Dopo gli annunci dei giorni scorsi, che, come minimo, escludono un aumento del budget per il programma Costellation della NASA, si può pensare che il sogno USA di un ritorno alla Luna si stia infrangendo per colpa della crisi economica. Non è affatto vero. L'attuale Amministrazione di Barack Obama non ha scelta, perché la passata Amministrazione di George Bush Jr. buttò lì, nel 2004, un programma insostenibile. Guardiamo le cifre. La NASA, nel mezzo secolo della sua esistenza, ha fatto tre grandi programmi spaziali: Apollo (1959 -1973), costato 165 miliardi di dollari del 2008 (GD08), lo Space Shuttle (1971-2013), per 185 GD08, e infine la Stazione Spaziale Internazionale (1985-2016, per ora), costata a tutt'oggi 150 GD08, escludendo il contributo del resto del mondo. Per confronto, il Progetto Manhattan tra il 1942 e il 1945 costò un decimo, 18 GD08. Il vero problema è oggi la Stazione spaziale. Con terribili ritardi, solo adesso la sua costruzione sta finendo: anzi sono partiti nei giorni scorsi gli ultimi elementi, disegnati e costruiti in Italia. I ritardi hanno portato all’invecchiamento dello Shuttle, che deve chiudere quest’anno, perché non più sicuro. La prima conseguenza, che Bush cercò di non vedere, è che gli USA dall’anno prossimo non avranno accesso indipendente allo spazio per la prima volta in 40 anni. Dovranno andare a chiedere un passaggio ai russi, sulla vecchia scomoda Soyuz. La seconda è che Bush, dicendo che tornava sulla Luna, non disse che per farlo avrebbe dovuto abbandonare la Stazione appena finita, senza sfruttarla. Follia, per un programma così importante, anche per l’Italia, che fornisce la metà del volume dove vivono gli astronauti lì, sulla Stazione. La cui vita verrà inveceprolungata fino al 2020. Almeno lo speriamo, anche se il costo salirà a 165 GD80. Ricordiamo che gli USA spendono in totale 58 GD80 all’anno per lo spazio (circa sette volte l’Europa…). Le cifre dicono che la Luna, oggi, proprio non ci sta. E i privati non sono certo una soluzione, nessuno lo pensa sul serio. Ma non sarà la prima volta che il ritorno alla Luna è abbandonato: da quaranta anni, Nixon, Reagan e Bush Sr. ci avevano tutti provato, invano. La novità può essere l’Europa: oggi è cresciuta e può fare la differenza per il futuro. Ogni europeo spende solo sessanta centesimi all’anno per i suoi astronauti, contro i sette euro degli americani. Siamo noi che abbiamo spazio per migliorare e prendere l’iniziativa: per ogni euro investito nello spazio, ce ne tornano da tre a cinque in ricchezza e lavoro pregiato.
Arrivederci, Luna
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Perché la de-estinzione è più una trovata di marketing che scienza

Rimbalza sui media la notizia della de-estinzione dei metalupi. Ma i cuccioli nati con le tecnologie di editing genetico basate su CRISPR/Cas9 replicano solo alcune caratteristiche della specie estinta, ponendosi più che altro come una trovata di marketing. Intanto, però, i progetti dedicati ai tentativi di de-estinzione sollevano dubbi tanto scientifici quanto etici. Per esempio, ha senso rincorrere fantasmi del passato quando non riusciamo a proteggere il nostro presente?
Di recente, quotidiani e i telegiornali si sono riempiti di titoli roboanti riguardo alla “de-estinzione” di una specie di canide scomparsa circa 10.000 anni fa: il “metalupo”, o dire wolf in inglese. Questo ha riacceso il dibattito sia sui reali riscontri scientifici nel tentativo di riportare in vita specie estinte - un tema molto caro alla fantascienza - sia sull’etica di alcune ricerche nell’ambito dell’ingegneria genetica, generando, come spesso accade in questi casi, anche molta confusione.
Ma cosa c’è di vero in questa storia? Facciamo un passo indietro.
