fbpx La Scienza e gli italiani: dieci anni di rivelazioni | Scienza in rete

La Scienza e gli italiani: dieci anni di rivelazioni

Primary tabs

Tempo di lettura: 6 mins

Smontato uno dei luoghi comuni più forti sulle conoscenze scientifiche dimostrate dagli italiani: ci interessiamo sempre più di scienza e lo facciamo volendo ricoprire un ruolo attivo e competente. Questa la fotografia scattata dal centro di ricerca Observa Science in Society, proposta all'interno dell'Annuario Scienza Tecnologia e Società 2014. L'edizione 2014, curata da Massimiano Bucchi e Barbara Saracino, festeggia i primi dieci anni di raccolta e analisi dei dati da parte dell'Osservatorio Scienza Tecnologia e Società.
Con l'obiettivo di monitorare costantemente il livello dell'alfabetismo scientifico, uno degli indicatori più significativi nell'analisi internazionali del rapporto tra scienza e società, il centro Observa somministra ormai dal 2007 agli italiani un piccolo questionario composto da tre domande standardizzate su tre diversi temi scientifici di base.
Il 2013 conferma l'andamento già delineato negli anni precedenti, ossia la tendenza degli italiani a mostrare sul lungo periodo un miglioramento del grado di conoscenza scientifica. Nell'ultima rilevazione solo il 14% del campione non è riuscito a dare almeno una risposta esatta alle tre domande sottoposte. Oggi più del 60% degli italiani sa che il Sole non è un pianeta, mentre più della metà riconosce con esattezza la funzione corretta degli antibiotici, sempre più del 50% sa che gli elettroni son più piccoli degli atomi.

Migliorano le conoscenze degli «analfabeti» scientifici
Nonostante dall'analisi proposta giunga ulteriore conferma che il livello di conoscenza scientifica risulta essere proporzionale all'aumentare dell'istruzione, mentre peggiora col crescere dell'età dell'intervistato, paradossalmente il maggior miglioramento dell'alfabetismo scientifico è stato osservato proprio nella categoria degli ultrasessantacinquenni con un basso titolo di studio: tra questi dal 2012 triplica in un solo anno la quota di coloro che rispondono in maniera corretta a tutte e tre le domande. Ciò sottolinea come il picco registrato nel 2013 sia dovuto principalmente all'aumento delle conoscenze scientifiche delle fasce di popolazione tradizionalmente considerate come «analfabete» da un punto di vista scientifico.

La distribuzione sui media italiani dei fruitori di scienza
L'Osservatorio ha raccolto in questi anni anche i dati riferiti a come si distribuisce il pubblico della scienza attraverso i diversi media italiani, analizzando la frequenza con la quale in Italia ci si informa di scienza e di tecnologia.
Così come per l'alfabetismo scientifico, anche l'esposizione degli italiani ai contenuti scientifici diminuisce all'aumentare dell'età, mentre aumenta in presenza di titoli di studi più alti. I giovani e i laureati, coloro maggiormente esposti a messaggi scientifici, si distribuiscono principalmente su media quali Internet, le riviste specializzate e i quotidiani (si presume che rientrino qui anche molti intervistati che in realtà leggono i giornali principalmente on-line). All'opposto gli anziani e chi ha un basso titolo di studio si concentrano nel media tradizionale per eccellenza: la televisione. Prima e indiscussa nella classifica dei media utilizzati con maggior frequenza dagli italiani per informarsi di scienza, la televisione è tutt'oggi l'unico mezzo che riesce a colpire in modo trasversale i diversi pubblici in base all'età.

Sempre più assidui fruitori di scienza
L'aumento delle conoscenze scientifiche da parte degli italiani è parallelo all'andamento di un altro indicatore, ossia la fruizione di scienza da parte del pubblico attraverso i diversi mezzi di comunicazione. Il 2013 vede un picco nell'aumento dei fruitori assidui di scienza, soprattutto nei media più frequentati dagli italiani (Tv e quotidiani), con una crescita in due anni rispettivamente del 5 e del 10% di coloro che assiduamente si espongo ai contenuti scientifici mediati.
Nonostante oggi consultare siti web o blog scientifici sia una pratica ancora poco diffusa tra gli italiani, questa è l'unica voce che dal 2007 vede un costante aumento di coloro che usufruiscono di tale mezzo per informarsi di scienza, sottolineando contemporaneamente come il canale (insieme alla radio) veda un'assoluta predominanza dei fruitori assidui.

Grafico 1 - Esposizione frequente e occasionale alla scienza nei media. Confronto 2007-2009-2011-2013 (% di rispondenti che ricordano il nome della testata letta o del programma seguito; 2009: n=1020; 2010: n=985; 2011: n=1001; 2013: n=1005) Fonte: Observa Science in Society, www.observa.it

La credibilità delle fonti di informazione
Dall'analisi condotta dall'Osservatorio su quanto gli italiani considerano credibili i diversi contesti informativi, i ricercatori italiani posso trarre un importante consiglio se vogliono vedere la loro credibilità aumentare: mettersi in contatto diretto con il pubblico.
Infatti un dato importante che emerge è che il contesto percepito maggiormente credibile come fonte di informazione scientifica sono le “Conferenze pubbliche dei ricercatori”, oggi ritenute molto o abbastanza credibili da oltre 7 italiani su 10. Poco più in basso si trovano le riviste di divulgazione scientifica e i programmi televisivi sulla scienza (69%).
Ma il fattore che deve richiamare l'attenzione è che negli anni diminuisce sempre più la quota di coloro che non sanno dare un giudizio sulla credibilità delle diverse fonti di informazioni, dimostrando come gli italiani non solo aumentano la loro esposizione ai contenuti scientifici, ma lo stiano facendo acquisendo sempre più consapevolezza della qualità e dei messaggi veicolati.
Ancora una volta il web ci sorprende, in quanto i “Siti degli istituti di ricerca” e i “Blog di ricercatori” sono le uniche voci che vedono dal 2008 al 2012 un aumento del 18% di coloro che pensano che siano fonti molto o abbastanza credibili. Ciò significa che la gran parte di chi assume una posizione in merito alla credibilità del web lo fa andando ad aumentare le fila di coloro che ritengo fonti molto credibili i siti e i blog gestiti direttamente da chi produce scienza.

Un pubblico sempre più aperto alla scienza
L'osservatorio ha seguito con particolare attenzione alcuni temi dell'ambito biomedico oggi tra i più salienti nel rapporto tra scienze/tecnologia e cittadinanza: dalla ricerca sulle cellule staminali di embrioni alla fecondazione assistita, dall'eutanasia alle cure compassionevoli.
Per ciò che concerne la fecondazione assistita, non entrando nel dettaglio di come gli italiani si esprimono su tale argomento, emerge un fatto molto interessante, ossia che se nel 2002 solo un italiano su 5 dichiarava di non avere un'opinione in merito, oggi la percentuale di coloro che non pronuncia risposta scende drasticamente a quasi l'1%. Questo dimostra come ci sia da parte degli italiani sempre più una consapevolezza nell'ambito di alcuni temi centrali del dibattito scientifico contemporaneo.

La centralità del paziente nelle scelte terapeutiche
Il pubblico italiano non è semplicemente sempre più presente e consapevole all'interno del dibattito scientifico, ma vuole essere attivo e protagonista. Questo soprattuto se si tratta di dover prendere decisioni da cui dipende la propria salute.
Sul tema delle «cure compassionevoli», oggi rappresentato in primis dal caso della «cura Stamina»,  gli intervistati si sono espressi per il 63% d'accordo nell'affermare la piena autonomia del paziente nelle scelte terapeutiche da cui ne vale la salute dello stesso. Il pensiero dominante è quello secondo cui pur nel non essendoci certezze sulla validità scientifica di alcune terapie, ognuno deve esser libero di usare per sé quella che ritiene più opportuna.
L'autonomia nelle decisioni terapeutiche risulta dunque largamente condiviso tra gli italiani, tra cui vedendo limitarsi al 13% la percentuale di coloro che ritengono giusto che nessuno possa fare libero uso di terapie non ancora validate.

Grafico 2 - Gli italiani e le cure compassionevoli. Se un paziente gravemente ammalato vuole sottoporsi a terapie non ancora validate (%; 2013: n=1005) Fonte: Observa Science in Society, www.observa.it


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Di latticini, biotecnologie e latte sintetico

La produzione di formaggio è tradizionalmente legata all’allevamento bovino, ma l’uso di batteri geneticamente modificati per produrre caglio ha ridotto in modo significativo la necessità di sacrificare vitelli. Le mucche, però, devono comunque essere ingravidate per la produzione di latte, con conseguente nascita dei vitelli: come si può ovviare? Una risposta è il latte "sintetico" (non propriamente coltivato), che, al di là dei vantaggi etici, ha anche un minor costo ambientale.

Per fare il formaggio ci vuole il latte (e il caglio). Per fare sia il latte che il caglio servono le vacche (e i vitelli). Cioè ci vuole una vitella di razza lattifera, allevata fino a raggiungere l’età riproduttiva, inseminata artificialmente appena possibile con il seme di un toro selezionato e successivamente “forzata”, cioè con periodi brevissimi tra una gravidanza e la successiva e tra una lattazione e l’altra, in modo da produrre più latte possibile per il maggior tempo possibile nell’arco dell’anno.