fbpx La sottile linea rossa. Armi chimiche e biologiche nel conflitto russo-ucraino | Scienza in rete

La sottile linea rossa. Armi chimiche e biologiche nel conflitto russo-ucraino

Primary tabs

Numerosi trattati hanno abolito l’uso delle armi chimiche e biologiche, ma la Russia non ha mai realmente smesso di produrle e usarle. Se dovessero essere impiegate nel conflitto con l'Ucraina, questo sarebbe visto come il superamento di una “Red Line” riconosciuta a livello internazionale, spingendo l'Occidente a prendere un'azione decisiva e probabilmente a reagire con la forza.

Crediti immagine: matthew Feeney/Unsplash

Tempo di lettura: 6 mins

Il conflitto in Ucraina sembra solo accelerare, con innumerevoli perdite umane da entrambe le parti. Nel tentativo di completare questa invasione il più rapidamente possibile, la Russia ha già incominciato ad usare armamenti più distruttivi, come l'uso di bombe a vuoto (bombe termobariche o bombe a implosione). Se Putin vuole portare a termine il lavoro velocemente, allora le armi chimiche e biologiche possono essere un'opzione particolarmente “attraente”.

Cosa si intende con armi chimiche e biologiche? Secondo l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opcw) per quanto riguarda le prime, sono incluse tutte le sostanze tossiche e i loro precursori che, attraverso le loro proprietà, sono in grado di alterare i processi vitali causando «morte, incapacità temporanea o danni permanenti all’uomo o agli animali». Qualunque dispositivo utilizzato per creare, lanciare e rilasciare le sostanze chimiche viene definito arma chimica, pertanto vi rientrano bombe, missili, proiettili di artiglieria, mine e anche alcuni tipi di carrarmati. Ci sono diverse categorie di armi chimiche. Agenti soffocanti come il fosgene attaccano i polmoni e il sistema respiratorio, facendo affogare la vittima nelle secrezioni dei suoi polmoni. Ci sono agenti vescicanti, come l'iprite, che brucia la pelle e acceca le persone. E poi c'è la categoria più letale di tutte: gli agenti nervini, che interferiscono con i messaggi del cervello ai muscoli del corpo. Una piccola goccia di questi può essere fatale. Meno di 0,5 mg di agente nervino VX, per esempio, è sufficiente per uccidere un adulto. Per quanto riguarda le armi biologiche sono basate su specifiche sostanze naturali e batteri, come dell’antrace / carbonchio. Rispetto ad altre armi di distruzione di massa, le armi biologiche si distinguono soprattutto per il loro costo di fabbricazione relativamente basso e per la difficoltà di rilevarne l’uso. Infatti, le armi biologiche sono «la bomba atomica dei poveri», scrive Steven Block su American Scientist. Egli sostiene che le armi biologiche offrono ai gruppi terroristici e agli “stati canaglia” (come l'Iraq e la Corea del Nord) un modo economico per contrastare la schiacciante superiorità militare degli Stati Uniti e di altre potenze nucleari.

Dal punto di vista storico, entrambi i tipi di arma sono stati usati ripetutamente, nonostante le innumerevoli restrizioni internazionali. La guerra biologica è “vecchia come il tempo”: già nel 300 a.C. i greci inquinavano i pozzi e le riserve di acqua potabile dei loro nemici con i cadaveri degli animali. Più tardi i romani e i persiani usarono le stesse tattiche. Nel 1155 in una battaglia a Tortona, Italia, il Barbarossa ampliò la portata della guerra biologica, usando i corpi dei soldati morti così come gli animali per inquinare i pozzi. Tuttavia è stata la repulsione internazionale per l'uso diffuso del velenoso gas mostarda durante la prima guerra mondiale che alla fine ha portato a un trattato del 1925 che vietò le armi biologiche durante le guerre future.

Dopo la seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica hanno lanciato programmi di armi biologiche su larga scala, che includevano lo sviluppo di spray aerosol in grado di diffondere agenti batterici e virali tramite aerei o missili balistici. Nel 1969, il presidente Richard Nixon emise un ordine esecutivo che poneva fine unilateralmente e incondizionatamente al programma americano di armi biologiche, e tutte le scorte degli Stati Uniti furono distrutte entro il 1972. Quello stesso anno, 160 nazioni firmarono un trattato che vietava l'uso di armi biologiche e chimiche. E 143 paesi alla fine hanno ratificato il trattato, inclusi Stati Uniti, Russia, Iraq, Iran, Libia e Corea del Nord. Cinquantadue nazioni non hanno firmato, tra cui Israele, Egitto e Somalia.

Nonostante le sue nobili intenzioni, il trattato del 1972 mancò di qualsiasi disposizione significativa per l'applicazione o la verifica. Come risultato, un certo numero di firmatari del trattato hanno mantenuto programmi attivi di armi biologiche. Come l’ex Unione Sovietica, la quale costruì il suo programma di armi biologiche durante tutta la guerra fredda e questo fu poi ampliato sotto il nome di Biopreparat. Il programma continuò anche dopo il 1972, quando l'URSS firmò la Convenzione sulle armi biologiche (BWC). Infatti, nonostante questo impegno, l'Unione Sovietica sviluppò una vasta gamma di armi biologiche, tra cui antrace, e gli agenti di peste, vaiolo e tularemia (una zoonosi batterica nota anche com febbre dei conigli). Il programma ha anche supervisionato importanti progressi nella biotecnologia, come lo sviluppo di agenti resistenti agli antibiotici. Al suo apice, il programma impiegava circa 60.000 persone.

L'URSS mantenne il programma segreto e negò la sua esistenza. Ma i sospetti furono sollevati nel 1979 quando l'antrace fu accidentalmente rilasciato da un impianto militare segreto a Sverdlovsk. Almeno 64 persone morirono nell'incidente. Boris Yeltsin, primo presidente russo e successore dei leader sovietici, ammise finalmente l'esistenza del programma nel 1992, causando uno scandalo internazionale. I disertori sovietici che hanno lavorato al programma, come Ken Alibek (ex Kanatjan Alibekov), hanno anche confermato che aveva sviluppato queste armi su una scala internazionale e che potevano uccidere 100.000 persone in un colpo.

Oggi, la Russia è vincolata dalla BWC a disarmare e rimuovere tutte le sue armi biologiche. Ha anche firmato altri accordi che le richiederebbero di sbarazzarsi del suo arsenale biologico, come un accordo trilaterale con gli Stati Uniti e il Regno Unito nel 1992 - anche se questo è fallito nel 1996, quando la Russia ha rifiutato di rivelare tutti i dettagli del suo programma. Quanto la Russia abbia effettivamente disarmato è sconosciuto, eppure gli esperti sostengono che abbia ancora un programma importante. Quindi, mentre ci sono poche prove che la Russia abbia usato effettivamente armi biologiche in passato, dovremmo supporre che abbia la capacità di farlo.

Per quanto riguarda la guerra chimica, la Russia è nota per aver posseduto la più grande riserva di armi chimiche del mondo e possedeva circa 40.000 tonnellate metriche di agenti chimici che potevano essere usati in un attacco. Questo arsenale includeva numerosi tipi di armi chimiche tra cui l'agente nervino sarin, così come il gas mostarda e il gas fosgene. L’estensione attuale dell'arsenale chimico russo è oggetto di controversie. La Russia ha firmato la Convenzione sulle armi chimiche del 1993, la quale vieta le armi chimiche. Gli stessi funzionari russi sostengono che il paese ha distrutto l'ultima delle sue scorte chimiche nel 2017. Questa affermazione non corrisponde al vero. La Russia ha infatti usato l'agente nervino Novichok nel tentato assassinio di Sergei Skripal a Salisbury nel 2018 e di Alexei Navalny nel 2020 (anche se la Russia lo nega). Gli attacchi dimostrano che la Russia ha sia le risorse per effettuare la guerra chimica sia la volontà di farlo. La preoccupazione che Vladimir Putin possa usare armi chimiche è seria. Il presidente siriano, Bashar al-Assad ha usato questi armamenti durante tutto il conflitto in Siria per abbattere le difese dei ribelli quando i bombardamenti convenzionali non erano sufficienti - per esempio, a Douma vicino a Damasco nel 2018.

Nel caso ucraino, se la Russia dovesse usare armi di distruzione di massa, questo sarebbe visto come il superamento di una “Red Line” riconosciuta a livello internazionale, spingendo l'Occidente a prendere un'azione decisiva e probabilmente a reagire con la forza.

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Allarme AIFA sull’antibioticoresistenza, rischia di diventare la prima causa di morte in Italia

Immagini e testi della campagna dell'ECDC sull'uso corretto di antibiotici

In occasione della Giornata europea degli antibiotici, il 18 novembre, l’AIFA ha reso pubblico un dossier che denuncia nuovamente il grave rischio dell’antibioticoresistenza, che ci lascia privi di armi per combattere infezioni pericolose. Tra le cause il consumo improprio ed eccessivo di antibiotici, che vede l’Italia messa tra i peggiori in UE: oggi consumiamo più antibiotici e abbiamo più decessi legati a infezioni da batteri resistenti di qualsiasi altro paese europeo. E nell’ultimo anno il consumo di antimicrobici è aumentato del 6,3%. Nell'immagine: campagna ECDC sull'uso corretto di antibiotici.

Iniziamo dai numeri, tratti dal dossier sull'antibioticoresistenza pubblicato da AIFA nella giornata mondiale degli antibiotici, che si celebra il 18 novembre di ogni anno (puoi leggere in calce all'articolo la versione completa del rapporto, mentre nel sito Epicentro dell'Istituto Superiore di Sanità trovi le iniziative relative alla giornata e settimana mondiale d