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Non è bello ciò che è bello

E’ passato un po’ tempo dall’ultima volta che Ernesto ed io abbiamo condiviso impressioni e considerazioni qui. E’ bello avere ancora uno spazio in questo sito che è diventato nel tempo sempre più dinamico e accogliente. Ho deciso di ricominciare cogliendo l’occasione della pubblicazione recente dell’articolo di Camilo Cela-Conde sulla Neuroestetica, un ramo delle Neuroscienze che ha sempre esercitato un enorme fascino su di me. Era il 13 giugno 2011 quando all’Accademia dei Lincei di Roma si è svolto il convegno Perspectives in Neuroaesthetics. E mi si è aperto un mondo.

Ma procediamo con ordine. Non si sente molto parlare di Neuroestetica, cioè dei meccanismi neurologici che determinano i processi cerebrali di apprezzamento (della musica, delle persone, dell’arte...ma cos’é poi l’arte?), forse perché il tema sembra essere di secondaria importanza rispetto ad altre discipline “sorelle” con finalità neurologica più direttamente pratiche. Mi spiego meglio. I mondi delle scienze cognitive e delle neuroscienze si intersecano più o meno armoniosamente per scoprire tasselli di conoscenza che spieghino, ad esempio, perché i processi cerebrali determinano specifiche risposte funzionali e comportamentali: quale pattern nervoso dia cioè luogo alle capacità di apprendimento, siano i fattori che influenzano la memoria e la volontà individuale, e così via. Questi rappresentano situazioni o atteggiamenti di immediata percezione ed esperienza comune, e possiedono a volte implicazioni di utilità clinica nella comprensione delle conseguenze dei difetti cerebrali.

Ma la bellezza...un concetto così etereo e spirituale...si potrà mai spiegare anche come funziona la bellezza? Qualcuno ci prova, come Camilo Cela-Conde che da tanti anni si dedica a capire cosa succede nella nostra mente quando guardiamo qualcosa che ci piace. “La bellezza sta negli occhi di chi guarda”? Da un punto di vista oggettivo mi verrebbe da dire “mica tanto”, perché la Neuroestetica ha dimostrato che esistono pattern di attivazione cerebrale ben definiti che spostano quell’accezione soggettiva dell’apprezzamento ad un piano indipendente dalla volontà, che risulta piuttosto dipendente dalle caratteristiche anatomiche del cervello.
Cela-Conde ha scoperto che le aree del cervello che si attivano durante il processo di percezione della bellezza appartengono alla regione parietale pre-frontale, evoluzionisticamente recente e tipica dell’Homo sapiens. In poche parole, la bellezza come la sentiamo noi, l’uomo di Neandertal neanche se la sognava. Il flusso di informazioni e interazioni tra i neuroni non si limita ovviamente a questo, coinvolge la corteccia, ed altre aree in cui nascono e si “nascondono” i ricordi e le emozioni. Ma da alcuni percorsi obbligati non si scappa, funzioniamo così.
Ma Cela Conde ha poi ha scoperto che gli uomini e le donne sono diversi. Bella scoperta? Io la trovo entusiasmante: gli uomini e le donne guardano un quadro, ma cosa succede nella loro testa? Nelle donne due lobi cerebrali vengono accesi, negli uomini uno. Cela-Conde ci racconta anche gli studi di Schirillo, che ha ipotizzato una preferenza posturale specifica di genere: se guardiamo un uomo, preferiamo vederne la guancia destra, guardando una donna invece ci piace di più la sinistra. Nell’articolo tutte le ipotesi su questo e su altro sono bene spiegate e documentate, io qui ora mi sto limitando a riflettere e a concludere...come si fa a non incuriosirsi? Io personalmente ho iniziato a fare il test della guancia a tutti.

ritratto di Laura FedrizziLaura Fedrizzi
Biochi
mica, Università degli Studi di Padova

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