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La Città della Scienza di Napoli: il 4 marzo comincia a risorgere

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Il prossimo 4 marzo saranno passati tre anni dall’incendio doloso che, nel 2013, ha distrutto per intero il museo hands on di Città della Scienza a Bagnoli, quartiere una volta operaio di Napoli. Ma la struttura mandata al rogo da una mano ancora sconosciuta per ragioni incomprensibili è già in fase di ricostruzione, quella tangibile del manufatto e quella intangibile con la proposizione di nuove idee. Un’operazione da 50 milioni di euro. Per la Fondazione IDIS-Città della Scienza il 4 marzo 2016 sarà, dunque, un giorno di “memoria attiva”.

Corporea, il nuovo museo dedicato al corpo umano

E infatti proprio il 4 marzo, lì in Via Coroglio, verrà inaugurato l’edificio di un nuovo museo interattivo, Corporea: il primo in Italia dedicato per intero al corpo umano e alla biomedicina. Accanto a Corporea già si intravede la cupola di un nuovo e più grande planetario. Il tutto è frutto di un ulteriore investimento di circa 6 milioni di euro (4 a carico della Regione, 2 della Fondazione IDIS).

Costruire il futuro

È evidente che dopo l’incendio in questi tre anni, forti anche di una straordinaria solidarietà nazionale e internazionale, il più grande museo scientifico di nuova generazione d’Italia, non si è fermato a guardarsi, sconsolato, alle spalle, ma  si è rimboccato le maniche e ha volto lo sguardo al futuro. Non a caso “Costruire il futuro” sarà il tema del prossimo Futuro Remoto, il festival della scienza che da trent’anni esatti il fisico Vittorio Silvestrini e i suoi collaboratori organizzano a Napoli e che dallo scorso anno è stato portato “in piazza” (nella centralissima Piazza del Plebiscito), in compartecipazione con università e centri di ricerca, riscuotendo un notevole successo, come usa dire, di critica e di pubblico.

La ricostruzione dello science centre

La ricostruzione del museo avverrà secondo un progetto proposto e vinto, dopo una gara internazionale con la partecipazione di un centinaio di progettisti diversi, da due giovani architetti italiani, il napoletano Valerio Ciotola, 31 anni all’atto della selezione, e  il veneziano Andrea Guazzieri, di anni 29 all’atto della selezione. È un progetto concordato con il Comune e prevede la realizzazione di una grande spiaggia, come quella che aveva fatto di Bagnoli il centro della Belle Époque napoletana tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Poi, a 30 metri dalla battigia, lo science centre rigorosamente hands-on, dove per i 500.000 visitatori previsti in un anno sarà “vietato non toccare”: una successione di sale che ospiteranno il museo interattivo permanente, tre zone per altrettante aree tematiche, l’officina dei piccoli,  il teatro, il ristorante e, ovviamente, una splendida terrazza sul mare. All’esterno l’edificio, realizzato con materiali riusati e autosufficiente dal punto di vista energetico, apparirà compatto, chiuso in una membrana di cemento poroso che richiamerà l’opus reticulatum romano, ma assolutamente luminoso, con grande spiegamento di vetrate. Cosicché di sera si accenderà come un lume. Una grande lanterna che illuminerà il golfo e, si spera, il rinascimento della città.

Una commissione internazionale al lavoro

Valerio Ciotola e Andrea Guazzieri porteranno a compimento l’opera, già finanziata, entro il 2018. Intanto è già al lavoro una commissione internazionale per riempirla di contenuti e farne un museo interattivo tra i più avanzati al mondo. Ne fanno parte, tra gli altri, l’americano Tom Rockwell dell’Exploratorium di San Francisco; lo svizzero Remo Besio che ha lavorato a Technorama, il grande science center di Winterthur, nei pressi di Zurigo; il francese Jean Marie Sani, direttore di progetto del Muséum National d'Histoire Naturelle di Parigi; l’italiano Stefano Roveda, di Studio Azzurro.

Ma quella che è andato bruciata, il 4 marzo 2103, e che verrà ricostruita è solo una parte di Città della Scienza: lo science center, il museo interattivo dove si impara a “mettere le mani” (ma anche la mente e il cuore) per sperimentare direttamente, acquisire i primi rudimenti del modo di lavorar degli scienziati (non “il metodo”, che non esiste) e, anche, provare emozioni mentre “si interroga la natura”. Ma la Città della Scienza è molto più del suo museo. Anzi, dei suoi due musei.

Città è anche un centro congressi, un centro di studi e un incubatore d’imprese. Perché, la sua idea fondante è che la scienza debba essere cultura diffusa per creare un nuovo modello, sostenibile, di sviluppo e una “società democratica della conoscenza”. Insomma, la Città della Scienza non si propone solo come luogo per valorizzare la dimensione culturale della ricerca scientifica, ma anche per valorizzare la sua dimensione pratica, che non è meno importante, nella convinzione che la conoscenza sia appunto l’unica leva disponibile per il rilancio sociale ed economico del Mezzogiorno e dell’Italia intera.

Un incubatore di imprese (BIC)

Per questo, fin dalla sua origine, primo museo hands-on al mondo, la Città della Scienza di Napoli ha ospitato al suo interno un incubatore di imprese (BIC). Di imprese fondate sulla conoscenza e attente alla sostenibilità sociale ed ecologica. Ebbene, in questi tre anni dopo l’incendio, Vittorio Silvestrini e il gruppo dirigente del museo hands-on non si sono lasciati vincere dalla sindrome della vittima neppure impegolare nelle mille polemiche che una città come Napoli genera a profusione. Hanno lavorato, come dicevamo, con lo sguardo rivolto al futuro. Quattro i progetti principali. Del primo abbiamo già detto: la realizzazione di nuovo museo interattivo, Corporea, dedicato al corpo umano.  Il secondo è la realizzazione di un FabLab: un’officina digitale realizzata in collaborazione con il Massachusetts Institute of Technology (MIT) di Boston che impiegando le tecnologie più avanzate si propone come laboratorio e centro di formazione per la messa a punto di manifatture le più avanzate. La terza grande strada che la Città della Scienza sta percorrendo per “costruire il futuro” fa leva su una sua antica vocazione internazionale. La Fondazione fondata e presieduta da Vittorio Silvestrini già oggi è un punto di riferimento per quanti – università, enti di ricerca, imprese private – hanno rapporti con la Cina nel capo della ricerca scientifica, dello sviluppo tecnologico e della produzione di beni, materiali e immateriali, ad alto tasso di conoscenza aggiunto. Questo impegno prende corpo in incontri annuali che si tengono alternativamente in Cina e in Italia che costituiscono un momento importante nella costruzione delle relazioni culturali ed economiche tra il nostro paese e il gigante asiatico. Il quarto tra i grandi progetti è la realizzazione dell’Area Industria della Conoscenza. Già oggi una struttura fisicamente lontana dal museo, in uno spazio di circa tremila metri quadri, a impatto ecologico zero, a ridosso del quartiere di Bagnoli, ospita un consorzio di post-incubazione con oltre venti imprese fondate sulla conoscenza, 17 delle quali si sono precedentemente formate nel BIC, l’incubatore di Città della Scienza, che operano sul mercato, nazionale e internazionale, vantando 20 brevetti depositati, fatturando oltre 20 milioni di euro, e dando lavoro a quasi 250 persone, per lo più giovani, come Valerio Ciotola e Andrea Guazzieri, altamente qualificati.

I 3 messaggi de La Città della Scienza

Chi scrive *, essendo coinvolto in questa impresa, sa di correre il rischio dell’apologia e dell’autopromozione. Ma accettiamo di correrlo non tanto per esaltare le “sorti magnifiche e progressive” della Città della Scienza, quanto per sottolineare i messaggi che essa lancia in una metropoli difficile e contraddittoria come Napoli. Un messaggio che qualcuno ha cercato di cancellare col fuoco. E i messaggi sono tre.

  1. La Città della Scienza è nata, oltre un quarto di secolo fa, in un’area manifatturiera, Bagnoli, che con oltre 15.000 tra operai e colletti bianchi era il fiore all’occhiello di Napoli, che a sua volta era la seconda o terza città più industrializzata del paese. In pochi anni quella straordinaria prateria si è trasformata in un deserto. Per di più altamente inquinato. Ebbene, la Città della Scienza, con i suoi circa 80 dipendenti, è l’unica oasi in quell’immenso deserto. La sua presenza ha un valore inestimabile. Che va persino oltre le molte attività che essa propone. Città della Scienza costituisce uno spot perenne al lavoro qualificato – un lavoro fondato sulla conoscenza - in un’area e in una città che ha conosciuto come poche altre in Europa il fenomeno della deindustrializzazione.
  2. La Città della Scienza costituisce un presidio di legalità, ancora una volta, in un’area e in una città dove le organizzazioni criminali sono le uniche a offrire lavoro e modelli di vita. Inoltre si offre come esempio di impresa ecologicamente sostenibile in un deserto inquinato che da trent’anni nessun altro ha cercato di recuperare. Per questo sono difficili da comprendere alcune organizzazioni ambientaliste locali che la Città della Scienza vorrebbero spostarla altrove. 
  3.  La Città della Scienza sta puntando molto sui giovani. Sui giovani qualificati. In ogni e ciascuna le attività che abbiamo menzionato. E lo fa, ancora una volta, in un’area e in una città che negli ultimi decenni ha conosciuto il più alto tasso di disoccupazione giovanile e il più alto tasso di migrazione intellettuale d’Italia e, forse, d’Europa.

Sono questi i tre motivi che rendono pressoché unica e quasi indispensabile la presenza della Città della Scienza a Napoli e, lasciatecelo dire, anche in Italia.

        * Chi scrive è Socio fondatore e responsabile del Centro Studi della Città della Scienza di Napoli


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