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SKA: il grande orecchio si estenderà su due continenti

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Saranno insieme l’Africa (per il 70%) e l’Oceania (30%) a ospitare lo Square Kilometer Array (SKA), che si annuncia come il telescopio più grande e più sensibile mai costruito dall’uomo. SKA è un radiotelescopio. E quindi si presenterà come un grande orecchio che – sia pure delocalizzato e disseminato su due continenti – coprirà un’area di un chilometro quadrato. La decisione a “due siti” – con il Sud Africa sito principale – è stata presa lo scorso 25 marzo dai membri dello “SKA Organization”, cui partecipano istituzioni politiche e/o scientifiche di Australia, Canada, Cina, Italia, Nuova Zelanda, Sud Africa, Olanda e Gran Bretagna. L’Italia è presente attraverso l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF).

 Il progetto SKA ha una grande valenza tecnologica. In primo luogo per la sensibilità del radiotelescopio, che sarà da 50 a 100 volte maggiore di ogni altro strumento costruito dall’uomo per indagare il cosmo; capace di scandagliare miliardi di galassie (a tutt’oggi ne abbiamo studiato solo alcuni milioni) e di trovare la radiosorgente più piccola nel luogo più remoto. I progettisti assicurano che sarebbe in grado di individuare il radar di un eventuale aeroporto su un pianeta distante 50 anni luce dalla Terra.

Ma la tecnologia SKA, oltre che per l’inedita sensibilità, si caratterizza anche per la sua intrinseca complessità. Più che un singolo manufatto, infatti, SKA è un insieme numeroso di oggetti in relazione tra loro. In pratica, sarà costituito da migliaia di piccole antenne, disposte, come abbiamo detto, su due continenti. Nella parte africana il 20% delle antenne sarà collocato nel raggio di 1 chilometro dal suo centro virtuale; il 50% in un raggio di 5 chilometri e il restante 30% in un raggio che potrà essere anche di 3.000 chilometri. Il 30% di SKA sarà collocato tra l’Australia e la Nuova Zelanda, a decine di migliaia di chilometri, dunque, dal suo centro virtuale.

Tutte queste antenne saranno integrate in un sistema informatico unico. Ciascuna lavorerà in maniera diversificata, ma rispondendo a un unico direttore d’orchestra: il centro informatico centrale. Che raccoglierà una quantità di dati superiore a quella raccolta dall’umanità nel corso della sua intera storia. Per gestire questi dati e tradurli in informazioni scientifiche significative, il sistema informatico di SKA avrà bisogno di una potenza di calcolo superiore a quella necessaria per far funzionare l’intera rete elettronica globale, Internet.

Detto in altri termini: il grande orecchio costituirà un nuovo grande salto nella scienza e nella tecnologia informatica. Il radiotelescopio SKA ha anche un grande valore scientifico. Per almeno tre motivi principali e un’intera costellazione di altre ragioni minori (ma non secondarie). Il primo motivo risiede nel fatto che, con le sue sensibilissimo sistema integrato di orecchie, SKA consentirà di risalire fino all’epoca dell’universo neonato (circa 300.000 anno dopo il Big Bang) e studiare in dettaglio la grande transizione tra l’Era del Buio – quando a causa dell’elevata temperatura i fotoni interagivano continuamente con la materia, facendo dell’universo una bolla oscura, nebbiosa e informe – e l’Era della Luce, quando la temperatura scese abbastanza da consentire ai fotoni di viaggiare pressoché liberamente e al cosmo di diventare finalmente trasparente e di strutturarsi in stelle, galassie, ammassi di galassie e ammassi di ammassi.

SKA, inoltre, consentirà di individuare e studiare una quantità inedita di oggetti cosmici in ogni punto dello spaziotempo. Il che, assicurano i progettisti, farà aumentare la probabilità di scoprire civiltà aliene, anche minimamente sviluppate come la nostra. Ammesso, naturalmente, che queste civiltà esistano.

Il telescopio, infine, consentirà di approfondire le conoscenze, ancora poche invero, su quella materia oscura e su quella energia oscura, che costituiscono, rispettivamente, il 23% e il 73% dell’universo. A tutt’oggi, vale la pena ribadirlo, noi conosciamo relativamente bene solo il 4% della realtà cosmica che ci circonda.

Quanto alla costellazione degli altri motivi, SKA promette in diversi ambiti: dalla verifica della solidità della relatività generale alla scoperta di nuovi oggetti cosmici. In definitiva, quando nel 2020 il progetto SKA sarà ultimato, inizierà una nuova stagione nella storia dell’astrofisica e della cosmologia. O, almeno, questo è quanto promettono i suoi progettisti.

Ma, oltre la valenza tecnologica e scientifica, la costruzione di SKA ha un grande valore anche dal punto di vista geopolitico. Non solo e non tanto perché è un grande progetto internazionale. Ma anche e soprattutto perché chiama a un ruolo da protagonisti i due continenti scientificamente minori: l’Oceania e l’Africa. In realtà l’Oceania ha un peso minore nella scienza internazionale solo perché è poco abitato. Il più piccolo dei continenti ha un’economia ricca e sviluppata. I suoi laboratori e le sue università sono di valore assoluto e perfettamente integrate nel sistema di ricerca e di alta educazione del mondo occidentale. L’Australia è un paese più che affidabile per guidare la parte del progetto del piccolo continente. SKA servirà all’Oceania per consolidare la sua posizione nel mondo della scienza e dell’innovazione tecnologica.

L’Africa si trova in condizioni affatto diverse. È un continente grande e popoloso. Ma povero. Con un sistema di ricerca e di alta educazione poco sviluppato. Ma, guidato dal Sud Africa, il “continente dimenticato” ha una grande volontà di recuperare il terreno perduto.

In altri termini, l’Africa punta molto su SKA e non solo perché si ritaglia la fetta più grande (il 70%, appunto) dei 2 miliardi di dollari che costituiscono la dote dell’impresa internazionale. Ma perché, entrando dalla porta principale nella Big Science, subirà una potente accelerazione verso l’integrazione nella comunità scientifica internazionale. L’Africa spera così di diventare un attore non marginale nel sistema di scambi globali di beni e servizi hi-tech.

Sta di fatto che il Sud Africa – che ha già installato 80 antenne radio, e guiderà la componente africana di SKA – vuole dimostrare a se stesso e agli altri di poter competere alla pari col resto del mondo e che i tentativi che sta effettuando per entrare nella società globale della conoscenza non sono affatto effimeri. Il paese di Mandela ha le carte in regola per vincere la sfida: è una già una potenza scientifica emergente (anzi, riemergente) e possiede già una quantità di risorse finanziarie, di mezzi tecnici e di ricercatori con cui poter partecipare da protagonista al progetto “grande orecchio”.

Tuttavia SKA è un progetto che non riguarda solo il Sud Africa, principale paese ospite, ma coinvolge altri sette diverse nazioni: il Botswana, che ospiterà 4
stazioni di antenne; la Namibia, che ne ospiterà 3; e poi con una stazione ciascuna Kenya, Mozambico, Mauritius, Madagascar, Zambia. Queste paesi non metteranno a disposizione solamente i loro deserti e un cielo relativamente pulito, ma anche una quota parte dei finanziamenti e, soprattutto, delle risorse umane. Nella convinzione che SKA possa diventare il volano di una crescita scientifica e tecnologica dell’intero continente.


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