fbpx Sistemi planetari: norma, non eccezione | Scienza in rete

Sistemi planetari: norma, non eccezione

Primary tabs

Tempo di lettura: 3 mins

Gennaio è davvero un mese propizio per chi si occupa di planetologia. Lo scorso anno, proprio in questo stesso periodo, veniva reso noto uno studio che suggeriva – e già sembrava un azzardo – che, mediamente, intorno a una stella su due della nostra Via Lattea orbitasse almeno un pianeta.
Se pensiamo che le stime correnti relative alla Galassia indicano una popolazione di circa 200 miliardi di stelle, quella valutazione buttava sul tappeto qualcosa come cento miliardi di pianeti. D'accordo, lo studio nasceva da valutazioni statistiche e qualcuno dinanzi a tali argomentazioni storce un po' il naso, ma il numero resta comunque incredibile. Se poi pensiamo che fino all'inizio degli anni '90 gli unici pianeti che conoscevamo erano quelli della famiglia del Sole mentre adesso il numero complessivo di quelli accertati è di 725 raggruppati in 591 sistemi planetari (eccone un esauriente catalogo interattivo), il quadro assume toni davvero da fantascienza.

Proprio nei giorni scorsi, però, è stato pubblicato su Nature un altro studio statistico che fa lievitare ancora di più il numero dei possibili pianeti in circolazione. Lo studio, coordinato da Arnaud Cassan dell'Institut d'Astrophysique de Paris, analizza i risultati della ricerca di pianeti extrasolari attraverso la tecnica del microlensing e giunge alla conclusione che nella Via Lattea, mediamente, intorno a ogni stella orbita almeno un pianeta. Il che non significa affatto che tutte le stelle possiedano un sistema planetario, ma suggerisce comunque che il numero dei pianeti della Via Lattea proposto dalla stima dello scorso anno deve come minimo essere raddoppiato se non addirittura triplicato.

Il microlensing è una tecnica che sfrutta la deviazione dei raggi luminosi di una stella lontana provocata dal loro passaggio in prossimità di un corpo celeste. In pratica, se un corpo celeste, per esempio una stella, risulta perfettamente allineato con l'osservatore e la stella lontana, si comporta esattamente come una lente e amplifica temporaneamente il segnale luminoso della stella di fondo. L'accurata analisi di questo picco di luminosità permette di scoprire se l'oggetto che si è comportato da lente sia una singola stella oppure intorno ad essa orbiti un pianeta.

Da qualche anno si stanno conducendo vari progetti osservativi che prevedono campagne di costante sorveglianza di milioni di stelle (MOA e OGLE) e un accurato controllo dei potenziali eventi di microlensing (PLANET e MicroFUN), un paziente lavoro che ha portato all'identificazione e alla conferma di una decina di pianeti extrasolari (per la precisione, sono 13). Il team di Cassan ha dunque analizzato il peso statistico di tali scoperte mettendole in relazione con la probabilità – davvero molto bassa – che si possa assistere dal nostro pianeta a un evento di microlensing. Benché ai profani i numeri in gioco appaiano quasi insignificanti, la conclusione alla quale giungono i ricercatori è che le stelle che ospitano sistemi planetari sarebbero ben più diffuse di quanto si possa pensare. Quella manciata di pianeti scoperti con la tecnica del microlensing, insomma, testimonierebbe che nella Via Lattea le stelle dotate di un sistema planetario sarebbero la norma e non certo l'eccezione.

I numeri proposti dallo studio sono incredibilmente chiari: tenendo conto delle possibili dimensioni dei corpi planetari (tra 5 masse terrestri e 10 masse gioviane) e delle distanze dalla loro stella (tra 0,5 e 10 Unità Astronomiche) che le attuali ricerche sono in grado di rilevare, Cassan e collaboratori concludono che, in media, intorno a ogni stella della Galassia orbitano 1,6 pianeti. Detta in altro modo, nella Via Lattea i pianeti che orbitano intorno alle stelle sarebbero almeno una volta e mezza più numerosi delle stelle stesse. Il che, tenendo buona la valutazione del numero di astri del nostro sistema stellare proposta all'inizio, ci porta allo sconvolgente numero di almeno 300 miliardi di oggetti planetari.
Difficile non cedere, anche solo per un momento, a un comprensibile senso di vertigine...

ESO - NASA


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Siamo troppi o troppo pochi? Dalla sovrappopolazione all'Age of Depopulation

persone che attraversano la strada

Rivoluzione verde e miglioramenti nella gestione delle risorse hanno indebolito i timori legati alla sovrappopolazione che si erano diffusi a partire dagli anni '60. Oggi, il problema è opposto e siamo forse entrati nell’“Age of Depopulation,” un nuovo contesto solleva domande sull’impatto ambientale: un numero minore di persone potrebbe ridurre le risorse disponibili per la conservazione della natura e la gestione degli ecosistemi.

Nel 1962, John Calhoun, un giovane biologo statunitense, pubblicò su Scientific American un articolo concernente un suo esperimento. Calhoun aveva constatato che i topi immessi all’interno di un ampio granaio si riproducevano rapidamente ma, giunti a un certo punto, la popolazione si stabilizzava: i topi più anziani morivano perché era loro precluso dai più giovani l’accesso al cibo, mentre la maggior parte dei nuovi nati erano eliminati.