Viviamo in una “società della
conoscenza”, espressione che ha assunto importanza crescente a partire dal
Consiglio Europeo di Lisbona del marzo 2000, che ha conferito all’Unione
Europea l’obiettivo strategico di sviluppare un’economia basata sulla conoscenza,
più competitiva e dinamica, in grado di realizzare una crescita sostenibile con
nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.
Si tratta di una società nella quale il
ruolo della conoscenza assume, dal punto di vista economico, sociale e
politico, una centralità fondamentale nei processi di vita, e che fonda la
propria crescita e competitività sul sapere, la ricerca e l’innovazione.
Tale società necessita quindi, per
crescere, di essere alimentata in maniera continua da nuova conoscenza e in
questo contesto le Università e i centri di ricerca che producono innovazione
nella conoscenza scientifica sono chiamati a un nuovo ruolo.
Si parla di “terza missione”
dell’Università, per sottolineare che gli atenei devono assumere un nuovo
fondamentale obiettivo accanto a quelli tradizionali dell’alta formazione e
della ricerca scientifica: il dialogo con la società.
In realtà il termine “terza missione” è
ambiguo perché usato per indicare una molteplicità di attività che mettono in
relazione la ricerca universitaria e la società.
Una prima fondamentale tipologia è
quella delle attività di trasferimento tecnologico finalizzate alla
valutazione, alla protezione, al marketing e alla commercializzazione di
tecnologie sviluppate nell’ambito dei progetti di ricerca condotti dal mondo
accademico e, più in generale, alla gestione della proprietà intellettuale in
relazione con gli stessi progetti.
Una seconda modalità di interazione tra
mondo della ricerca e società, quella cui ci interessiamo nell’ambito di questo
articolo, è denominata da Anvur “terza
missione culturale e sociale” e riguarda la produzione di beni pubblici che
aumentano il generale livello di benessere della società, aventi contenuto
culturale, sociale, educativo e di sviluppo di consapevolezza civile.
La necessità di tale missione è anche
data dall’emergere di contesti di studio e ricerca che sempre più vanno a
incrociare aspetti etici della società e a occupare in maniera crescente la
comunicazione con il pubblico. Mi riferisco a temi fondamentali per il futuro
dell’umanità come le questioni dell’energia e dei cambiamenti climatici, a temi
controversi come le cellule staminali, gli Ogm e le nanotecnologie, che hanno
portato la scienza a essere un elemento sempre più presente nel dibattito
pubblico.
Per offrire ai cittadini la possibilità
di operare scelte democratiche anche in settori legati alla scienza e
tecnologia è necessario fornire adeguati strumenti per affacciarsi in maniera
consapevole e informata a tali scelte e sviluppare un sentimento di
cittadinanza scientifica che permetta a tutti di contribuire al dibattito
pubblico su temi di carattere scientifico e tecnologico. La comunità internazionale di
scienziati sociali che si occupa dei cosiddetti Science and Technology Studies parla oggi di Public Engagement in Science and Tecnology (PEST), coinvolgimento
del pubblico nella scienza e nella tecnologia.
L’interesse per la comunicazione
pubblica della scienza è stato crescente, a partire dal 1985 quando è stato
pubblicato il famoso rapporto The Public
Understanding of Science (PUS), redatto da una commissione della Royal
Society presieduta da sir W. Bodmer
con il contributo, tra gli altri, di J.
Ziman e D. Attenborough.
Negli
anni Novanta si è iniziato a percepire la necessità di rivedere il modello PUS
basato sulla necessità di alfabetizzazione del pubblico per mettere in atto un
canale di dialogo partecipativo e a due direzioni, battezzato appunto PEST,
sulla base di un altro rapporto britannico, questa volta dell’House of Lords.
I progetti europei
Il nuovo approccio che porta a
coinvolgere il pubblico nella scienza è stato anche influenzato dalle politiche
dell’Unione Europea, in particolare a partire dal settimo programma quadro
(Framework Programme 7, FP7 2007-2013) della Commissione Europea per il
sostegno alla ricerca scientifica, e in almeno due modi differenti.
Innanzitutto i progetti di ricerca
finanziati dall’Unione Europea in FP7 devono prevedere sinergie con
l’educazione di tutti i pubblici, provare la capacità di stimolare il dialogo e
il dibattito sui risultati della ricerca scientifica con un pubblico vasto e
non solo con la comunità di riferimento. Tali progetti di ricerca includono
generalmente un capitolo (workpackage,
nel gergo europeo) legato alla comunicazione pubblica della ricerca, quella che
viene spesso denominata dissemination
della ricerca europea.
Le forme di comunicazione adottate vanno dalle più
tradizionali come siti web, leaflet e
conferenze pubbliche, fino ad altre più articolate come dibattiti pubblici,
apertura di blog, caffè scientifici, progetti con le scuole e così via.
Inoltre, proprio a partire dal 2007
l’UE ha lanciato dei bandi per progetti nell’ambito “Scienza nella società”
(2007-2013), divenuti successivamente “Scienza con e per la società” (Horizon
2020, 2014-2020).
Lo scopo di questi bandi a progetto è di stimolare l’acquisizione di nuove
competenze e l’ideazione di metodologie innovative per mettere in relazione
scienza e società: rendere scienza e tecnologia più attrattive per i giovani,
aumentare l’interesse della società per l’innovazione, rendere le attività
collegate a ricerca e innovazione più aperte.
Questi cambiamenti nella relazione tra
scienza e società implicano un nuovo approccio alla ricerca, che si propone di
permettere a tutti gli attori sociali (ricercatori, cittadini, policy makers,
industrie e organizzazioni del terzo settore, mondo della scuola) di lavorare
insieme durante l’intero processo di ricerca e innovazione, con l’obiettivo di
avvicinare tale processo ai bisogni e alle aspettative di tutti i cittadini
europei. Tale innovativa visione della ricerca viene chiamata RRI – Responsible
Research and Innovation (Ricerca e innovazione responsabile) e costituisce una
chiave di volta del nuovo programma europeo di sostegno alla ricerca, Horizon
2020, che investirà 80 miliardi di euro nel settennato iniziato nel 2014 per
progetti dei gruppi di ricerca europei.
Tali gruppi di ricerca sono quindi
chiamati a essere più attenti alla comunicazione dei risultati del loro lavoro
e più responsabili nella relazione con la società. I ricercatori dovrebbero
pertanto sviluppare nuovi skills per dialogare al meglio con il pubblico.
Un’Agorà a Torino
Un percorso strutturato nella direzione
dello sviluppo della “terza missione” è stato fatto in Piemonte, con la
creazione da parte dell’Università di Torino del Centro Agorà Scienza nel 2006,
successivamente esteso agli altri tre atenei della regione per divenire, nel 2009,
Centro interuniversitario.
La dichiarazione approvata dal Senato Accademico
dell’Università di Torino a proposito della terza missione nel 2009 sottolinea
l’importanza del dialogo tra Università e società: “L’Università degli Studi di
Torino, nel convincimento che la conoscenza rappresenti una risorsa essenziale
per l’economia e per la crescita della società, considera il dialogo con la
società e il trasferimento tecnologico e della conoscenza obiettivi primari e a
tal fine favorisce e sostiene processi di sviluppo fondati sulla conoscenza e
sulla loro comunicazione. L’Università di Torino, al fine di costruire un
rapporto aperto e dialogico con la società, ritiene che la formazione degli
studenti e dei ricercatori alla comunicazione pubblica della ricerca, la
creazione di nuovi spazi di confronto e studio sul rapporto complesso tra
scienza e società, lo stimolo alla costruzione di una solida cittadinanza
scientifica siano da considerare tra i suoi obiettivi”.
Gli ambiti in cui il Centro
opera sono quindi molto diversi tra loro. Agorà Scienza conduce ricerche e
studi nel campo dei rapporti e delle interazioni tra scienza e società,
indagando per esempio le scelte, le motivazioni e gli ostacoli dei ricercatori
nello svolgere attività per un pubblico vasto. Opera
all’interno dell’Università, per stimolare i ricercatori e in particolare quelli
di loro che si stanno formando durante il dottorato, a riflettere
all’importanza di informare e coinvolgere la società sui temi della loro
ricerca e a sviluppare le competenze necessarie a questo nuovo dialogo. Ma
anche per favorire l’incontro e l’interscambio tra discipline scientifiche e
discipline sociali e umanistiche.
Svolge la sua attività anche
all’esterno, per sensibilizzare la società intera, e in particolare i giovani,
all’importanza della ricerca e della scienza per lo sviluppo e la crescita
responsabile e sostenibile.
In questo articolo verranno presentate
due azioni del Centro di tipologia diversa: la scuola per dottorandi SCS,
nell’ambito della quale sono state realizzate molte delle riflessioni raccolte
in questo volume (le lezioni tenute nell’edizione 2012 della scuola da Gilberto
Corbellini, Giulio Giorello, Pietro Greco, Tommaso Maccacaro e Carlo Alberto
Redi); il progetto Scienza Attiva, rivolto agli insegnanti e alle classi delle
scuole secondarie superiori. Entrambi i progetti si svolgono a livello
nazionale.
La scuola per dottorandi SCS – Scienza Comunicazione Società
La scuola SCS coinvolge annualmente dal
2007 dottorandi e giovani ricercatori provenienti da tutti gli atenei e centri
di ricerca italiani in dibattiti sui temi della comunicazione della scienza e
della relazione tra scienza e società e esercitazioni di sperimentazione dei
media attraverso cui la scienza può essere comunicata.
L’ideazione della scuola tiene conto
della richiesta avanzata dai cittadini europei durante l’inchiesta
“Eurobarometro - Scienza e tecnologia” del 2010.
Alla domanda “Pensi che i ricercatori
non si impegnino abbastanza nella comunicazione dei risultati del loro
lavoro?”, il 57% degli europei intervistati ha risposto “Sì”. Risulta quindi
necessario stimolare i ricercatori a questo dialogo e “attrezzarli” per
renderli il più possibile efficaci e consapevoli nell’incontro con il pubblico
attraverso i diversi media.
La scuola persegue inoltre un obiettivo
collaterale che è stato al cuore della creazione stessa del Centro Agorà
Scienza: il dialogo tra discipline diverse. Tale obiettivo è realizzato
attraverso l’organizzazione di tavole rotonde alle quali sono invitati relatori
che portino punti di vista diversi, complementari e talvolta discordanti
sull’argomento proposto.
Alla scuola partecipano studenti
provenienti da aree disciplinari differenti: Scienze umane, Scienze economiche
e sociali, Scienze matematiche, fisiche e naturali, Scienze informatiche e
ingegneristiche, Scienze agrarie e ambientali, Scienze biologiche e mediche.
I docenti della scuola sono professori universitari e ricercatori degli atenei
italiani e stranieri, professionisti della comunicazione ed esperti provenienti
da centri di ricerca pubblici o privati o da aziende. Oltre alle tavole rotonde che stimolano
la riflessione e il dibattito, la scuola organizza delle sessioni di
esercitazioni con lo scopo di far immergere i partecipanti in una simulazione
di esperienza di comunicazione. Sono state sperimentate diverse formule, dai
laboratori di comunicazione (preparazione di un comunicato stampa,
comunicazione via web, podcast, radio scientifica, blog) a giochi cooperativi
(PlayDecide) o modalità di inclusione dei cittadini nelle decisioni relative a
temi scientifici (simulazioni di giurie di cittadini).
La scuola ha formato nel corso delle
otto edizioni dal 2007 a oggi circa 400 dottorandi e giovani ricercatori. Un
interessante effetto dell’organizzazione della scuola è l’emergere in Italia di
una comunità di giovani ricercatori sensibilizzati alla comunicazione della
scienza e al coinvolgimento del pubblico nei temi scientifici.
I partecipanti alla scuola si incontrano virtualmente attraverso gruppi
Facebook e Linked’in, tengono aggiornato il Centro Agorà Scienza sulle loro
attività di divulgazione e talvolta vengono coinvolti dal Centro nelle sue
attività verso tutti i pubblici.
Il progetto Scienza Attiva Scienza
Attiva è un progetto ideato dal Centro Agorà Scienza nel
2008 che ha lo scopo di mettere in diretto contatto insegnanti e studenti di
scuola superiore con ricercatori universitari per farli dibattere su temi
scientifici di attualità che siano presenti nei media o eticamente controversi.
Il progetto si svolge principalmente sul Web, con piattaforme di discussione
dedicate alle classi (lavagne di classe) e una comune a tutte le classi
partecipanti (lavagna comune). Scienza Attiva si ispira nella struttura del
dibattito ai metodi della democrazia partecipativa diffusi nei Paesi del Nord
Europa.
In tali Paesi non è raro che i cittadini vengano consultati dalle istituzioni
politiche che sono in procinto di prendere decisioni su temi, anche
scientifici, che riguardano la vita di tutti o hanno eventualmente un impatto
su di essa. Gruppi di cittadini vengono informati da esperti del tema
scientifico e si confrontano successivamente in un dibattito strutturato e
informato.
L’originalità del progetto consiste nel
metodo e un fondamentale risultato che Scienza Attiva ottiene è la creazione di
una comunità di pratica che include studenti, insegnanti e ricercatori. Il Centro ha incontrato, nel corso delle molteplici attività portate avanti dal
2006 a oggi, la disponibilità di numerosi e appassionati ricercatori che
offrono la loro competenza in maniera volontaria e sottraendo tempo alla
ricerca scientifica.
Resta quindi un fondamentale problema
che è la valorizzazione delle “altre attività di terza missione” nei curricula
dei ricercatori. A questo problema è collegata la necessità di organizzare un
opportuno sistema di valutazione di tali attività, elaborando degli indicatori
ad hoc.
In Italia Anvur sta lavorando al tema
della terza missione nelle Università e negli enti di ricerca italiani con
l’obiettivo di rendere possibile in futuro ai decisori politici un quadro di
indicatori robusti e condivisi relativi a queste attività sui quali si potranno
basare scelte per l’allocazione delle risorse pubbliche. Attualmente la quota
premiale di ripartizione dell’FFO (Fondo di Finanziamento Ordinario, la
principale fonte di entrate per le Università italiane) viene distribuita sulla
base di indicatori di qualità della didattica e di qualità della ricerca
derivante dalla valutazione dei prodotto scientifici della VQR (Valutazione
della Qualità della Ricerca).
Le difficoltà nella valorizzazione e
nella valutazione delle attività di dissemination della ricerca non sono
soltanto un problema italiano.
Per esempio in Svezia (Paese molto
avanzato nella presa in conto della terza missione in cui l’obiettivo samverkan
– interazione con la società è stato inserito nell’Higher Education Act, un
documento legislativo che impegna tutte le istituzioni educative pubbliche),
l’agenzia nazionale per l’innovazione VINNOVA si sta occupando di sviluppare un
modello che possa essere usato per valutare la qualità e la performance di
un’università nell’interazione con la società.
Un recente seminario svoltosi nel marzo 2014 ha fatto il punto su un percorso
iniziato nel 2012 con la consultazione delle università e che, attraverso lo
sviluppo di un prototipo che includa indicatori qualitativi e quantitativi,
dovrebbe portare all’identificazione di un modello affidabile e condiviso per
la misura delle interazioni tra università e società. Un processo partecipativo
con lo scopo ultimo di migliorare proprio la partecipazione dei cittadini alle
scelte pubbliche su temi scientifici e tecnologici.
La misura e la valorizzazione
dell’interazione delle Università e dei Centri di Ricerca con le diverse
componenti della società come mondo della scuola, associazioni, cittadinanza,
rappresenta quindi un’istanza fondamentale e urgente in Italia e in Europa la
cui soluzione contribuirà a rendere la società e la scienza più democratiche.
di ISABELLA SUSA
Bibliografia
ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario e della Ricerca),
La terza missione nelle università e enti di ricerca italiani , Documento di
lavoro sugli indicatori, 2013.
-
De Bortoli A., Predazzi E., Scamuzzi S., Altre attività di terza missione nelle
università italiane. Riconoscerle, censirle, valutarle, valorizzarle, Il
Mulino, in corso di pubblicazione.
-
European Commission, Special Eurobarometer on Science and Technology report , 2010.
-
Garison H., “How do you measure a university’s interaction with society?”,
Vettenska & Allmänhet (Public and
Science) web site, 2013.
-
House of Lords, Science and Society, Select Committee on Science and Technology
Third Report , Science and - Technology Committee Publications, 2000.
-
The Royal Society of London, The public understanding of Science (Bodmer report), 1985.
-
Sutcliffe H., A report on Responsible Research and Innovation , report prepared
for the DG research and Innovation , European Commission, 2012.
-
Susa I., Barone V. e Borgna P., Training young researchers to the dialogue with
the society: a summer school for Ph.D. candidates , Presentazione al convegno Journées
Hubert Curien, Nancy 2012.
Tratto da Scienza & società - Scienza e Democrazia, Editore Egea