Guardo in cielo in una serena giornata invernale, l’aria è
tersa e da Milano si vede il profilo inconfondibile del Resegone. In cielo si
notano alcune scie lasciate da aerei che volano ad alta quota. Ho sempre
pensato che fossero il risultato della condensazione e successiva
solidificazione di vapor acqueo che, in base alle diverse condizioni ambientali
(pressione, temperatura e umidità dell’aria ad esempio) assumono forme e hanno
evoluzioni e durate diverse. Cristalli di ghiaccio, in parole povere. Un buon
numero di persone, invece, pensa si tratti di agenti biologici o chimici
spruzzati intenzionalmente nell’atmosfera da ipotetiche apparecchiature montate
sugli aerei: chemtrail quindi (da chemical trail) e non contrail (da condensation
trail).
Queste persone sono convinte che sia in atto un complotto, su scala
internazionale, per scopi non identificati ma probabilmente riconducibili a
guerre ambientali e modificazioni climatiche.
Delle cosiddette chemtrail – in italiano, scie chimiche – si parla da decenni e,
francamente, credevo che la bufala fosse ormai superata e sopravvivesse solo
come leggenda metropolitana. Ho invece scoperto che è ancora attuale, come
dimostra un recente raduno di mobilitazione contro queste scie chimiche,
organizzato da associazioni di cui non conoscevo l’esistenza e pubblicizzato
con un “manifesto”
che mi ha lasciato senza parole.
Ho poi appurato che sono state anche presentate numerose
interrogazioni parlamentari in merito, l’ultima nel 2011, promossa dall’On.
Domenico Scilipoti.
Nonostante nessuna prova sia mai stata avanzata a sostegno di questa bizzarra
interpretazione delle scie aeree, e nonostante le puntuali argomentazioni
contrarie presentate da scienziati e agenzie di diversi paesi, i sostenitori
delle scie chimiche perseverano nelle loro convinzioni.
Ci sono poi coloro i quali ancora non credono che dodici
astronauti abbiano camminato sulla Luna e non si arrendono alle evidenze sempre
più numerose del contrario (tra le ultime, le fotografie delle zone dove sono
atterrate le missioni Apollo 12, 14 e 17 ottenute dalla sonda della NASA Lunar
Reconnaissance Orbiter, v. “le Stelle” n. 114, pp. 6-8). E sono in molti a
essere convinti che a Roswell, New Mexico, o in Nevada, nella ben nota Area 51, siano custoditi i corpi di
alcuni extraterrestri e i resti delle loro astronavi schiantatesi al suolo.
Questi ultimi mattacchioni esercitano indubbiamente un fascino maggiore e, soprattutto, possono sbizzarrirsi
liberando la loro fantasia in merito agli alieni (ma se andate a vedervi i vari
filmati disponibili su YouTube addio alla fantasia e il fascino del mistero
verrà a mancare).
Siamo in quella enorme, confusa area della pseudoscienza
dove è difficile distinguere ingenuità da malafede, ciarlataneria da ignoranza,
attitudini mentali complottistiche da una eccessiva e acritica apertura mentale
a qualsivoglia fantasia. Terreno comunque fertile per truffe e frodi, spesso ai
danni di persone che per una ragione o per un’altra sono in uno stato di
debolezza.
Ma cosa c’entra il TAR del titolo? Ci arrivo tra un attimo.
Immaginiamo un’ultima assurdità, per esempio che un gruppo di persone sostenga
che la Terra sia piatta e non sferica. Supponiamo che questa idea bizzarra
raccolga in Italia un notevole numero di seguaci e che questi siano
particolarmente vocali e pressanti nel richiedere, ad esempio, che le loro
convinzioni vengano spiegate nelle scuole al pari di quelle contrapposte. Se la
pressione “sociale” si facesse abbastanza alta è possibile che il Ministero
competente (in questo caso il MIUR, quello dell’Istruzione dell’Università e
della Ricerca) decida di affrontare seriamente la questione e quindi il
Ministro potrebbe ritenere opportuno nominare una commissione scientifica di
esperti che valuti le varie evidenze disponibili e ponga fine alla questione.
Per inciso, se pensate che con questo esempio stia un po’ esagerando sappiate
che esiste la Flat Earth Society; si tratta di
un’organizzazione intesa a promuovere l’idea che il nostro pianeta, la Terra,
sia, appunto, piatta. Fondata nel 1956 in Inghilterra, ha avuto alterne vicende e
un numero altamente variabile di adepti. Ma torniamo alla commissione
ministeriale. Chi ci mettereste?
A me verrebbe subito in mente un paio di astronauti, visto
che hanno avuto modo di orbitare sullo Shuttle o soggiornare sulla Stazione
Spaziale Internazionale (ISS) e vedere la Terra da lassù. Ci sarebbe solo
l’imbarazzo di scegliere tra Guidoni, Malerba, Nespoli, Parmitano, Vittori e,
aspettando qualche mese, anche Samantha Cristoforetti (v. “le Stelle” n. 115,
pp. 52 53), la cui partenza, al momento in cui scriviamo, è prevista per la
fine di quest’anno. Poi mi verrebbe naturale pensare ad alcuni tecnici dell’ESA
e della NASA.
Perché non Tim Gasparrini, il program manager della missione
Juno? La sonda Juno, per poter arrivare a destinazione (Giove) più velocemente
e utilizzando meno carburante di quanto sarebbe stato necessario con un volo
diretto, ha utilizzato la Terra per un “gravity assist” che ha permesso di
aumentarne la velocità di oltre 25mila chilometri all’ora. Il successo
dell’operazione (avvenuta nell’ottobre 2013, v. “le Stelle” n. 99, pp. 54-59 e “le Stelle” n. 125, p. 26) è dipeso, tra l’altro, dalla
buona conoscenza che abbiamo delle caratteristiche del nostro pianeta (forma,
dimensioni, massa, velocità di rotazione, ecc.).
Chiederei poi anche a Danilo Muzi, program manager di GOCE, il satellite che
dal 2009 al 2013 ha mappato con grande precisione il campo gravitazionale
terrestre (v. “le Stelle” n. 115,
p. 28). Di buon complemento
sarebbero infine un matematico, un fisico, un geologo e un astronomo.
A presiedere la commissione di esperti potrebbe essere il
presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana che, con la costellazione dei quattro
satelliti COSMO-SkyMed, monitora la Terra con continuità acquisendo sino a 1800
immagini al giorno.
È facile prevedere quali sarebbero le conclusioni di un siffatto
comitato di esperti e quali le evidenze che verrebbero presentate a sostegno
delle conclusioni raggiunte. Meno facile è credere che un eventuale ricorso,
contro la scelta della commissione di esperti, presentato al TAR
territorialmente competente da alcuni irriducibili al fine di invalidare
l’intero processo possa essere accolto.
Potrebbe succedere? Certamente! È successo recentemente per
un caso simile: il comitato in questione era stato nominato non dal Ministro
dell’Istruzione Università e Ricerca ma da quello della Salute e doveva esprimersi
in merito al cosiddetto “metodo Stamina”. Ecco le motivazioni della sentenza di
accoglimento del ricorso che ha sospeso la nomina della commissione: «... è pertanto necessario che ai lavori partecipino esperti,
eventualmente anche stranieri, che sulla
questione non abbiano già preso posizione o, se ciò non è possibile essendosi tutti gli esperti già esposti, che siano chiamati in seno al Comitato, in pari misura, anche coloro che si sono
espressi in favore di tale Metodo».
I punti critici della sentenza, lesivi del metodo
scientifico, sono due: il primo ha a che vedere con l’etica di uno scienziato e
con la sua integrità professionale. La sentenza stabilisce che l’esperto, se si
è già espresso a favore di una determinata ipotesi, non potrà valutare
oggettivamente possibilità alternative. Ma è proprio una delle qualità dello
scienziato l’avere la capacità di riflettere su nuovi dati e nuove ipotesi e
saper valutare fatti, metodi e procedure; che è cosa ben diversa da esprimere
una preferenza, un’opinione soggettiva, una simpatia. E per esprimere un
giudizio “scientifico” e professionale è necessario avere competenza in
materia, conoscere ciò che si deve valutare. Questo, l’uomo della strada lo sa
benissimo e lo applica ogni qualvolta si affida a un esperto di un settore per
risolvere un suo particolare problema. Non chiede a un oculista se farsi
operare o meno al ginocchio e non chiama il falegname se la lavatrice perde
acqua.
Il secondo vulnus si ha là dove la sentenza introduce la
necessità di “par condicio” in una
valutazione scientifica. Questo è ancora più grave perché legittima la
richiesta di un confronto – ricominciando da zero – tra una conoscenza
scientifica frutto di anni di studi, di verifiche e con molteplici evidenze
accumulate, e l’ultima uscita bislacca di una mente fantasiosa, talvolta ingenua ma talvolta truffaldina.
Non c’è spocchia nel considerare questo un vulnus. Non c’è
arroganza nel rifiuto di un confronto che non sia tra “pari”, e non c’entra la
democrazia che, appunto non c’entrando, non viene qui calpestata. Non si
possono mettere sullo stesso piano evoluzione biologica e creazionismo,
astronomia e astrologia, medici e taumaturghi. Anni di studi, evidenze
accumulate, esperimenti ripetuti, dovranno pure contare qualcosa.
Teorie e ipotesi possono certamente essere falsificate o anche solo riviste e
corrette. Il sapere si costruisce con continuità e la validità di un concetto
può certamente essere messo in discussione. Servono nuovi dati, fatti o teorie,
però, che devono aver superato il vaglio del “metodo” e devono avere acquisito
credibilità scientifica attraverso conferme indipendenti.
La pseudoscienza non ha diritto di cittadinanza nei dibattiti scientifici. È un
peccato, quindi, ed è preoccupante, che nuovamente (ricordate il metodo Di
Bella?) scienza e diritto siano entrate in rotta di collisione; dovrebbero
invece andare a braccetto. È urgente che il nostro Paese trovi il modo di
riavvicinare scienza, istituzioni e cittadini per favorire un dialogo tra le
parti, nel rispetto delle reciproche prerogative e permettere dibattiti che non
siano inficiati da condizionamenti ideologici o atteggiamenti faziosi e
irrazionali ma si basino su argomenti fondati e prove rigorose, eventualmente
rivedibili, ma alla luce di nuovi dati e nuove teorie migliorative.
Tratto da Le Stelle n° 128, marzo 2014