L'azione dell'OMS della Sanità per svelare le pressioni dell'industria del tabacco
Nel 2000, l’OMS istituì un comitato di esperti che esaminò un gran numero di documenti dell’industria del tabacco. Il comitato arrivò alla conclusione che, deliberatamente, l’industria ha perseguito ben definite strategie per depotenziare le politiche di prevenzione e controllo del tabacco, particolarmente aggressive sarebbero quelle rivolte contro l’azione dell’OMS, basate su:
Nel 2004, negli USA, a seguito di un accordo legale, tra alcuni Stati e le principali industrie del tabacco, furono rese pubbliche oltre 40 milioni di pagine di documenti dell’industria del tabacco e, analizzandoli fu possibile appurare come per contrastare le misure legislative a difesa della salute pubblica, l’industria avesse creato e finanziato segretamente nel 1994 una coalizione apparentemente indipendente che, screditando sui media i risultati della ricerca scientifica, senza esporre l’industria del tabacco, fu capace di orientare l’opinione pubblica e ostacolare la legislazione, travisando le prove scientifiche.
Lo scopo delle interferenze dell’industria del tabacco è ben esplicitato da una comunicazione effettuata nel corso di un incontro dei direttori di una delle primarie imprese del settore: “il nostro fine è contribuire a far crescere contesti di regolazione che consentano ai nostri business di raggiungere i loro obiettivi, combattendo aggressivamente, con tutte le risorse disponibili, contro ogni tentativo di ridurre la nostra capacità di produzione e vendita e i diritti dei consumatori di avere a disposizione un mercato libero che consenta loro di scegliere i prodotti che vogliono consumare”. Questi obiettivi sono realizzati bloccando, ritardando o modificando la legislazione restrittiva, sovvertendola oppure sfruttando lacune legislative, o richiedendo un posto al tavolo dei negoziati e promuovendo la regolazione volontaria invece della legislazione, finanziando iniziative del governo in altre aree della salute ricercandone il favore, fino alla corruzione dei legislatori.
Il report dell’OMS descrive il comportamento dell’industria del tabacco, per i fini sopra riportati, come un’oscillare tra comunicazione rivolta all’opinione pubblica e azione aggressiva verso i promotori della salute. La comunicazione è un’attività alla luce del sole, tesa alla conquista dell’opinione pubblica, per quanto riguarda il tema del tabacco dal punto di vista dell’industria (libero mercato e libertà individuale) e i problemi prioritari, anche se ci sono attività di pubbliche relazioni rivolte a conquistare segmenti dell’ambiente scientifico che sono meno pubbliche. Se però questa attività di comunicazione non ha successo, l’industria del tabacco può passare ad azioni più aggressive fino all’intimidazione legale ed economica.
Scelte economiche razionali sulla base di TUTTI i costi associati al consumo di tabacco
I promotori della salute che invocano le autorità pubbliche perché attuino le misure previste dalla Convenzione quadro per il controllo del tabacco, sono gli antagonisti del libero mercato, che favoriscono la disoccupazione e l’impoverimento del paese? Se la realtà viene presentata, lasciandone in ombra una parte, come è il caso dei costi del tabacco, gli avvocati della salute rischiano di essere etichettati come i nemici della prosperità economica.
Costi diretti, indiretti e tangibili
Recentemente l’American Cancer Society ha pubblicato il volume Tobacco Atlas in cui, tra l’altro, è estesamente trattata la questione dei costi del fumo di tabacco e sono riportati i valori dei costi sostenuti dalla società a causa del fumo, nei paesi per cui esistono stime affidabili.
Idealmente, le stime dei costi dovrebbero includere:
Di solito vengono stimati i costi diretti che dipendono dal numero di persone trattate e dai costi dei trattamenti. Il numero di pazienti dipende, a sua volta, dalla numerosità della popolazione e dallo stadio dell’epidemia di fumo nel paese, mentre i costi dei trattamenti dipendono dal sistema sanitario. Le stime possono variare inoltre, per le diverse metodologie impiegate. I costi diretti sono stati calcolati solo in alcuni paesi, e per citare quelli più vicini all’Italia, essi assommano a più di 8 miliardi di dollari in Germania, oltre 9 miliardi in Gran Bretagna ed oltre 16 in Francia.
Ma, i costi diretti sono solo una parte del problema. Quando sono stati stimati, i costi per la perdita di produttività (in Svizzera, Sud Africa e Stati Uniti) sono risultati maggiori dei costi diretti, secondo un rapporto che dipende dal tipo di sistema sanitario e dal livello di reddito del paese. Prendendo ad esempio gli Stati Uniti, dal 2000 al 2004, il fumo è stato responsabile ogni anno, in media, di 91 miliardi di dollari di costi sanitari e di circa 97 miliardi di dollari per la perdita di produttività. In questi costi non sono conteggiati quelli associati al fumo, causati dai prodotti del tabacco accesi che, inavvertitamente, possono provocare incendi in abitazioni o in aree coperte da vegetazione. Quando sono state studiate le cause degli, incendi è stato appurato che quelli causati da sigarette accese sono frequenti e in certi casi hanno dato luogo a veri e propri disastri.
Costo - Opportunità
In tutti i paesi, il danaro speso per curare le malattie causate dal tabacco riduce le risorse disponibili per bisogni essenziali, come l’alimentazione, il servizio sanitario, l’istruzione. I costi per acquistare le sigarette caricano un peso significativo sulle spalle dei fumatori che sono costretti a sottrarre alle loro famiglie risorse per beni e servizi essenziali come il vestiario, l’istruzione, la casa, i trasporti e l’alimentazione. In Vietnam ad esempio, i fumatori hanno speso per il tabacco 3,6 volte più che per l’istruzione, 2,5 più che per il vestiario e 1,9 volte più che per i servizi sanitari.
Costo - Accessibilità
L’accessibilità (affordability) delle sigarette è il rapporto del prezzo di un pacchetto al reddito medio pro capite. E’ importante utilizzare questo parametro perché le economie cambiano e, negli ultimi decenni in particolare, alcuni paesi hanno avuto tassi di crescita economica del 6% all’anno ed aumento del potere di acquisto dei cittadini che hanno reso più accessibili diversi prodotti, tra cui le sigarette. Le decisioni dei consumatori, relativamente al fumo, dipendono anche da quanto lavoro è richiesto per acquistare le sigarette e nonostante il prezzo sia più alto nei paesi ad alto reddito, in essi le sigarette sono più accessibili, per esempio nel 2009, un lavoratore in Kenya doveva lavorare almeno un’ora per acquistare un pacchetto di sigarette economiche, contro gli 11 minuti di un lavoratore giapponese.
L’accessibilità è aumentata negli ultimi dieci anni, nella maggior parte dei paesi a basso e medio reddito, ad esempio in Cina, Libia e Federazione Russa.
Il modo migliore per rendere le sigarette meno accessibili è l’aumento delle tasse che porta su il prezzo, una priorità per i governi che intendono ridurre l’accessibilità e i consumi. Secondo l’OMS: “Se i prezzi delle sigarette aumentano più lentamente del potere di acquisto dei consumatori, esse diventano più accessibili e i consumi aumentano”.
Prezzi delle sigarette in italia
Confrontata con gli altri Paesi europei, l’Italia si colloca nella terza fascia per quanto riguarda i prezzi che sono molto più elevati in Gran Bretagna e paesi scandinavi, più alti in Francia e in Germania, un po’ più bassi in Spagna e molto più bassi nei paesi dell’est (1,4). Il prezzo è composto, per il 75,5% dalle tasse e per il 4,25% dai ricavi (10% ai rivenditori e 14,5% ai produttori).
Costi associati al fumo in Italia
Uno studio commissionato dall’Unione Europea ha stimato i costi per l’anno 2000. I costi sanitari delle malattie associate al fumo erano stimati pari a oltre 4 miliardi di euro, la perdita di produttività dovuta ad assenteismo e pensionamento anticipato legati al fumo in più di un miliardo di euro e il valore monetario delle morti premature, stimato con il metodo del willingness-to-pay in oltre 22 miliardi di euro.
I sistemi pensionistici sono più sostenibili grazie alla mortalità prematura dei fumatori?
Recentemente in un report dell’Istituto B. Leoni è stato riecheggiato l’argomento che, visto che i fumatori muoiono prima, lo Stato, oltre ai proventi dovuti alle entrate fiscali, spende meno per le pensioni, in tal modo alcuni dei costi sociali del fumo (la morte prematura) diventerebbero un beneficio. Questa tesi deriva da uno studio effettuato nel 2000, per conto dalla Philip Morris, dalla Arthur D. Little International Inc. nella Repubblica Ceca. Lo studio arrivava alla seguente conclusione: a fronte di costi per lo stato pari a 403 milioni di dollari USA all’anno, il fumo consentiva al governo di incamerare 522 milioni di dollari all’anno di tasse, e risparmiare 31 milioni di dollari all’anno di pensioni ed altri servizi non erogati a fumatori deceduti prematuramente. Il fumo sarebbe perciò benefico alla Repubblica Ceca e contribuisce alla sua stabilità finanziaria. Una conclusione cinica, ma apparentemente sensata.
Lo studio era pieno di numerosissimi errori metodologici e di omissioni nel computo dei costi per cui, dopo un primo tentativo di minimizzare la questione, la Philip Morris si scusò pubblicamente con un articolo sul Wall Street Jurnal il 21 luglio 2001. E’ di interesse l’esame delle incongruenze dell’analisi economica che non distingueva tra costi interni (a carico del fumatore) e costi esterni (per la società) ed ometteva di includere molte voci di costo.