fbpx La vera natura della riforma Gelmini | Scienza in rete

La vera natura della riforma Gelmini

Primary tabs

Tempo di lettura: 3 mins

L’università pubblica italiana sta di fronte a un baratro. Per l’anno prossimo è previsto un taglio del 15 per cento nei bilanci: sarà molto difficile pagare gli stipendi ai dipendenti e le spese fisse e del tutto impossibile assumere giovani al posto dei tanti professori che andranno in pensione. Nonostante che il numero dei docenti non sia adeguato agli standard europei e sia insufficiente per una buona didattica, il governo è intenzionato a ridurre il numero d’insegnanti universitari tagliando brutalmente i fondi. Già negli scorsi anni i tagli sul bilancio (che arrivavano a sfiorare complessivamente quasi il 10 per cento, tenendo conto dell’inflazione) avevano provocato gravi disagi alle Università, che erano state costrette a raschiare il fondo del barile, e il previsto taglio ulteriore del 15 per cento avrebbe effetti devastanti.

E' impossibile trovare esempi recenti in altri paesi in crisi di un simile riduzione improvvisa (da 7 miliardi a 6 miliardi di Euro) nei fondi assegnati dallo stato alle università. E' una politica in controtendenza con il resto del mondo, che, al contrario dell’Italia, investe nell’università, nella ricerca e sviluppo per superare la crisi. Ed è anche una politica autolesionista, che bloccando per anni il turnover nelle università costringe molti giovani all’emigrazione, impoverendo il paese delle sue risorse più valide, che non sarà possibile sostituire. Tremonti aveva già tentato di fare forti tagli sui bilanci degli anni scorsi, ma grazie al movimento dell’Onda, era stato costretto a rimandare. Adesso, nonostante che la situazione sia più grave che nel 2008, non c’è un movimento studentesco forte e il governo può tranquillamente distruggere la scuola pubblica e la cultura.

Ma le disgrazie non vengono mai da sole. Sta per essere portata in Aula alla Camera la cosiddetta riforma Gelmini, un insieme di norme tra le più disparate che vanno dall’esenzione da tasse per le donazioni fatte alle università al riconoscimento delle medaglie alle Olimpiadi come credito formativo (lo Scudetto invece non vale). Tutta la legge ha come filo conduttore l’entrata sia dei privati, sia del ministero dell’Economia nel governo dell’Università (il Ministero dell’economia è citato ben 23 volte nella legge). Alcune norme hanno impatto fortemente negativo sulle Università e le poche norme che avrebbero un possibile impatto positivo sono sterilizzate dalla mancanza dei fondi che servirebbero per applicarle. A volte la coda del diavolo si nasconde nei dettagli: in un emendamento approvato in commissione è stato levato l’obbligo da parte delle università di bandire borse di studio per almeno il 50 percento dei posti di dottorato esistenti. Il risultato certo, date le future ristrettezze economiche, sarà la quasi completa sparizione delle borse per il dottorato, che nel quadro desolante del mancato sostegno al diritto allo studio, era l’unico strumento che permetteva agli studenti di arrivare a conseguire il dottorato senza pesare troppo sulle famiglie. Forse più qui, che in altri ambiti, si vede la vera natura della Destra al governo.

Articolo pubblicato su Il Manifesto, 14/10/2010

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Ostacolare la scienza senza giovare agli animali: i divieti italiani alla sperimentazione

sagoma di macaco e cane

Divieto di usare gli animali per studi su xenotrapianti e sostanze d’abuso, divieto di allevare cani e primati per la sperimentazione. Sono norme aggiuntive rispetto a quanto previsto dalla Direttiva UE per la protezione degli animali usati a fini scientifici, inserite nella legge italiana ormai dieci anni fa. La recente proposta di abolizione di questi divieti, penalizzanti per la ricerca italiana, è stata ritirata dopo le proteste degli attivisti per i diritti degli animali, lasciando in sospeso un dibattito che tocca tanto l'avanzamento scientifico quanto i principi etici e che poco sembra avere a che fare con il benessere animale.

Da dieci anni, ormai, tre divieti pesano sul mondo della ricerca scientifica italiana. Divieti che non sembrano avere ragioni scientifiche, né etiche, e che la scorsa settimana avrebbero potuto essere definitivamente eliminati. Ma così non è stato: alla vigilia della votazione dell’emendamento, inserito del decreto Salva infrazioni, che ne avrebbe determinato l’abolizione, l’emendamento stesso è stato ritirato. La ragione?