aspetti del problema. Al contrario di quanto inizialmente paventato, la documentazione dimostra come la coltivazione, ad  esempio, di varietà di cotone transgenico  per un gene di Bacillus thuringientis abbia causato, in America e in Asia,41 il declino di altri insetti, dannosi per l’agricoltura, come conseguenza del minor uso di insetticidi, che colpiscono indiscriminatamente anche i nemici naturali degli insetti nocivi. Recenti ricerche dimostrano come segmenti di DNA, ad esempio di Agrobacterium tumefaciens, il batterio utilizzato per introdurre DNA nelle piante, siano presenti naturalmente in specie selvatiche e coltivate che finora non sono state oggetto di trasformazione genetica e lontane da coltivazioni GM.42
Come sempre nella scienza qualsiasi risultato è esposto a critica. È quindi importante che la comunità scientifica continui a valutare gli effetti delle PGM sull’ambiente in modo da informare le autorità e il pubblico.

Regolamenti UE

La normativa UE, a cui la legislazione italiana deve rifarsi, in materia di coltivazione di piante e utilizzazione di derrate provenienti da colture GM è lunga, complessa e varia nel tempo. La sua trattazione sarebbe specialistica e fuori luogo in questa sede. Tuttavia, gli aspetti essenziali possono essere ricondotti ai seguenti punti:
Il documento base è la Direttiva della Commissione europea n° 18 del 2001 "sull'emissione deliberata nell'ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CE del Consiglio". Successivamente nella Direttiva è stato inserito l'articolo 26 bis "Misure volte ad evitare la presenza involontaria di OGM" che consente agli Stati Membri (SM) di "…adottare tutte le misure opportune per evitare la presenza involontaria di OGM in altri prodotti". Questo articolo prevede anche che la Commissione sviluppi "…orientamenti sulla coesistenza di colture geneticamente modificate, convenzionali ed organiche".
I procedimenti di valutazione ed autorizzazione delle colture GM sono  invece stabiliti dal Regolamento (CE) n. 1829 del 2003. La normativa prevede che il principio guida per accettare nuove tecnologie debba essere quello di precauzione, ma la sua applicazione non ha finora tenuto conto della condizione, pure prevista nella normativa, che “un’adeguata interpretazione del principio di precauzione dovrebbe comprendere il confronto dei rischi dello status quo con quelli posti da altre possibili vie d’azione”.43
Nel luglio 2010, a questa normativa si è aggiunta la ‘Raccomandazione della Commissione relativa alla coesistenza’, che dà agli Stati Membri maggiore flessibilità nel vietare o limitare la coltivazione di piante GM nel loro territorio in funzione delle situazioni locali, regionali o nazionali. In pratica si concede spazio a considerazioni che vanno oltre le valutazioni scientifiche dei rischi sanitari e ambientali.

Il 26 Settembre 2012, con la sentenza C-36/11, la Corte di Giustizia europea ha disposto che la messa in coltura di PGM non possa essere assoggettata a procedimenti nazionali di autorizzazione.44
In altre parole, le colture GM autorizzate dalla Commissione non possono essere sottoposte ad un nuovo procedimento di autorizzazione da parte di uno stato membro, né si può vietare la coltivazione di PGM già coltivate in uno degli Stati dell’Unione. Tutto questo, comunque, in attesa di norme di coesistenza di cui gli SM devono dotarsi.
Per inciso, nell'Aprile 2014 viene respinto dal TAR del Lazio il ricorso avanzato contro il divieto di coltivazione del mais transgenico, emesso dal Ministro dell’Agricoltura del governo Italiano in contrasto con la normativa europea.
La Direttiva n. 412 del 11 marzo 2015 modifica la direttiva n. 18 del 2001 per quanto concerne la possibilità per gli Stati membri di limitare o vietare la coltivazione di OGM sul loro territorio. In particolare essa, tra l’altro, stabilisce che:
- gli SM in cui sono coltivati OGM debbano adottare, a decorrere dal 3 aprile 2017, provvedimenti affinché nelle zone di frontiera del loro territorio siano evitate eventuali contaminazioni transfrontaliere in Stati membri limitrofi in cui la coltivazione di tali OGM è vietata;
- nel corso del procedimento di autorizzazione o di rinnovo di autorizzazione alla coltivazione di un determinato OGM, uno SM possa richiedere di adeguare l'ambito geografico dell'autorizzazione in modo che tutto o parte del territorio dello SM sia escluso dalla coltivazione;
- uno SM possa adottare misure che limitino o vietino in tutto o in parte del suo territorio la coltivazione di un OGM o di un gruppo di OGM definiti in base alla coltura o al carattere, una volta autorizzati a norma della parte C della stessa direttiva o del regolamento (CE) n. 1829/2003, a condizione che tali misure siano conformi al diritto dell'Unione, motivate e rispettose dei principi di proporzionalità e di non discriminazione e che siano basate su fattori imperativi quali quelli connessi a obiettivi di politica ambientale, pianificazione urbana e territoriale, uso del suolo, impatti socio-economici, esigenza di evitare la presenza di OGM in altri prodotti, obiettivi di politica agricola, ordine pubblico. In definitiva la normativa diventa pratica dei singoli SM.

Anche il commercio degli alimenti provenienti da piante geneticamente modificate, coltivate in Italia o all’estero, deve essere autorizzato nell'Unione Europea, dopo aver superato una rigorosa valutazione della loro sicurezza; La valutazione dei rischi che la coltivazione di piante GM o il consumo di alimenti da parte di esseri umani o animali può determinare è condotta dall’Agenzia Europea per la Salubrità Alimentare (EFSA), istituita, con più ampi compiti, nel gennaio 2002 con sede a Parma. L'EFSA elabora pareri scientifici per la Commissione, il Parlamento Europeo e gli Stati Membri dell'Unione.
La valutazione degli OGM da parte dell’EFSA è effettuata sulla base di fascicoli scientifici presentati dal richiedente e su qualsiasi altra informazione scientifica di pertinenza. Per tutte le richieste vengono presi in considerazione i seguenti aspetti:
- la caratterizzazione molecolare del prodotto geneticamente modificato, tenendo conto delle caratteristiche dell’organismo donatore e di quello ricevente;
- la composizione e le caratteristiche nutrizionali e agronomiche del prodotto geneticamente modificato;
- le potenziali tossicità e allergenicità del prodotto geneticamente modificato;
- il potenziale impatto della coltura GM sull’ambiente, tenendo conto dell’impiego previsto (importazione, lavorazione o coltivazione).

Le domande di autorizzazione presentate ad EFSA sono andate diminuendo nel tempo, le autorizzazioni sono state limitate a circa un decimo delle domande, mentre numerose domande sono state ritirate dai proponenti prima di essere respinte. Fra le cause della diminuzione delle domande non possono non essere citati i lunghi tempi e gli elevati costi che l’acquisizione della documentazione per il procedimento di approvazione richiede. Interessanti sono l’iniziativa dell’EFSA tesa a consentire al pubblico l’accesso ai dati utilizzati nelle valutazioni, aumentando così la trasparenza delle decisioni, e la proposta di spostare la valutazione delle piante GM dal processo al prodotto.45
La valutazione, condotta da una commissione internazionale, ha giudicato l’operato dell’Agenzia di elevata qualità, professionale e indipendente.46 

Proprietà delle varietà e proprietà delle innovazioni

La brevettabilità delle biotecnologie e dei suoi prodotti ha suscitato problemi, ha acuito il dibattito e lo ha allargato ai più diversi livelli, comprese le convenzioni e i trattati internazionali. Se ne ricordano alcuni.
L'agricoltore al centro dell'agricoltura, l’agricoltore servo delle multinazionali. L’agricoltore è proprietario delle varietà tradizionali che coltiva, che gli sono  state lasciate in eredità dalle generazioni che lo hanno preceduto; poche altre cose come le piante coltivate riflettono con eguale intensità il livello di progresso economico, sociale e culturale raggiunto da una popolazione. La proprietà è riconosciuta dalla Convenzione sulla Diversità Biologica47 e dal Trattato internazionale sulle risorse genetiche per l’agricoltura e l’alimentazione (ITPGRFA48) che, tra l’altro, riconosce all’agricoltore il diritto di utilizzare, nelle sue coltivazioni, il seme raccolto nel suo campo, anche quando si tratti di varietà migliorate il cui seme sia stato acquistato sul mercato l’anno o anni prima. La cosa non è ovviamente possibile per gli ibridi e non a caso le multinazionali concentrano la loro attenzione sulle varietà ibride.
Ma l’agricoltore, grande o piccolo che sia, è un imprenditore e il ritorno dell’investimento - tempo, denaro, fatica, rischio - è la sua guida. Per questo egli ha sostituito le specie (chi parla più di colza e ravizzone o di miglio e panico per alimentare il bestiame?) e ne ha introdotte altre (chi 60 anni addietro conosceva l’attinidia - kiwi fruit - che oggi è considerata coltura tradizionale?), ha sostituito le varietà (dal 1926 al 1932 i campi coltivati con nuove varietà di frumento sono passati da percentuali modeste ad oltre 80%), ha sostituito molti vitigni tradizionali con altri ritenuti ormai internazionali, ha reintrodotto colture scomparse, come il farro, anche attingendo al mercato sementiero.  Il progresso delle scienze e della tecnologia offre opportunità che l’imprenditore agricolo valuta, adotta o scarta.
Il seme di qualità è stato ed è uno dei fattori del progresso agricolo negli ultimi cento anni e l’impegno di altri imprenditori - costitutore e ditta sementiera - che mettono a disposizione seme di qualità deve essere egualmente retribuito, semmai è un problema di equità e di riconoscimento dell’impegno dell’agricoltore del passato nel conservare il materiale di riproduzione e di propagazione da cui il costitutore varietale ricava i geni per il suo lavoro.44 
Per questo ITPGRFA obbliga il costitutore varietale a riconoscere, anche monetariamente, il contributo del mondo degli agricoltori.
In quest’ambito si inserisce anche la discussione sulla salvaguardia della biodiversità, e in particolare di tipi ed ecotipi di cui l’Italia è molto ricca. L’inserimento, con tecnologie pubbliche, di un gene che sani un difetto consentirebbe di continuare a disporre di quel particolare tipo senza il difetto. L’approccio tradizionale di inserire il gene facendo ricorso all’incrocio non consente infatti di ricuperare il tipo precedente. Scriveva uno scienziato anni addietro che le probabilità di ricuperare un tipo dopo un incrocio sono inferiori a quella di sopravvivenza di uno che cada nelle cascate del Niagara.
Difficoltà sono sorte anche tra il mondo dei costitutori varietali e quello dei brevetti. Mentre l’Unione per la Protezione delle Novità Vegetali (UPOV) incoraggia il lavoro del costitutore con i brevetti delle novità vegetali, che tuttavia prevedono che un costitutore possa utilizzare liberamente le varietà di un altro costitutore per produrne di nuove, il sistema dei brevetti spinge per il monopolio assoluto49.
I problemi si stanno tuttavia evolvendo e mentre la prima generazione di colture GM era chiaramente proprietà intellettuale privata di compagnie multinazionali, aumenta, in diverse nazioni purtroppo non europee, l’impegno dei fondi pubblici, o di fondazioni ed agenzie internazionali, nella messa a punto di nuove varietà GM.50,51.
L’evolversi della situazione in questo senso non potrà che chiarire e dirimere gli aspetti più sensibili e controversi.

Sensibilità del pubblico

I punti brevemente indicati sono parte di una più vasta gamma di temi su cui è da tempo impegnata la discussione da parte del pubblico - come, ad esempio, la disponibilità e i prezzi dei beni alimentari, specie dopo il 2008, la salubrità degli alimenti e i procedimenti di produzione e trasformazione, il potere delle multinazionali non solo biotecnologiche, ma anche chimiche - per cui non è facile discutere di un aspetto senza considerare gli altri. Non vi è dubbio che l’atteggiamento del pubblico è contrario alle colture GM, anche se iniziano a intravedersi dei distinguo.52,53
Quando fu dimostrata la possibilità di trasferire segmenti di DNA da un organismo ad un altro, anche di specie lontane o da procarioti ad eucarioti54, iniziarono anche le prime controversie: c’era chi scriveva con entusiasmo di “Bovini grandi  come elefanti al pascolo in Val Padana” e chi protestava perché “Con la genetica vogliono giocare a fare Dio”. Eventi negativi, peraltro completamente estranei alla tecnologia GM, si sovrapposero al dibattito, prese l’avvio la rivolta contro i “manipolatori" degli alimenti e fu messa sotto accusa la scienza "impazzita" che colpiva uno degli aspetti più sensibili dell’essere umano: gli alimenti. Non fu difficile, per certi gruppi, creare il nemico da demonizzare, sostenuti anche da chi aveva interesse a trasformare - non a produrre - derrate anche ottenute altrove, promuovendo il prodotto come libero da OGM, e chi aveva interesse a continuare la produzione di composti chimici, di cui le PGM avevano meno bisogno.
Le cose iniziano a cambiare, anche se in modo contradditorio, testimonianza della modesta preparazione scientifica della popolazione. Ad esempio, le inchieste condotte dalla Commissione Europea indicano che gli alimenti transgenici  sono,  in qualche modo, ritenuti più salubri di quelli non-GM - quasi che siano cose diverse; che la cisgenesi (trasferimento di geni della stessa specie) è più gradita della trans genesi (trasferimento di geni da una specie ad un’altra - pur essendo il procedimento lo stesso; che gli agricoltori dovrebbero essere incoraggiati a trarre vantaggio delle biotecnologie - quasi che l’ingegneria genetica molecolare non sia una biotecnologia; che la bio- economia è importante nell’assicurare sufficienti quantità di alimenti e biomassa. È interessante anche notare che il parere delle ONG è più negativo di quello del pubblico in generale.
L’opinione degli agricoltori infine è quella della necessità di razionalizzare il quadro normativo e di promuovere un miglior collegamento tra i mondi agricolo, scientifico e politico.55, 56
È importante quindi che il mondo scientifico renda edotto il pubblico del valore delle nuove tecnologie, ma anche che la discussione sulle innovazioni agricole preveda la partecipazione del pubblico e che le modalità per coinvolgerlo vengano migliorate.57

Impatto della linea europea su scienza e tecnologie

Le difficoltà ed atteggiamenti indicati stanno facendo diminuire, nella UE e in Italia in particolare, gli investimenti privati e pubblici in ricerca scientifica, indebolendo la capacità europea di trovare soluzioni per la sua agricoltura e di contribuire alle sfide globali58. Molti istituti di ricerca stanno chiudendo, altri si stanno ristrutturando per ottimizzare le scarse risorse messe a loro disposizione. Molti ricercatori - e in specie quelli italiani - stanno migrando fuori dei confini nazionali e della UE,59 minando la capacità di allargare le conoscenze di base e di tradurre queste conoscenze in tecnologie pratiche, un aspetto quest’ultimo più difficile della stessa ricerca di base.60
Nel frattempo, nuove tecniche che allargano la gamma dei metodi di costituzione varietale e rendono possibili interventi più precisi ed efficienti sono in avanzata fase di sviluppo. Ma non si sa se le varietà così ottenute, anche se non conterranno DNA estraneo, saranno classificate GM o no: un aspetto non trascurabile per le implicazioni normative ed economiche che la decisone comporta.61

Uno sguardo al futuro

Le principali colture europee sono soggette agli attacchi degli agenti patogeni, che vengono contrastati con presidi sanitari. Ad esempio il 70% circa dei fitofarmaci utilizzati in Europa serve ad alleggerire i danni causati da funghi del genere Septoria sulla produzione del frumento, ma il rapido evolversi del patogeno ha reso inefficaci molti dei precedenti presidi sanitari e determinato la necessità di metterne a punto di nuovi. Non molto diverse sono le difficoltà che la Phytophthora sta determinando nella produzione della patata, per citare le due colture più diffuse in Europa.62
La situazione potrebbe essere aggravata dal cambiamento climatico, sulla cui esistenza nessuno dubita, anche se sulla sua entità i pareri sono discordanti.63,3
Il cambiamento climatico potrebbe imporre anche modificazioni notevoli in agricoltura con necessità di nuovi caratteri, nuove varietà insieme a nuove tecnologie, come ad esempio la trasformazione in poli-annuali di specie finora annuali.
La disponibilità della popolazione verso la bio-economia, come indicato in precedenza, potrebbe allargare gli interessi alla produzione di composti farmaceutici e chimici di interesse industriale. La mancanza di risorse e di azione potrebbe costringere la UE, e l’Italia in essa, a diventare importatrice di beni e tecnologie, mentre alcune nazioni in Asia ed in altre parti del mondo, grazie all’aumento degli investimenti in ricerca di base e applicata in corso, potrebbero diventare importanti fornitori di tecnologie. Le colture GM sono quindi solo un aspetto della situazione attuale e di quella che potrà presentarsi in futuro.

A fronte di queste sfide, sono da denunciare alcune incongruenze, come:

La proibizione della coltivazione di materiali GM determina la necessità di importare derrate, per la maggior parte GM, che vengono utilizzate in Italia come alimenti e mangimi. Tra l’altro questa necessità potrebbe determinare un rilassamento della regolamentazione nei paesi produttori, far si che vengano prodotte derrate meno regolamentate e quindi rendere faticoso l’approvvigionamento di derrate salubri per l’Italia.
La riduzione degli investimenti in ricerca ed innovazione da un lato ed il desiderio di trarre vantaggio dalla bio-economia dall’altro,64 o la riduzione nell’uso dei presidi sanitari in agricoltura da un lato e la proibizione di uno dei mezzi più efficienti, efficaci ed economici di protezione delle colture dall’altro. 

Conclusioni

Le colture GM si stanno diffondendo nel mondo ad un ritmo mai sperimentato in precedenza da altre tecnologie, apportando benefici nei paesi industrializzati e in quelli in via di sviluppo ai grandi e piccoli imprenditori agricoli. Non esistono dati scientifici attendibili che documentino la pericolosità delle colture Gm per l’ambiente e per la salute umana e animale. La  biotecnologia  transgenica, inserendo un gene che ripara un  difetto, consente di salvaguardare la biodiversità degli organismi agrari, di cui è particolarmente ricca l’Italia.
I cambiamenti introdotti con la tecnologia transgenica sono più facili da caratterizzare e valutare di quelli introdotti con tecnologie tradizionali o con altre tecnologie. La valutazione dei rischi dovrebbe essere sempre condotta in confronto con le altre tecnologie, come previsto dalle norme UE.
L’Italia non consente la coltivazione di piante GM, non ne finanzia la costituzione di colture GM nazionali, anzi vieta anche la ricerca nel settore; allo stesso tempo è importatrice di derrate GM di specie essenziali per alcuni settori dell’economia nazionale, mentre le esportazioni italiane perdono peso nel mercato mondiale. Questa esclusione e non partecipazione alla ricerca sta causando ritardi anche nello sviluppo di altre tecnologie.
Molti paesi stanno investendo nello sviluppo di tecnologie biologiche applicate all’agricoltura, rendendosi indipendenti dalle multinazionali e diventando anzi esportatori di biotecnologie.
È importante rovesciare l’attuale tendenza nazionale, finanziare la ricerca, incrementare la produzione e la produttività delle risorse agrarie, diminuire la dipendenza dall’estero e riguadagnare posizioni sul mercato mondiale.
La scienza e la tecnologia guideranno sempre più le innovazioni nel sistema agrario: la ricerca sta decifrando i processi vitali degli organismi vegetali ed animali e l’applicazione dei risultati al settore primario, consentendo un modo più pulito e sostenibile di produrre e la disponibilità di derrate più salubri.
La legislazione attuale non consente di prendere parte a questi eventi produttivi e scientifici, in atto in molte parti del mondo, e penalizza pertanto la capacità, la produzione e lo spirito di iniziativa degli imprenditori agricoli e degli scienziati italiani.

di ACCADEMIA NAZIONALE DELLE SCIENZE DETTA DEI XL 

Bibliografia
Note

1 Accademie Nazionali dei Lincei e delle Scienze, 2003
2 EASAC, 2004
3 EASAC, 2011
4 EASAC, 2013
5 James, 2015
6 Waltz 2015
7 Undersander, 2010
8 Gentile et al., 2015
9 Zhang et al., 2014
10 Assosementi, 2015
11 ISEMEA, 2015
12 UN, 2010
13 Stein et al., 2010
14 Federalimentari, 2015
15 De Filippis, 2012
16 Graziani, 1998
17 Di Maio e Tamagni, 2008
18 UNESCO, 2010
19 ASTI, 2012
20 Chen et al., 2012
21 Brokers e Barfoot., 2012
22 Pray e Nagarajam., 2012
23 Ruane, 2013
24 Fuglie et al.,2011
25 Da Silveira e Borges, 2005
26 Qaim, 2009
27 Carpenter, 2011
28 Park et al., 2011
29 Lusser et al., 2012
30 Mannion e Morse, 2012
31 Fawcett e Towery, 2003
32 Kleter et al., 2007
33 Brookes e Baarfoot,2010
34 DG Research, 2010a
35 SNAF, 2012
36 AAAS,2012
37 Sanvido et al.,2007
38 Brower et al., 2012
39 Seralini et al., 2012
40 Hutchinson et al., 2010
41 Wu et al., 2008
42 Kyndt et al.,, 2015
43 Nuffield Council on Bioethics, 2003
44 ECJ, 2010
45 EFSA, 2013
46 Ernst e Young, 2012
47 CBD, 1992
48 ITPGRFA, 200149 Jacobsen et al., 2012
50 Ammann, 2012
51 Grushkin 2012
52 DG Research, 2010b;
53 Podevin et al., 2012
54 Herrera Estrella et al., 1983
55 Areal et al., 2011
56 Farmer scientific network, 2012
57 EGE, 2008
58 EPSO, 2012
59 GNAS Leopoldina, 2009
60 EC, 2012b
61 Tait e Baker, 2011
62 Cooke et al., 2012
63 EC,2009
64 EC, 2012a


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La COP29 delude. Ma quanti soldi servono per fermare il cambiamento climatico?

Il presidente della COP 29 di Baku, Mukhtar Babayev, chiude i lavori con applausi più di sollievo che di entusiasmo. Per fortuna è finita. Il tradizionale tour de force che come d'abitudine è terminato in ritardo, disegna un compromesso che scontenta molti. Promette 300 miliardi di dollari all'anno per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare la transizione, rimandando al 2035 la "promessa" di 1.300 miliardi annui richiesti. Passi avanti si sono fatti sull'articolo 6 dell'Accordo di Parigi, che regola il mercato del carbonio, e sul tema della trasparenza. Quella di Baku si conferma come la COP della finanza. Che ha comunque un ruolo importante da giocare, come spiega un report di cui parla questo articolo.

La COP 29 di Baku si è chiusa un giorno in ritardo con un testo variamente criticato, soprattutto dai paesi in via di sviluppo che hanno poca responsabilità ma molti danni derivanti dai cambiamenti climatici in corso. I 300 miliardi di dollari all'anno invece dei 1.300 miliardi considerati necessari per affrontare la transizione sono stati commentati così da Tina Stege, inviata delle Isole Marshall per il clima: «Ce ne andiamo con una piccola parte dei finanziamenti di cui i paesi vulnerabili al clima hanno urgentemente bisogno. Non è neanche lontanamente sufficiente.