L’epigenetica
potrebbe essere l’arma vincente per affrontare numerose malattie
neurodegenerative.
È quanto proposto nel corso di un workshop all’interno del
FENS 2014, in cui esperti provenienti da tutto il mondo hanno presentato i
risultati delle proprie ricerche.
Gli studi
epigenetici permettono di studiare i processi responsabili della capacità delle
cellule di riprodursi e differenziarsi: per questo motivo sono stati largamente
utilizzati, in passato, per la ricerca in campo oncologico.
La loro
applicazione nell’ambito delle neuroscienze è invece relativamente recente, ma
l’impatto che potrebbero avere (visti i costi economici e sociali che le
malattie neurodegenerative rappresentano) è altissimo.
L’Alzheimer
colpisce solo in Italia più di 500.000 persone. I trial clinici per tentare di
combattere questa malattia si basano su forme genetiche della stessa, cioè casi
in cui l’insorgenza è dovuta ad alterazioni geniche ben definite. Secondo gli
esperti queste forme rappresentano il 5-10% del totale. La maggior parte dei
pazienti, invece, deve la propria condizione a un mix di cause, in cui il
contributo di fattori ambientali e comportamentali è molto elevato. Questi fattori esterni portano a cambiamenti adattativi a lungo termine nell’organismo,
che possono poi portare a una situazione patologica. Come? Agendo su elementi
fondamentali per la corretta espressione genica, come gli enzimi coinvolti nei
processi di metilazione e acetilazione del DNA, o sui microRNA, responsabili
della regolazione di molti geni e molto sensibili alle variazioni ambientali.
Conoscere in
maniera sempre più precisa questi meccanismi molecolari porterebbe aiutare la
cura di malattie neurodegenerative complesse, che coinvolgono processi cognitivi
come la memoria, l’orientamento spaziale, la capacità di prendere decisioni e
di programmare le azioni. Una volta identificati gli elementi epigenetici
coinvolti nello sviluppo di una malattia, inoltre, si può cercare di
circoscrivere il bersaglio della terapie farmacologiche, riducendone gli
effetti collaterali e migliorandone l’efficacia: saranno infatti trattate solo
quelle popolazioni cellulari in cui questi
elementi sono particolarmente abbondanti.
L’epigenetica
può giocare un ruolo fondamentale anche a livello diagnostico grazie all’esame
dell’espressione di molecole coinvolte nei processi di regolazione del genoma.
Un particolare tipo di mRNA, ad esempio, ha una concentrazione nel plasma e nel
liquido cerebrospinale molto elevata nel caso di pazienti che soffrono di
Alzheimer.
“Negli studi
epigenetici la ricerca su modelli animali risulta particolarmente importante,
perché questi processi sono altamente conservati a livello evolutivo: sono il
modo in cui il genoma impara
dall’ambiente, e si presentano pressoché identici nel moscerino della frutta,
nei roditori e nell’uomo” afferma Angel
Barco, ricercatore del centro di Neuroscienze dell’Università di Alicante
e moderatore del workshop. “Allo stesso
tempo, per queste scoperte è stato fondamentale lo sviluppo di avanzati metodi
di sequenziamento del DNA, che hanno visto la luce non più di 7-8 anni fa”.
L’approccio
terapeutico basato sull’epigenetica non è valido solamente per l’Alzheimer, ma
anche per una serie di altre patologie invalidanti quali le demenze
frontotemporali (un gruppo eterogeneo di demenze neurodegenerative che porta ad
alterazioni dell’umore e a una progressiva perdita della memoria e di altre
abilità cognitive) e per la Corea di Huntington (patologia che porta a un
drammatico declino a livello motorio e cognitivo): anche in questi casi è
possibile osservare una stretta interdipendenza tra predisposizione genica,
ambiente e comportamenti. “Negli ultimi anni si sta cominciando ad analizzare
anche la complessa sintomatologia legata alla schizofrenia da un punto di vista
epigenetico – aggiunge Barco- e uscendo dall’ambito delle malattie neurologiche,
i meccanismi di regolazione genica sembrano rivestire un ruolo fondamentale in
processi cognitivi complessi quali l’apprendimento, la memoria, la dipendenza e la risposta allo stress”.
Come in molti ambiti delle neuroscienze, un aiuto per la comprensione di questi processi e su come essi vengano alterati in situazioni patologiche proviene dalla ricerca traslazionale, in grado di mettere in relazione un meccanismo biomolecolare a una capacità cognitiva, e quindi a un comportamento: un approccio “a tutto tondo” in cui l’epigenetica riveste, e rivestirà in futuro, un ruolo sempre più cruciale.