Aveva
ragione lo storico francese Marc Bloch: "l’incomprensione
del presente nasce fatalmente dall’ignoranza del passato". Per sapere chi
siamo, dobbiamo sapere chi e cosa eravamo, considerando un arco temporale che
non può limitarsi a decenni e neppure a secoli, ma deve estendersi a millenni.
È per questo che la storia della scienza risulta comprensibile solo avendo bene
in mente il percorso del pensiero dall’antichità ai giorni nostri. La necessità
di restituire al presente un passato, che poco si conosce, è fondamentale per stupirsi
davanti alla connessione di idee scientifiche di varia origine, alla perdita di
conoscenze nel corso del tempo e al sorgere di miti della storiografia,
mostrandone i fondamenti ideologici.
Ancora
una volta è la scienza a tenere banco. Con il saggio “Stelle, Atomi e Velieri”,
edito da Mondadori Università, il fisico Lucio
Russo appaga il lettore più esigente. L’autore è tra i più titolati per raccontare
la storia della scienza e lo fa, step by
step, fissando tutto in modo puntuale e preciso.
Il momento di eccellenza dell’opera è la nascita della tradizione ellenistica della scienza, che Russo descrive magistralmente. Nel 331 a.C., Alessandria diventò il principale centro culturale, e in particolare scientifico, dell’epoca. Gli scienziati iniziarono a costruirsi modelli astratti, che non rispecchiavano perfettamente la realtà, ma avevano il vantaggio di dimostrare teoremi, raggiungendo conclusioni teoriche assolutamente certe. Eratostene passò alla storia non solo per aver misurato la circonferenza della Terra, con l’errore di pochi per cento, ma soprattutto perché, per farlo, aveva disegnato un cerchio, ed era stato capace di immaginare che quel cerchio fosse la Terra. Una capacità di astrazione persa nel Medioevo - per le influenze religione, cristiane e mussulmane - poi riconquistata con la rivoluzione scientifica post-rinascimentale.
Uno
dei principali obiettivi della fisica, all’inizio dell’età moderna, fu la
costruzione di una teoria unificata dei fenomeni celesti e terrestri, che la
tradizione considerava di natura diversa. Le maree rappresentavano un ponte tra
questi due mondi: cielo e terra. E sul mare, lo sviluppo di tecniche di
navigazione, il calcolo della longitudine e l’architettura navale diventarono
fondamentali per l’economia. Stimolarono nuove ricerche scientifiche, che
ci portarono a comprendere che viviamo
in un cosmo infinito, dove la Terra non è protagonista.
Spinti
dalla curiosità sulle stelle di questo immenso universo, nella seconda metà
dell’Ottocento nacque la spettroscopia e, con essa, l’astrofisica fece passi da
gigante. Sempre nello stesso periodo, gli studi su elettricità e magnetismo ebbero
uno sviluppo straordinario, dando origine alla complessa teoria
dell’elettromagnetismo. Strabiliante l’interazione dei massimi esponenti accademici
insieme ad artigiani, inventori e imprenditori. Non a caso, il primo importante
impiego della corrente elettrica si ebbe nell’ambito della chimica industriale.
Dal
macrocosmo siamo giunti a studiare il microcosmo, gli atomi e la loro
evoluzione, e quell’organo meraviglioso, complesso e ancora misterioso che ci
fa pensare.
C’è ancora molto da fare, e molto faremo. La natura non è contradditoria, mentre noi, forse, un po’ lo siamo. Qualcuno oggi pensa che la soluzione delle proprie equazioni non abbia bisogno di verifiche sperimentali. Così sono nate le teorie sugli universi paralleli. Magari un giorno arriveremo a scoprire che il nostro universo non è il protagonista, come accadde per la Terra. Ma questo è ancora tutto da scrivere.