Superare i limiti nella risoluzione spaziale causati dalle aberrazioni delle lenti di un microscopio elettronico in trasmissione, oggi è possibile grazie all’approccio di un nuovo algoritmo matematico che consente di ottenere immagini a risoluzione sub-atomica a partire da una diffrazione elettronica, aprendo nuovi scenari nella conoscenza dei materiali nanostrutturati.
L’occhio umano non riesce a distinguere (risolvere) due oggetti separati da una distanza minore di un decimo di millimetro. Per superare questo limite fisiologico sono stati sviluppati nel corso del tempo dei dispositivi ottici: i microscopi. Sin dalla fine del XIX secolo era però noto che il potere risolutivo di un microscopio ideale è intrinsecamente legato alla lunghezza d’onda del campo ondulatorio utilizzato per illuminare l’oggetto (limite di diffrazione). Questo vuol dire che un microscopio ideale che utilizzi luce visibile dall’occhio umano, quindi con una lunghezza d’onda dell’ordine di un decimo di micron, non può distinguere oggetti più piccoli di tale lunghezza d’onda. Se lo scopo è quello di visualizzare gli atomi in un solido per capirne le proprietà, allora è necessario usare delle lunghezze d’onda almeno mille volte più piccole di quelle della luce visibile, essendo le distanze interatomiche nei solidi dell’ordine dell’ångström (un decimo di milionesimo di millimetro). Quest’esigenza è alla base dell’invenzione dei microscopi elettronici in trasmissione che “illuminano” il campione con elettroni di lunghezza d’onda un milione di volte più piccola della luce visibile. Sfortunatamente le lenti utilizzate in un microscopio elettronico sono ben lontane dall’essere ideali e le immagini che si ottengono sono affette da aberrazioni tali da far sì che la risoluzione sia cento volte peggiore del limite di diffrazione e quindi appena sufficiente a distinguere alcuni degli atomi in un reticolo cristallino. Lo studio dei materiali per le nanotecnologie ha però bisogno di risoluzioni sempre più elevate in quanto anche piccole deformazioni in un reticolo cristallino di un solido hanno una grande importanza sulle sue proprietà, e, quindi, sulle prestazioni. Questa necessità ha stimolato notevoli sforzi tecnico-scientifici rivolti a correggere sempre meglio le aberrazioni delle lenti elettro-ottiche e, negli ultimi anni, lo sviluppo microscopi dotati di complessi e costosi correttori d’aberrazione sferica hanno permesso di migliorare ulteriormente la risoluzione spaziale sino a circa 0.5 ångström.
Un altro importante passo in avanti è stato recentemente ottenuto grazie ad un approccio differente riportato in uno studio, apparso on-line su Nature Nanotechnology il 4 aprile scorso, pubblicato in versione cartacea nel numero di maggio. Il lavoro, realizzato dalla collaborazione di tre gruppi di ricerca del CNR, mostra come sia possibile superare, tramite opportuni algoritmi matematici (tecniche cosiddette di “phase retrieval”), i limiti introdotti dalle aberrazioni elettro-ottiche delle lenti. Si tratta di utilizzare l’informazione sperimentale contenuta nei dati di diffrazione elettronica, che hanno distorsioni molto piccole, e un algoritmo matematico che svolge il ruolo di una lente ideale.
Lo studio è stato condotto su un nanocristallo di biossido di titanio (TiO2), con un diametro di circa 50 ångström e una lunghezza di circa 180 ångström utilizzando un microscopio elettronico in trasmissione con una risoluzione spaziale di 1.9 ångström, senza correttore d’aberrazione sferica. Il nuovo approccio di “diffractive imaging” messo a punto ha permesso di visualizzare gli atomi della struttura del nanocristallo con una risoluzione di 0.7 ångström, consentendo di visualizzare e discriminare le colonne degli atomi di ossigeno e titanio nella cella cristallina, non altrimenti distinguibili alla risoluzione di 1.9 ångström a cui opera il microscopio. Inoltre, è stato possibile identificare piccole distorsioni strutturali correlabili con le proprietà chimico-fisiche del materiale. L’approccio seguito dai ricercatori del CNR è applicabile anche ad esperimenti realizzati su microscopi equipaggiati con correttori d’aberrazione, permettendo un ulteriore miglioramento del limite di risoluzione.
I risvolti di questi risultati hanno un ampio campo d’applicazione nello studio della materia a risoluzione sub-atomica, laddove si potrebbero aprire spazi di conoscenza sin qui inaccessibili. Un campo potenziale di applicazione, ad esempio, è quello della ingegneria di nuovi materiali per dispositivi nano/biotecnologici, a base di esotiche interfacce fra nano-oggetti, così come nella realizzazione di architetture a base di nano-macchine naturali (DNA, cellule, proteine, eccetera). Definire alla scala sub-atomica le proprietà strutturali di un nano-sistema permetterà di comprendere e progettare sempre meglio nuovi materiali intelligenti del futuro.
Liberato De Caro
Fisica, Istituto di Cristallografia del CNR di Bari
Elvio Carlino
Fisica, IMO-CNR TASC di Trieste
Gianvito Caputo
Chimica, Università del Salento e CNR-NNL di Lecce
Pantaleo Davide Cozzoli
Chimica, Università del Salento e CNR-NNL di Lecce