Vasto, incontenibile e tutt’altro che in crisi: così è il mercato degli integratori alimentari verso il quale l’interesse di produttori, distributori e consumatori non accenna a diminuire. A trainare i consumi sono le prescrizioni mediche e i consigli dei farmacisti, alla base di oltre il 60% dei casi di utilizzo: e questo nonostante i dati di efficacia siano scarsi o assenti. Inoltre, la spesa per gli integratori è a carico del paziente. Se il consenso del pubblico nei confronti di questi prodotti è unanime, zoppica l’attuale quadro normativo europeo, tutto fuorché omogeneo e, a ben vedere, non scevro da criticità, prima tra tutte quella sulla sicurezza. Crediti immagine: Adobe Firefly
Il tema della sicurezza degli integratori alimentari, troppo spesso sottovalutato, indubbiamente anche a causa degli ingenti interessi economici che lo sottendono, è stato al centro del workshop “Food supplements vigilance systems in a public health perspective: the European context”, tenutosi presso l’International School of Pharmacology “Giampaolo Velo” di Erice lo scorso ottobre 2022. Un’occasione di confronto durante la quale diverse figure del settore, provenienti da alcuni paesi europei, hanno condiviso esperienze nel campo della sicurezza e normativa di questi prodotti. Gli obiettivi?
- Esaminare i punti di forza e debolezza dei sistemi di sorveglianza esistenti sugli integratori alimentari.
- Sviscerare gli aspetti metodologici alla base della rilevazione dei segnali di sicurezza.
- Sondare le modalità di comunicazione dei rischi agli operatori sanitari e al pubblico generale.
Dall’evento è scaturita la stesura di un manifesto, pubblicato sulla rivista Drug Safety, con cui le parti interessate hanno sottolineato un urgente bisogno di implementare sistemi di vigilanza dedicati agli integratori, coordinati e centralizzati in tutta Europa. «Il workshop di Erice è stato un importante momento di incontro tra realtà con competenze anche molto diverse nel settore, ma che sono finite per convergere sulla necessità di definire una cornice regolatoria comune a tutela dei consumatori e promuovere la consapevolezza sui potenziali rischi associati a questi prodotti» dichiara Francesca Menniti Ippolito, coordinatore del Sistema nazionale di fitosorveglianza e sulla sicurezza dei prodotti di origine naturale dell’Istituto superiore di sanità. «Certamente il manifesto rappresenta solo il primo passo di uno sforzo concertato, ma indicativo del fatto che qualcosa si sta finalmente muovendo per favorire un uso più sicuro e informato di questi prodotti in Europa». Ma dove affonda le radici questo impegno?
Megadosi di illusioni
A richiamare in primis l’attenzione sul tema è il mercato in crescente espansione. Pubblicità battenti, vetrine di negozi e scaffali di supermercati colmi sembrano confermarlo; per non parlare degli e-commerce ai quali fanno eco gli ormai troppi esperti improvvisati. I dati poi parlano chiaro e non sembrano certo smentire l’andamento di un settore che non conosce crisi: l’Italia vanta il più grande mercato di integratori alimentari d’Europa, pari oltre un quarto del totale con notevoli prospettive di crescita e attese di vendite pari a cinque miliardi per il 2025.
È quanto emerge dall’indagine di settore “Aggiornamenti sull’impatto della pandemia da Covid-19 sul mercato” a cura del Centro studi integratori & salute e che dimostra come l’emergenza sanitaria abbia ulteriormente acceso i riflettori sulla sfera della salute e del benessere, trasformando gli integratori alimentari in compagni essenziali della routine quotidiana dei consumatori. Ma qual è l’atteggiamento dei cittadini nei confronti di questi prodotti?
Nove persone su dieci utilizzano integratori
A rispondere è un sondaggio, commissionato dalla Food Supplements Europe, condotto tra marzo e aprile 2022, su oltre 13.000 intervistati di 14 paesi europei, tra cui l’Italia, che ha indagato come e perché i consumatori dell’eurozona assumono integratori alimentari. Il risultato?
- Quasi nove intervistati su dieci (88%) hanno affermato di aver utilizzato un integratore alimentare in qualche momento della loro vita.
- La stragrande maggioranza di questi (93%) dichiara di averlo fatto negli ultimi 12 mesi per lo più per il mantenimento dello stato di salute generale e del sistema immunitario.
- In vetta ai consumi la vitamina D, seguita da vitamina C, magnesio, integratori multivitaminici e multiminerali, omega 3, vitamina B, ferro e calcio.
- Solo un intervistato su dieci non ha mai assunto integratori dichiarando di non averne mai sentito la necessità o di ritenere di introdurre tutti i nutrienti necessari dalla propria dieta.
- Solo una minima percentuale non lo ha fatto a causa di preoccupazioni sulla sicurezza (3%) o sulla regolamentazione di questi prodotti (4%).
Mero scetticismo o timori fondati?
La normativa sugli integratori è carente
Questi sospetti trovano conferma nell’attuale contesto normativo comunitario decisamente a macchia di leopardo, ma soprattutto non scevro da criticità. Ma vediamo nel dettaglio gli aspetti più controversi.
- A livello europeo, gli integratori alimentari sono soggetti al Regolamento n.178/2002 che li considera alla stregua di alimenti e pertanto di competenza dell’European Food Safety Authority.
- Nonostante la normativa comunitaria, a oggi manca un’armonizzazione nelle composizioni di questi prodotti, paradossalmente però disponibili in tutta Europa grazie alla libera circolazione transfrontaliera e alla loro promozione su Internet. La legislazione infatti prevede disposizioni specifiche solo per l’impiego di vitamine e minerali, ma non per gli altri nutrienti e sostanze a effetto nutritivo o fisiologico per i quali non sono definiti né liste di sostanze ammesse all’impiego né limiti massimi di sicurezza.
- Spetta all’Autorità competente di ogni stato membro, nel caso dell’Italia il Ministero della salute, redigere elenchi di ingredienti autorizzati e non autorizzati nonché eventuali limiti di apporto.
Resta fermo che per poter essere inclusa in un integratore alimentare, ogni sostanza deve aver fatto registrare un pregresso consumo significativo in ambito europeo come prova di sicurezza, senza il quale il prodotto si configura come un novel food, cioè nuovo alimento o ingrediente alimentare. Ma sono davvero garanzie sufficienti a tutela dei consumatori?
La delicata questione della sicurezza
Se da un lato l’immissione in commercio di un integratore da parte di un operatore del settore è subordinata a procedura di notifica elettronica al Ministero della salute, che ne valuta la conformità alla normativa vigente, dall’altro la legislazione europea non definisce obblighi per le Autorità di regolamentazione e i produttori in materia di sicurezza prima e dopo la messa a disposizione al pubblico. La norma si limita a stabilire che è responsabilità del produttore accertarsi che un prodotto sia sicuro senza specificarne le modalità. Questo scenario, certamente non limpido, ha recentemente spinto anche il Comitato economico e sociale europeo a sollevare preoccupazioni sulla sorveglianza di questi prodotti; preoccupazioni riportate in un parere, presentato alla Commissione Europea, ma che non ha avuto ancora alcun seguito, in cui si esortano le parti interessate a uniformare il quadro normativo e la sua attuazione nell’interesse di un’economia più equa e di una maggiore sicurezza.
Le soluzioni messe in campo
Le lacune legislative comunitarie non hanno però trattenuto le Autorità di alcuni paesi membri dall’adottare negli anni misure a tutela della sicurezza dei consumatori, come l’istituzione di sistemi volontari per la segnalazione di sospette reazioni avverse agli integratori alimentari, a oggi i soli strumenti disponibili per monitorare questi prodotti una volta messi sul mercato. Tuttavia, solo pochi paesi dell’Unione Europea (Italia per prima, seguita da Francia, Danimarca, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovenia e Croazia) hanno istituito sistemi di vigilanza dedicati agli integratori alimentari che, contrariamente al pensiero comune, non sono esenti da rischi e possono esporre i consumatori di ogni età e condizione a eventi avversi.
L’attuale mancanza di armonizzazione normativa fa sì che gli sforzi, seppur rispettabili, di alcuni stati non permettano di rilevare rapidamente segnali di sicurezza e non abbiano l’impatto sperato sulla pratica clinica.
Al riguardo, anche se l’istituzione di sistemi di vigilanza coordinati a livello centrale e il lavoro per promuovere un uso sicuro degli integratori alimentari in Europa possano sembrare complessi, il valore aggiunto in termini di salute pubblica merita lo sforzo da compiere.