fbpx La scienza questa sconosciuta nei TG Rai | Scienza in rete

La scienza questa sconosciuta nei TG Rai

Primary tabs

Read time: 3 mins

Per chi su questi temi ha l’occhio un po’ più smaliziato, incappare in notizie di scienza in televisione è spesso come cercare un ago in un pagliaio. Schivata la politica si passa alla cronaca, e prima di accorgercene siamo già allo sport e poi ai titoli di coda. A scienza e scienziati, quasi sempre, neppure un accenno.

Ma è così? Probabilmente l’intuito ci inganna, è vero, ma nel verso contrario: e a ben vedere di scienza nel servizio pubblico si parla forse ancora meno di quanto penseremmo.

Negli ultimi sei mesi, raccontano i dati dell’agenzia garante delle comunicazioni, per ogni ora di telegiornali RAI di scienza e scienziati si è parlato per poco meno di trenta secondi. Naturalmente i numeri senza contesto significano poco, per cui conviene dare qualche termine di paragone. Della stessa fetta di tempo, politici e partiti hanno occupato 24 minuti, soggetti e organi costituzionali 16, altri 4 al Vaticano e le briciole a ciò che resta – scienza inclusa.

L’indicatore che usiamo per contare quanto spazio i TG dedicano ai vari soggetti prende il nome di “tempo di antenna”, e come ricorda l’AGCOM stessa misura “il tempo dedicato dal giornalista all’illustrazione di un argomento o evento”, insieme al tempo “in cui il soggetto parla direttamente in voce”.

È un numero che, se andiamo a guardare i dettagli, anche all’interno del servizio pubblico varia molto. Il TG1, per parte sua, è il notiziario che presta più attenzione a politici e partiti e al Vaticano, mentre nel telegiornale di RAI 3 i valori della politica calano di diversi punti. Quanto a quest’ultimo, aspetto, invece, il TG2 risulta un po’ come una via di mezzo fra entrambi.

Se però mettiamo per un momento da parte il palazzo e cerchiamo le voci più minoritarie – stabilendo forse un po’ arbitrariamente di considerare solo chi non supera l’8% del totale – il Vaticano è di gran lunga il soggetto non politico più visibile. L’unica eccezione potrebbe essere il TG3, in cui esso precede comunque gli altri, ma quanto meno ha un distacco minore.

Per trovare esperti e scienziati, in ciascuno dei TG del servizio pubblico, dobbiamo invece scendere molto più in basso. L’ordine dei notiziari, dalla prima alla terza rete, riflette anche il crescente peso della scienza nella programmazione. Nel caso più significativo – appunto quello del TG3 – il tempo di notizia arriva al più all’1,5% del totale: comunque un terzo di quanta attenzione ricevono, per esempio, i sindacati.

In questa analisi sono state considerate soltanto le edizioni principali dei notiziari, le più seguite, e di esse è stata calcolata la media complessiva negli ultimi sei mesi.

A guardare come cambiano le cose nel tempo, in RAI la visione della scienza sembra essere legata soprattutto a temi di attualità. Quando si verifica un qualche evento notiziabile lo spazio a essa dedicato cresce, ma si tratta di brevi picchi su uno sfondo tutto sommato assente.

Fa eccezione il TG1 – il più seguito e insieme politico dei notiziari del servizio pubblico –, dove invece a prescindere da quel che succede nel resto del mondo per incappare in qualche notizia scientifica bisogna sforzarsi parecchio.

La preferenza dei giornalisti RAI per la politica, d’altra parte, ha una natura profonda. Certo anche in quel caso ci sono alti e bassi – dovuti con tutta probabilità a giornate più o meno vivaci in termini di notizie dal palazzo. Ma anche con il minimo raggiunto in pieno agosto, di politici e partiti propriamente detti si è parlato comunque per il 30% del tempo totale.

Un’altra fetta tutto sommato stabile – anzi anche in leggera crescita – comprende soggetti e organi costituzionali, che anche se con un ruolo diverso appartengono anch’essi a una sfera affine a quella della politica.

L’immagine che emerge è quella di un servizio pubblico completamente dominato dalla politica e dai politici. Certo si tratta di temi che meritano di essere affrontati, ma è difficile pensare che la quasi totalità del discorso pubblico di un’intera nazione debba fermarsi lì e a scapito di tutto il resto – scienza inclusa.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

La COP29 delude. Ma quanti soldi servono per fermare il cambiamento climatico?

Il presidente della COP 29 di Baku, Mukhtar Babayev, chiude i lavori con applausi più di sollievo che di entusiasmo. Per fortuna è finita. Il tradizionale tour de force che come d'abitudine è terminato in ritardo, disegna un compromesso che scontenta molti. Promette 300 miliardi di dollari all'anno per aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare la transizione, rimandando al 2035 la "promessa" di 1.300 miliardi annui richiesti. Passi avanti si sono fatti sull'articolo 6 dell'Accordo di Parigi, che regola il mercato del carbonio, e sul tema della trasparenza. Quella di Baku si conferma come la COP della finanza. Che ha comunque un ruolo importante da giocare, come spiega un report di cui parla questo articolo.

La COP 29 di Baku si è chiusa un giorno in ritardo con un testo variamente criticato, soprattutto dai paesi in via di sviluppo che hanno poca responsabilità ma molti danni derivanti dai cambiamenti climatici in corso. I 300 miliardi di dollari all'anno invece dei 1.300 miliardi considerati necessari per affrontare la transizione sono stati commentati così da Tina Stege, inviata delle Isole Marshall per il clima: «Ce ne andiamo con una piccola parte dei finanziamenti di cui i paesi vulnerabili al clima hanno urgentemente bisogno. Non è neanche lontanamente sufficiente.