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La risorsa infinita

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La risorsa infinita. Ecco il nuovo libro di Pietro Greco e Vittorio Silvestrini (Editori Riuniti, 2009, ppgg 286, euro 15,50). Prendetelo. Andate subito a pagina 69: troverete le domande chiave, nel capitolo che si intitola "La natura della conoscenza". E' possibile, e come, ricomporre in forme desiderabili gli equilibri distrutti dalla perturbazione che chiamiamo era dell'informazione e della conoscenza? E' possibile e come, costrire una società democratica della conoscenza? L'economia dell'informazione e della conoscenza è necessariamente un'economia di mercato? La cultura economica nella società dell'informazione e della conoscenza è, necessariamente, una cultura neoliberista fondata sul valore unico e assoluto del mercato? Tutti, dico tutti, siamo in preda al panico per come stanno andando le cose del mondo: per la prima volta, chiunque si guardi intorno, ha mille motivi grandi e piccoli per dubitare che consumi, risorse, ricchezze possano crescere senza limite; a differenza però da quelli che Antonio Ruberti chiamava i "beni immateriali", che forse non crescono abbastanza. Il motivo del panico è che il sistema "umanità" sembra mancare di quello che i fisici chiamano "long range order", ordine a lungo raggio, una condizione essenziale per rendere compatibili tutte le cose che facciamo, che vogliamo, che immaginiamo possibili. Sono talmente tante, che la delusione e gli scrupoli serpeggiano nell'intera comunità umana: un disperato e tacito "non possiamo farcela".

Questo libro arriva a buon punto, non è affatto un semplice repertorio dei problemi, è molto di più di così. Se posso fare un complimento agli autori, arriva a spiegare come stanno le cose, sino alla terribile e vergognosa crisi economica ultima arrivata, costruendo ciò che richiederebbe una collaborazione di sociologi, filosofi, economisti, politici e giuristi come non si è mai vista. La cultura dissociata in cui viviamo ha bisogno di queste ricomposizioni prima che tutta la Terra diventi Kiribati (§ 6.1). Ma ormai, la sola cosa che ci possiamo permettere senza freni e limiti è "capire"; e invece sembra che questa sia una capacità in regresso. Un tempo sembrava possibile avere una cultura enciclopedica, ora non lo è più e le banche dati non la sostituiscono affatto. Siamo su una strada in cui non basta riempirsi la bocca di "complessità" per venirne fuori. Bisogna abbandonare vecchie e dannose abitudini e convinzioni circa il consumo e il mercato che, se mai qualcuno non ci avesse creduto, non si autoregolano affatto.

Vorrei che questo libro fosse una lettura obbligatoria nella scuola secondaria superiore: possibile che sia necessario imbottirsi di metafisiche, di lingue morte, di religioni, di storie delle arti e non di "fatti del mondo moderno"? Dove si pescano oggi le idee? Sui giornali o in televisione? Come si fa a capire che cosa vuol dire assicurare una vita vivibile a 6 miliardi di persone? Questo libro, credetemi, è un passo avanti: non dico risolutivo, ma grande. Se non è questo a creare consapevolezza, non so come si fa: è una "filosofia pratica dell'umanità", non un elenco di fatti del mondo lontano da noi o una teoria scientifica della conservazione.

 


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