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La sindrome del sei riacciuffato

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Sarà capitato forse anche a voi di avere a scuola continue insufficienze in una materia e per questo vi siete dati da fare con lo studio per riuscire a mettervi alla pari e così, finalmente, avete riacciuffato la sufficienza. Tanta è stata la soddisfazione del risultato raggiunto e tanta la fatica per raggiungerlo che vi siete poi concessi una pausa nello studio e così ... di nuovo un bel quattro in pagella!

Con la lotta all'epidemia da Covid-19 sembra si sia instaurata una simile sindrome del sei riacciuffato. Quando finalmente, grazie agli sforzi e ai disagi, il problema sembra avviarsi alla soluzione, a quel punto, soddisfatti di aver raggiunto una maggiore tranquillità, si abbassa la guardia e i contagi riprendono di nuovo, spesso peggio di prima.

Il meccanismo descritto in figura è quindi il seguente: c'è un livello più o meno costante di accettazione delle misure di contenimento (lockdown, coprifuoco, green pass ...) che si confronta con il livello di preoccupazione o di paura per gli effetti dell'epidemia (contagi, isolamento, ricoveri, decessi). Quando la preoccupazione supera il livello di accettazione si attivano le misure di contenimento che vengono invece abbandonate quando i timori diminuiscono grazie agli effetti positivi delle misure adottate e questo porta, dopo un certo periodo, al riacutizzarsi dell'epidemia.

Quasi mai, quando succede questo, si riconoscono le responsabilità di aver abbassato la guardia. Quando a scuola, per aver di nuovo ridotto l'impegno nello studio, si riprende un brutto voto si cerca sempre un altro colpevole diverso da quello vero, e così per l'epidemia il colpevole principale diventa di volta in volta il clima, le varianti, la non vaccinazioni, o altro. Esaminiamo tre stagioni dell'epidemia da Covid-19.

L'estate 2020, le discoteche e il virus in letargo

La primavera 2020, grazie soprattutto al rigido lockdown di marzo e aprile, era terminata a fine giugno con una frequenza molto ridotta di contagi giornalieri. L'estate trascorse senza nuove preoccupazioni e fu probabilmente proprio per queste ragioni che si preparò la seconda ondata di inizio autunno.

Ricordiamo le cronache: le rassicurazioni di alcuni clinici, Zangrillo innanzitutto, che diffusero la convinzione che ormai il virus si era "in letargo" e i pochi contagi non creavano più malattie serie. Nel frattempo si scatenò la polemica sulla riapertura delle discoteche che poi si concluse praticamente con il focolaio nella discoteca Billionaire di Briatore che convinse i più che il virus era tutt'altro che sparito e quindi ripresero le paure e conseguentemente la misure di contenimento.

Difficile oggi poter dire se l'ondata di autunno la si sarebbe potuta evitare se non fossero state tolte tutte o quasi le misure di precauzione durante l'estate; non possiamo però dimenticare che in autunno, dal 21 settembre al 21 dicembre, si sono contati 1 667 814 contagi e 33 493 decessi per Covid-19 con punte di ricoverati in ospedale di 34 697 malati il 22 novembre e 3 382 in terapia intensiva il giorno di Sant'Ambrogio, il 7 dicembre. Una ben triste performance per un virus ormai in letargo.

Il giallo per tutti alla fine dell'inverno 2021

Le ultime settimane del 2020 videro un aumento importante dei contagi dovuto anche alla maggior circolazione di persone durante lo shopping e le feste natalizie e di capodanno.

Nel mese di gennaio, però, i contagi si ridussero e se anche non si aveva "acciuffato ancora il sei" , possiamo dire che almeno al cinque più ci si era arrivati e infatti dai 23 477 del 31 dicembre si era scesi sotto agli ottomila contagi: 7 925 il 1° febbraio. L'andamento dei contagi mostrava una ciclicità intra settimanale molto maggiore del passato e questo era anche dovuto ai tamponi antigenici che avevano permesso una maggiore attività non solo sui sospetti diagnostici ma anche solo per ragioni di controllo.

Bastò questa riduzione dei contagi per far ritenere al Governo di poter concedere l'opportunità dell'estensione a tutta Italia delle misure previste per le zone gialle. E questa ripetuta "sindrome del sei riacciuffato" fu subito avvertita dall'Associazione Italiana di Epidemiologia che scrisse una lettera al Ministro della Salute per segnalare i rischi che si stavano assumendo.

Si evidenziava che l'indicatore Rt era “in ritardo” rispetto al contagio, come accadeva già prima e come sarà anche dopo per il modo in cui viene ottenuto, incapace di segnalare tempestivamente la variazione dell'andamento epidemico e nonostante l'invito non si accettò di affiancare né allora né oggi l'indicatore più tempestivo RDt proposto dall'Associazione Italiana di Epidemiologia.

Così l'Italia "gialla" diventò presto arancione e rossa e qualcuno interpretò questa crescita come dovuta all'estendersi della variante inglese, ma probabilmente il suo apporto fu secondario mentre più rilevante fu, ancora una volta, l'abbandono delle misure di contenimento e l'atteggiamento con meno precauzioni della popolazione che riteneva di aver meno rischi anche perché, nel frattempo, era iniziata con successo la campagna vaccinale. E quindi fu terza ondata!

Durante la primavera, dal 21 marzo al 21 giugno sono stati diagnosticati 887 361 contagi e purtroppo ci sono stati 22 349 decessi. L'occupazione maggiore di posti letto si è avuta il 6 aprile con 29 337 ricoveri di cui ben 3 743 in terapia intensiva.

L'estate 2021, la variante Delta e l'estensione del bianco a tutta Italia

 

All'inizio dell'estate, il 21 giugno, i nuovi contagi sono stati appena 495 e negli ospedali vi erano 2 390 ricoverati di cui 385 in terapia intensiva e anche la letalità stava scendendo sotto al 2%.

Vi erano però due elementi rilevanti: l'estensione del numero di vaccinati e la diffusione della variante Delta che si riteneva fosse molto più contagiosa. Nonostante questo supposto pericolo il Governo, e le Regioni, ritennero di riportare "in bianco" tutta l'Italia, limitando così le misure di contenimento alle poche regole comportamentali individuali.

Era ancora una volta la "sindrome del sei riacciuffato", a cui può aver dato un contributo la variante Delta, ma anche la fine dell'anno scolastico, pur svolto con la DAD, che aveva portato i ragazzi a riaggregarsi nelle loro diverse e desiderate attività, l'inizio delle vacanze anche degli adulti al mare e in montagna, non solo in Italia ma anche all'estero, e alcuni eventi come l'europeo di calcio. Tutto ciò comportò nuovamente una crescita dei contagi dopo il minimo raggiunto proprio il 28 giugno, giorno di inizio dell'estensione della zona bianca.

Ancora una volta non ebbe alcuna rilevanza presso le istituzioni il nostro post nel blog di Epidemiologia e Prevenzione "Come sta la sanità", in cui si evidenziava la contraddizione tra l'affermazione della cresciuta e preoccupante contagiosità della variante Delta e la riduzione pressoché completa delle misure collettive di contenimento.

Si è arrivati così a metà agosto e la situazione sembra lentamente migliorare: in particolare l'indice RDt che aveva raggiunto il valore di 2,26, è sceso sino a sfiorare l'unità e se riuscirà a oltrepassare questa soglia significherà che i contagi avranno iniziato a diminuire.

Nel frattempo è buona cosa che la quota dei contagiati che abbisognano di terapia intensiva sia scesa dall'1% a circa lo 0,3% e la letalità, che a inizio anno era del 3% poi scesa lentamente al 2%, attualmente si aggiri attorno allo 0,5%, cioè di soli 5 decessi ogni mille nuovi contagi. Questa situazione decisamente positiva la si deve sia all'età media dei contagiati, decisamente scesa sotto ai 30 anni, sia alla presenza di contagiati precedentemente già vaccinati che manifestano per lo più solo una sintomatologia minore.

Ma ancora una volta stiamo ben attenti a non ritornare affetti dalla "sindrome del sei riacciuffato", sia che non si sia ancora vaccinati sia che lo si sia già. Purtroppo questa sindrome sembra sia a tutti noi molto cara e alcune esternazioni lo evidenziano: vedi per esempio quelle di Zangrillo del 21 luglio su Il Messaggero e anche le altre numerose non solo sue: ci dobbiamo ricascare?


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