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Un samurai in lotta contro il cancro

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La chiamano la via Panisperna dell’oncologia. E in effetti, come presso il Regio istituto di fisica dell'Università di Roma nacquero e crebbero negli anni Trenta  i padri della fisica moderna italiana, prima che la sciagura delle leggi razziali li disperdessero in tutto il mondo, così è in via Venezian, all’Istituto dei tumori di Milano, che si può dire ebbe origine e si sviluppò l’oncologia italiana.

Lì riconoscono di avere le loro radici alcuni tra i migliori oncologi del nostro Paese, anche quelli che le vicende della vita hanno portato altrove, recando con sé, in altri centri di eccellenza germogliati nella realtà milanese o altrove, in Italia o all’estero, conoscenze, esperienze, metodo, ma soprattutto lo spirito acquisito negli anni della loro formazione all’Istituto dei tumori di Milano.

La nascita dell’oncologia moderna italiana è raccontata come un’avventura da Gianni Bonadonna, uno dei principali protagonisti della lotta contro il cancro, negli anni in cui il male, fino ad allora incurabile per definizione, cominciò a perdere qualche battaglia davanti all’attacco combinato di chirurghi, oncologi, radioterapisti, decisi soprattutto a cominciare a mettere il malato al centro della loro attenzione.

Lo spirito indomito di Bonadonna è bene espresso dalle parole scelte nella IV di copertina del libro che come un coro descrive a molte voci l’esperienza germogliata in Via Venezian: «Mi è sempre piaciuta l’avventura, quel modo di vivere dominato dall’istinto di saper rispondere agli eventi a mano a mano che si presentano. Così ho vissuto il mestiere di medico con la logica dei samurai che affrontano a viso aperto ogni difficoltà, gli ostacoli e gli imprevisti».

Già in Medici umani, pazienti guerrieri, scritto in collaborazione con Giangiacomo Schiavi, Bonadonna faceva riferimento a una metafora bellica, per sottolineare l’esigenza di umanizzare le cure, obiettivo di cui negli ultimi anni si è fatto paladino assieme a un gruppo di medici che, per malattie diverse, sono passati «Dall’altra parte». Un’attenzione al malato che trova la sua origine nel clima dell’Istituto dove, scrive l’oncologo, già negli anni Ottanta si avvertiva in tutto il personale, dai primari agli infermieri, dai ricercatori alle segretarie «un’attenzione continua, quasi ossessiva, per i bisogni del malato», insieme con la consapevolezza di essere protagonisti di una vicenda unica, facendo qualcosa davvero importante per la ricerca e per la cura di tanti ammalati.

I frutti di questo clima sono raccontati nel libro, che diventa così una sorta di storia dell’oncologia moderna guardata dalle finestre di Via Venezian. Un racconto, come si è detto a più voci: accanto a quella di Bonadonna, che tiene il filo della narrazione, si trovano le presentazioni del presidente, del direttore generale e del direttore scientifico della Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. E poi, nelle parole dei protagonisti, i progressi ottenuti nel campo della diagnosi, grazie alle innovazioni tecnologiche che hanno rivoluzionato soprattutto le tecniche di imaging e della cura, con conquiste che da Milano si sono diffuse in tutto il mondo come pietre miliari della storia della medicina.

Alcuni capitoli finali puntano poi i riflettori su specifiche neoplasie e malati particolari, gli anziani e i bambini. Ma la conclusione, del giornalista Paolo Barnard,  ritorna al tema, tanto caro a Bonadonna, che «i medici ammalati sono la più straordinaria risorsa della sanità di tutti i tempi». Un nuovo modo per esprimere e realizzare la centralità della persona ammalata acquisita dall’oncologo quando ancora stava solo dalla parte dei camici bianchi.


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