Il PNACC, approvato all’esito di un procedimento durato circa 6 anni, dovrebbe rappresentare il primo strumento attuativo di carattere generale, con cui l’Italia affronta i cambiamenti climatici in una prospettiva non più solo di mitigazione, ma di adattamento. È quindi il primo atto di attuazione della SNAC (Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici), adottata dall’Italia nel 2015, un documento di indirizzo che ha fatto il punto sullo stato delle conoscenze scientifiche sugli impatti e sulla vulnerabilità ai cambiamenti climatici e ha illustrato un insieme di proposte e misure per fronteggiarne le conseguenze. Alla realizzazione di questi obiettivi il PNACC intende contribuire agendo su due diversi livelli.
Nell’ambito del primo livello di intervento (definito “sistemico”) il PNACC prevede l’istituzione di un’apposita struttura permanente di “governance nazionale” (“Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici”). A questo organismo sono affidati compiti di indirizzo e coordinamento, diretti sia a mettere a sistema e orientare l’attività di pianificazione in materia di adattamento ai cambiamenti climatici, sia a individuare e dettagliare su scala regionale e locale le azioni per dare attuazione agli obiettivi del PNACC. Questa parte del Piano è quindi finalizzata unicamente alla definizione del quadro (strutturale e funzionale) della nuova governance nazionale. Questa è però anche l’unica parte del Piano dotata di efficacia prescrittiva: solo in relazione all’istituzione, alla composizione e all’operatività dell’“Osservatorio” il PNACC indica modalità di attuazione, tempi di realizzazione e soggetti coinvolti1.
Il secondo livello di intervento del PNACC ha invece una funzione dichiaratamente di “indirizzo” per la futura attività di pianificazione in materia di adattamento su scala nazionale, regionale e locale. In questa parte il Piano fornisce delle Linee Guida per una fase successiva, non definita nella tempistica, nella quale saranno soprattutto le Regioni e gli enti locali a dover agire concretamente, sviluppando piani con cui dar attuazione agli obiettivi del PNACC.
Più specificamente, con il secondo livello di intervento il PNACC fornisce indirizzi per la pianificazione a scala regionale e locale (Allegati I e II) e propone 361 misure di adattamento (Allegato IV) destinate a essere successivamente applicate e integrate nei diversi strumenti di pianificazione (nazionale, regionale e locale), secondo le indicazioni e le modalità che saranno individuate dalla struttura di governance nazionale e poi ulteriormente dettagliate dalle Regioni e dagli enti locali.
Da uno sguardo d’insieme, il PNACC si presenta quindi come un documento ricognitivo e di sintesi sui temi dell’adattamento ai cambiamenti climatici: si configura come un articolato e ampio quadro conoscitivo che può servire alle istituzioni per pianificare, con allegato un compendio di buone pratiche e una raccolta ragionata di azioni possibili da intraprendere per concorrere all’adattamento. Il PNACC però non è uno strumento operativo e non ha quindi effetti diretti sul patrimonio naturale, ambientale, sociale ed economico del Paese.
1. Dalla SNAC al PNACC nel settore delle risorse idriche
Nel PNACC è incluso un quadro illustrativo sugli impatti dei cambiamenti climatici nei settori ambientali e socio-economici più vulnerabili. Per ciascuno dei settori indagati il PNACC si prefigge di fornire un aggiornamento sullo stato delle conoscenze scientifiche relative agli effetti dei cambiamenti climatici e sulla normativa e sugli strumenti di pianificazione esistenti che potrebbero governare quegli impatti (Allegato III), individuando poi le possibili azioni di adattamento, elencate nell’Allegato IV del Piano.
Seguendo l’impostazione adottata nella SNAC, nel PNACC le risorse idriche sono indicate come uno dei settori più sensibili ai cambiamenti climatici. Il settore è di particolare rilevanza per l’Italia in quanto il territorio nazionale è da sempre caratterizzato da una scarsità di risorse idriche (non tanto in termini di disponibilità complessiva su base annua, quanto piuttosto in termini di disomogenea disponibilità nel tempo e nello spazio della risorsa) e da criticità gestionali. Già nella SNAC si dà atto che l’Italia, dovendo da sempre affrontare difficoltà connesse alla disponibilità di acqua, possiede una cultura diffusa sul tema e nel tempo si è anche dotata di una serie di strumenti che potrebbero renderla relativamente pronta ad affrontare anche i maggiori impatti dovuti ai cambiamenti climatici.
La SNAC individua comunque alcuni fattori chiave su cui agire per migliorare la capacità di adattamento anche nel settore idrico. Precisamente, la SNAC evidenzia: le carenze infrastrutturali e gestionali croniche del sistema di distribuzione, ritenute la causa di un utilizzo non efficiente della risorsa idrica; la necessità di adottare nuovi paradigmi di gestione delle conoscenze acquisite sul ciclo idrogeologico, che permettano di prendere in considerazione una serie di possibili scenari climatici e socioeconomici futuri2; l’introduzione e/o il potenziamento e miglioramento di un insieme di misure, da applicare diversificandole in base alle specifiche condizioni territoriali locali.
In questa prospettiva, la SNAC propone anche una serie di misure di adattamento ai cambiamenti climatici riferite al settore delle risorse idriche, suddivise in cinque categorie: azioni di tipo non strutturale o “soft”, azioni basate su un approccio eco-sistemico (“azioni verdi”), azioni di tipo infrastrutturale e tecnico (“azioni grigie”), azioni a breve e a lungo termine (le azioni a breve termine da realizzare entro il 2020 e le azioni a lungo termine da realizzare dopo il 2020) e le azioni di tipo trasversale tra settori.
Il PNACC, come atto di pianificazione attuativa della SNAC, dovrebbe declinare i dati forniti dalla SNAC per compiere un passo avanti nel mettere in pratica gli indirizzi delineati per i vari settori vulnerabili, compreso quello idrico.
2. Le azioni di adattamento
L’Allegato IV del PNACC elenca per ciascun settore le misure di adattamento. Per il settore delle risorse idriche, le azioni proposte sono 283, di cui 24 sono definite “soft”, 1 “green” e 3 “grey”. Tutte le azioni elencate riproducono quelle già indicate nella SNAC; più precisamente ne costituiscono un’estrapolazione, in quanto la SNAC prevede un numero largamente superiore di misure per ogni categoria (soft, verde e grigia).
Nel selezionare le misure di adattamento proposte dalla SNAC, il PNACC privilegia in modo netto le azioni di tipo non infrastrutturale (“soft”), le quali hanno un ridotto impatto sulle componenti ambientali e sono anche meno onerose e più agili da attuare. Resta però da comprendere se questa scelta sia anche la più coerente con la SNAC, nella quale le carenze infrastrutturali e gestionali del sistema idrico sono valutate come una delle situazioni sulle quali intervenire con priorità mediante azioni “a breve termine”4. Azioni indicate nella SNAC che però il PNACC ha selezionato solo parzialmente.
Deve poi osservarsi che il PNACC non introduce elementi di maggior concretezza rispetto alla SNAC, ad eccezione dell’aggiunta di brevi note esplicative a latere di ogni misura su contenuti, obiettivi generali e ambiti geografici interessati.
Le azioni di adattamento continuano quindi a essere enunciate senza una descrizione puntuale, senza essere definite in termini dimensionali e senza dare conto del processo che ha portato alla loro individuazione. Le misure sono inoltre elencate senza un ordine di priorità, non sono definite scadenze o periodi temporali per la loro applicazione, né obiettivi da raggiungere nel medio o lungo periodo5. Sotto questo profilo, il PNACC si presenta quindi ancor più astratto della SNAC, nella quale invece è stabilito quali siano le azioni da realizzare con precedenza (“a breve termine”) rispetto alle altre in elenco6.
Il PNACC inoltre non prevede risorse specifiche per il finanziamento delle misure di adattamento, rinviando a questo fine all’elenco delle fonti di finanziamento europee, nazionali e regionali che potrebbero essere utilizzate, senza però connettere le singole azioni ai fondi utilizzabili per darvi attuazione.
L’impostazione seguita nel PNACC per determinare le azioni di adattamento è stata messa in discussione da più parti nell’ambito del procedimento di VAS, ove diversi dei soggetti istituzionali coinvolti hanno giudicato insufficienti le misure proposte, soprattutto in considerazione dell’urgenza che i cambiamenti climatici in atto impongono7. Per questo la Commissione Tecnica per la VAS, nel proprio parere finale8 ha previsto una serie di integrazioni da apportare alle azioni individuate dal PNAAC. In particolare, per il settore delle risorse idriche, la Commissione ha richiesto l’introduzione nel Piano di interventi più specifici e mirati9, nonché una prima localizzazione precisa delle azioni grey e green giudicate più urgenti, con anche l’indicazione delle risorse attivabili tra le fonti di finanziamento destinate all’emergenza climatica già disponibili. La stessa Commissione però, nello stesso parere, prende atto della natura prettamente ricognitiva e di indirizzo del PNACC e, in questa prospettiva, rinvia ogni integrazione alla fase di concretizzazione della strategia di adattamento, promossa e guidata dalla struttura di Governance nazionale.
3. La funzione “sistemica” del PNACC nel settore delle risorse idriche
In Italia le risorse idriche sono una delle matrici ambientali più studiate e compiutamente disciplinate. Come emerge anche dall’Allegato IV del PNACC, il T.U. in materia ambientale (D.Lgs. n. 152/2006) prevede già meccanismi e strumenti attraverso i quali mettere in pratica le azioni indicate nel PNACC, nonché gli Enti e le Autorità competenti ai vari livelli.
Nel Rapporto Ambientale sul PNACC10 sono anche individuati in modo completo e aggiornato gli atti di pianificazione nazionali, interregionali e regionali in materia di acque che già devono tenere conto degli effetti dei cambiamenti climatici; con riferimento alle azioni grey e green si danno anche delle indicazioni sugli strumenti per attuare le azioni proposte dal PNACC.
Vi è quindi da chiedersi se il PNACC non abbia perso l’occasione per mettere direttamente “a frutto” questo corposo e aggiornato quadro ricognitivo: definendo “modalità, strumenti e soggetti competenti per l’introduzione di principi, misure e azioni di adattamento ai cambiamenti climatici” e “modalità e strumenti settoriali e intersettoriali di attuazione delle misure ai diversi livelli di governo”11, invece che demandarne il compito all’istituenda struttura di Governance nazionale.