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Sistema immunitario, l'ambiente conta più dei geni

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Perché questo inverno hai preso l'influenza, mentre i colleghi no? La risposta potrebbe avere meno a che fare con i vostri geni e molto più con l'ambiente. Questa l’interpretazione di un editoriale di Science nel commentare i risultati di uno studio pubblicato dai ricercatori della Stanford University sulla rivista Cell.

Il nostro sistema immunitario è molto complesso e diverso per ognuno di noi. Cosa lo renda efficace, però, non è molto chiaro, anche se è evidente che sia determinato in parte a livello genetico. D’altra parte, però, i vaccini funzionano proprio perché il nostro organismo è in grado di adattarsi all’ambiente circostante.
La domanda che si sono posti Mark Davis e colleghi è stata quindi quale sia il fattore maggiormente determinante per un buon sistema immunitario.
Per scoprire la relazione tra genetica, ambiente ed efficienza, gli autori della ricerca hanno studiato i gemelli omozigoti ed eterozigoti, un metodo classico per ricerche sull’ereditarietà. I gemelli omozigoti, infatti, condividono il 100 per cento dei geni, mentre quelli eterozigoti circa il 50 per cento. Questi ultimi però, a differenza dei fratelli, devono le loro differenze quasi esclusivamente al loro patrimonio genetico, dal momento che hanno “vissuto” insieme nell’utero materno e subito dopo la nascita. Se un tratto è ereditario, i gemelli identici saranno più propensi a condividerlo rispetto ai gemelli fraterni.

Sono quindi stati reclutati 210 tra gemelli identici e fraterni (78 coppie di gemelli monozigoti e 27 eterozigoti) con età compresa tra gli 8 ei 82 anni, dai quali sono stati presi campioni di sangue. I ricercatori hanno quindi valutato più di 200 parametri del loro sistema immunitario, ad esempio misurando il numero di 95 tipi di cellule immunitarie e 51 tipi di proteine.
Dalle analisi è emerso che nel 75 per cento di casi vi era una dominanza di fattori non ereditabili e che alcuni di questi parametri diventavano più variabili nei gemelli identici con più di 60 anni, rispetto a quelli con un’età inferiore ai 20.
Questa variabilità legata all’età suggerisce una divergenza che aumenta col tempo e dunque l'influenza cumulativa di un’esposizione ambientale, come quella ad agenti patogeni, ma anche la dieta, l’igiene e le vaccinazioni.
Un’ulteriore conferma del fatto che conoscere la sequenza del genoma di una persona per prevedere quali malattie avrà in età adulta facilmente non basta, come ha spiegato Mark Davis: "Il corredo genetico riveste certamente un ruolo cruciale nella suscettibilità ad alcune malattie, ma il sistema immunitario deve avere un alto livello di plasticità per poter affrontare episodi non prevedibili come infezioni, ferite e formazioni di tumori".

Plasticità sembra quindi essere la parola chiave per un buon sistema immunitario. Almeno per i primi 20 anni, infatti, il sistema immunitario è particolarmente reattivo e riesce ad adattarsi alle più diverse condizioni ambientali, non prevedibili dalla “semplice” genetica. Questo spiega l’enorme eterogeneicità nei parametri immunologici nella popolazione, gemelli compresi. “Nella maggior parte dei casi, come nella reazione al vaccino dell'influenza o in altri tipi di responsività immunitaria,- conclude Davis - l'importanza della genetica è limitata o addirittura nulla: è probabile che l'ambiente e l'esposizione individuale ai microbi siano il fattore determinante”.

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